Riforma Davis bugiarda: chi la vota non la gioca

Editoriali del Direttore

Riforma Davis bugiarda: chi la vota non la gioca

PARIGI – Ridicola la decisione di scegliere prima le città che la formula. Ridicolo ignorare i desideri dei giocatori. Nessuno vuole la sede neutrale tranne l’ITF. Come rovinare una storia bellissima per il gusto di far la rivoluzione

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Per 117 anni la Coppa Davis, “coniata” nel celebre e sofisticato negozio di argenteria di Boston “Shreve&Crump&Low” nel 1900 su idea del signor Dwight Davis che pensò di organizzare una sfida per nazioni inizialmente fra USA e le Isole Britanniche, non è cambiata di una virgola nella formula degli incontri (quattro singolari incrociati fra n.1 e n.2 al meglio dei cinque set e il doppio al sabato). Salvo il fatto che per tanti anni, fino al 1971 compreso, la squadra che la vinceva giocava solo il Challenge Round, e le altre si scannavano per qualificarsi per la finale contro i campioni. Un po’ come per la Coppa America di vela: lotta fra gli sfidanti (la Vuitton Cup) per arrivare alla grande finale dell’America’s Cup. La Davis è diventata una competizione sempre meno rappresentativa del livello tennistico di una nazione, perché per troppe volte è stato possibile vincerla con un giocatore e mezzo, come quando la Svezia la conquistò nel ’75 con Bjorn Borg e il mediocre Ove Bengtson che gli faceva da spalla nel doppio ma faceva fatica a stare fra i primi 100 del mondo. Il caso di Andy Murray con la Gran Bretagna, pur coadiuvato dal fratello Jamie per il doppio, non è stato poi troppo diverso, anche se nei turni precedenti Evans aveva dato il suo contributo. Troppo spesso inoltre la sede e la scelta della superficie hanno condizionato pesantemente il risultato, così come i sorteggi.

I giocatori non la sentono più come una volta, soprattutto una volta che l’hanno vinta e sono diventati o si sono rafforzati nell’immagine quali “eroi nazionali”, come Djokovic in Serbia nel 2010, come Federer e Wawrinka nel 2014, come Murray nel 2015. Dedicare ogni anno 4 settimane alla Davis, magari dall’altra parte del mondo la settimana successiva alla conclusione di uno Slam, magari su tutta un’altra superficie rispetto a quella sulla quale hanno giocato o rispetto a quella sulla quale hanno deciso di programmare la successiva,  li disturba non poco. E disturba ancora di più i loro manager che sulla Davis non possono mettere bocca né… mano al portafogli. Le defezioni dei top-player non si contano più. I giocatori vorrebbero poter giocare la Davis o una volta ogni 2 o addirittura ogni 4 anni. Oppure non più di due settimane l’anno. Le modifiche che l’ITF dell’ultimo presidente David Haggerty vorrebbe imporre non raggiungono nessuno di questi obiettivi.  Che cosa penso di quel che si sarebbe dovuto fare l’ho scritto in questo articoloe in quest’altro ha espresso la sua opinione Vanni Gibertini. Ieri soprattutto a Torino si attendeva l’annuncio della scelta della città che potrebbe ospitare la prima doppia finale di Coppa Davis e di Fed Cup in sede neutra per tre anni di fila 2018-2020. Quel “potrebbe” è condizionale d’obbligo: la proposta di modifica può ancora essere bocciata. Magari Haggerty riesce a convincere la maggioranza dei Paesi a votare la sua riforma (tanto a quei Paesi che gli importa di chi gioca la finale del World Group e della Fed Cup?) e la proposta di modifica passerà in barba a quel che pensano i giocatori.

Se Haggerty avesse concentrato semifinali e finale in un’unica settimana magari i tennisti sarebbero stati più favorevoli, anche se tutti quelli che ho sentito quando hanno saputo di giocare in una sede neutra sono sobbalzati. Vi immaginate una finale Croazia-Slovacchia di Davis e di Fed Cup Russia-Rep.Ceca a Torino, o a Miami? Oppure Croazia-Argentina di Davis (la finale di Zagabria un anno fa con un’atmosfera incredibile) giocata a Abu Dhabi con Francia-Germania di Fed Cup? Giocare 2 set su 3 invece di 3 su 5 (sempre nell’arco dei 3 giorni) non cambia nulla, salvo far perdere appeal agli incontri di Davis nei quali certi doppi finiti al quinto set sono rimasti nella storia del tennis: per fortuna i doppi si disputeranno ancora sulla lunga distanza. Ai tennisti sono sicuro che la cosa lascia indifferenti. Andy Murray, vincitore della Davis a Gent in Belgio nel 2015, è stato esplicito: “Si perderebbe tutta la straordinaria atmosfera che ha sempre caratterizzato le finali”. La decisione se apportare questa rivoluzionaria modifica che potrebbe anche decretare la progressiva perdita d’interesse della Davis, non è stata quindi presa ieri quando il “board” dell’ITF doveva solo individuare le modifiche prescelte. Sarà l’assemblea generale dell’ITF (la Federtennis internazionale) fra il 1 e il 4 agosto a Ho Chi Min City in Vietnam a introdurre o a bocciare (più probabilmente) la modifica.

L’ITF aveva raccomandato alle federazioni dei vari Paesi candidati un patto di confidenzialità e riservatezza. Raccomandazione che nessuno, salvo gli svizzeri (abituati al segreto bancario), ha rispettato. La federtennis italiana ha candidato Torino e Binaghi si è preoccupato di farlo sapere a mezzo mondo. Così van le cose. Ma gli altri si sono adeguati. Così  Miami, Vienna, Sochi. Di Abu Dhabi non si è sicuri. Io avevo proposto cose diverse, ma non sono un politico. Questa riforma mi pare una pagliacciata. Destinata a far scomparire la Davis dallo scenario che si era conquistata. Qualcosa andava fatta ma non queste. La scelta sulla città avverrà entro un mese, ma anche questa non è una cosa seria. Prima si sceglie la città e poi si decide se ratificare o meno le proposte del board? Mah! La sola cosa intelligente di questa bozza di riforma è la possibilità per le finaliste di Davis e Fed Cup di disputare in casa il primo turno dell’edizione successiva. Anzi, sostengo da anni che sarebbe meglio esentare queste squadre dal dover affrontare il primo ostacolo verso la difesa della coppa per evitare di avere campioni del mondo che durano sì e no due mesi, fotografati in trionfo a dicembre per poi essere sbattuti fuori al primo turno a febbraio. Come successo quest’anno all’Argentina.

Sono incredibili i guai che i dirigenti riescono a combinare quando si mettono in testa di voler apparire innovatori. Ma anche quando per anni altri dirigenti si sono rifiutati di modificare aspetti semplicissimi da modificare. Vogliono rovinare la Davis e forse ci riusciranno. Fino a che qualche astuto organizzatore penserà qualcosa che farà guadagnare milionate ai giocatori, ai loro agenti inserendosi in un vuoto lasciato da questi incompetenti.

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