Quattro temi da Miami

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Quattro temi da Miami

In un torneo meno spettacolare di Indian Wells non sono comunque mancati gli spunti interessanti: la verifica delle condizioni di Serena Williams e Azarenka, la sorpresa Collins, il ritorno al successo di Stephens e altro ancora

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I ritorni di Serena e Azarenka (parte seconda)
Dopo il rientro a Indian Wells, Williams e Azarenka erano attese a Miami dalla classica controprova. In California Serena Williams aveva sconfitto Zarina Diyas e Kiki Bertens prima di perdere dalla sorella Venus. Azarenka aveva battuto Heather Watson prima di essere eliminata da Sloane Stephens.

A Miami Serena ha avuto un sorteggio sfortunatissimo: esordio contro la fresca vincitrice di Indian Wells, Naomi Osaka. Difficile pescare peggio, tanto che anche i bookmaker per una volta davano la 23 volte campionessa Slam sfavorita in un primo turno (2,05 a 1,75). Dopo quanto visto la settimana precedente, Osaka sembrava fuori dalla portata della attuale Serena, ma rimanevano un paio di dubbi che lasciavano aperto il match: Naomi aveva avuto il tempo di metabolizzare il primo importante successo della carriera? Sarebbe stata pronta per un impegno così particolare a distanza di poche ore da una finale di Premier Mandatory?

Dopo qualche incertezza nei game iniziali, Osaka ha offerto una prestazione molto concreta, vincendo per 6-3, 6-2. A conferma che Serena deve ancora migliorare per raggiungere le più forti del circuito. Nota a margine: se Williams non è stata fortunata, anche Osaka non è stata da meno; dopo Serena aveva da affrontare la numero 4 del ranking Svitolina. Lo sforzo di concentrazione compiuto da Naomi per superare una giocatrice unica come Serena le ha consumato le ultime risorse nervose: contro una ottima Svitolina non è riuscita a dare il meglio, e ha lasciato il torneo al secondo turno.

Dunque, per quanto riguarda Serena, Miami non ha sostanzialmente modificato le impressioni di Indian Wells. Diverso invece il caso di Azarenka, in chiaro progresso. Vika ha concesso tre game a CiCi Bellis, poi ha sconfitto Keys (ritirata all’inizio del secondo set), Sevastova, Radwanska e Pliskova. Questo il ranking delle avversarie battute: 44, 15, 17, 32, 6. In sostanza Azarenka ha dimostrato di valere, già oggi, quanto meno la Top 20. Comprensibilmente, al sesto match impegnativo in pochi giorni è emerso un problema di tenuta atletica: in semifinale contro Stephens dopo essersi portata avanti 6-3, 2-0 Vika si è ritrovata senza energie, e ha subito un parziale di 12 game a 1 (3-6, 6-2, 6-1).

Quella di Miami non è ancora la Azarenka capace di soffocare le avversarie con un ritmo insostenibile. Anzi, in diverse occasioni ha scientemente fatto ricorso ad altre doti del suo bagaglio tecnico, come la capacità di verticalizzare per prendere il punto a rete o quella di lavorare la palla con spin e traiettorie differenti, evitando che il confronto si facesse troppo fisico. Tutto questo non è bastato contro Stephens: ormai il serbatoio era prosciugato, e di pura tecnica è quasi impossibile avere la meglio con una tennista come Sloane, che possiede un repertorio molto completo.

Nel terzo set il divario fra le due giocatrici si è allargato a dismisura, tanto che ho pensato che Vika, con evidenti problemi di mobilità, fosse sull’orlo del ritiro. Ricordo che nei primi anni di carriera Azarenka era la Top 10 con il più alto numero di ritiri a partita in corso. Invece questa volta, pur essendo ormai in balia dell’avversaria, ha voluto concludere il match. Come mai? Forse voleva mettersi alla prova sino in fondo sul piano atletico.
O forse ha parzialmente modificato il suo modo di interpretare il tennis. Il dubbio mi è venuto collegando questo match a una delle interviste che aveva rilasciato dopo il ritorno in campo. Vika aveva dichiarato che ormai vede se stessa innanzitutto come una persona che deve educare un figlio, ed è convinta che il primo strumento di educazione sia l’esempio. Questo implica, a suo avviso, una maggiore responsabilità verso i comportamenti che assume giorno dopo giorno. La decisione di non ritirarsi potrebbe essere parte di questo ruolo così impegnativo che sente di dover svolgere da quando è madre.

Sia come sia, di sicuro la semifinale di Miami ci ha restituito una giocatrice non ancora ai massimi, ma discretamente competitiva. Vedremo se sarà anche nella condizione legale di poter viaggiare, e lasciare gli Stati Uniti per affrontare i tornei europei; o se invece le vicende extrasportive continueranno a essere un freno per la sua attività in WTA.

a pagina 2: Danielle Rose Collins, passato e futuro

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