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Al femminile

Quattro temi da Miami

In un torneo meno spettacolare di Indian Wells non sono comunque mancati gli spunti interessanti: la verifica delle condizioni di Serena Williams e Azarenka, la sorpresa Collins, il ritorno al successo di Stephens e altro ancora

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La finale di Miami
A mio avviso a Miami ci sono state partite meno interessanti rispetto a Indian Wells. Però sarebbe superficiale da un solo torneo trarre valutazioni generali, sul livello del tennis femminile o delle singole giocatrici: semplicemente può capitare che non nasca l’alchimia giusta fra avversarie, la scintilla che serve per dare vita a grandi incontri. Anche la finale non è stata una bella partita. Lo confermano i numeri, con saldi vincenti/errori non forzati ampiamente negativi. Stephens -15, Ostapenko -23:

Da questi dati si ricava anche che Ostapenko ha fatto la partita, ma Stephens l’ha vinta (7-6(5), 6-1). Al di là della deludente qualità di gioco, secondo me c’è un altro aspetto non positivo legato al match: temo che, per come si è svolta, questa finale possa non fare bene al futuro della carriera di entrambe le giocatrici. Anche per Stephens, che pure il torneo lo ha vinto.

Per quanto riguarda Ostapenko: può sembrare un paradosso per una giocatrice che a soli 20 anni ha già conquistato uno Slam, ma Jelena non brilla nel bilancio delle finali: 2 vinte e 4 perse. E anche quella di Seul vinta contro Haddad Maia non era stata condotta in modo impeccabile. Se ripenso alla finale di Charleston 2017 persa contro Kasatkina (6-3, 6-1) si trovano preoccupanti somiglianze con quella di sabato scorso a Miami, in particolare nella tendenza a perdere le coordinate di gioco quando le cose si mettono male, finendo per scegliere il momento sbagliato nel quale affondare i colpi. Conseguenza: troppi regali all’avversaria.
La Ostapenko dei turni precedenti di Miami, pur nell’ambito di un tennis ad alto rischio, era stata molto più lucida. Il timore è che Jelena cominci ad accusare il peso delle sconfitte nelle finali, e nelle prossime occasioni finisca per affrontare l’impegno con troppo tensione. (Sul tema rimando a questo articolo, che approfondisce le specifiche difficoltà delle “superattaccanti”).

D’altra parte non sono nemmeno convinto del modo con cui Stephens ha vinto il match. La sensazione è che sia scesa in campo particolarmente nervosa, così nervosa da assumere un atteggiamento molto prudente, per non dire passivo. Però, malgrado non stesse brillando per intraprendenza, nel primo set ha quasi sempre condotto nel punteggio grazie alle mancanze dell’avversaria. E siccome Ostapenko con i suoi errori non le ha dato motivo per cambiare tattica anche nel secondo set, Stephens ha finito per portare a casa un match in cui non ha espresso tutte le sue potenzialità. Solo negli ultimissimi game ha provato qualche colpo più spinto, ma quando ormai la partita era segnata.

Anche nella finale degli US Open 2017 contro Madison Keys le cose erano andate in modo simile: la controprestazione di Keys non l’aveva messa alla prova sino in fondo. In pratica per vincere le due più importanti partite della carriera a Sloane è stato sufficiente aspettare l’errore dell’avversaria. Ora il mio timore è che questi due precedenti così significativi possano agire come una sorta di imprinting per il futuro. Un imprinting “al ribasso”, che potrebbe essere aggravato da una questione caratteriale: quando Stephens non si sente al meglio ha la tendenza a rifugiarsi nel tennis di contenimento, che fa emergere le sue doti di mobilità, me che invece non le permette di valorizzare in pieno le qualità tecniche.

Cosa accadrà quando in una grande occasione troverà di fronte un’avversaria forte e capace di giocare davvero bene? In quel momento per essere all’altezza occorrerebbe la Stephens più completa, in grado di mettere in campo anche le sue armi offensive. Ma sarà pronta per farlo?
Oggi Sloane ha dalla sua il record di 6 finali vinte su 6. Tutto questo potrebbe far pensare che forse sono eccessivamente critico. O forse, semplicemente, dimostra quanto grandi siano le sue potenzialità, visto che è riuscita a vincere uno Slam e un Premier Mandatory anche senza esprimersi al 100%.

a pagina 4: la geografia di Sloane Stephens

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