Pagelle: Addio Fogni...ni di gloria e il cuore di Ferru

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Pagelle: Addio Fogni…ni di gloria e il cuore di Ferru

L’ultima Davis Azzurra o forse no. L’Italia di Fognini non riesce a superare la Francia. L’indomito Ferrer e il solito Nadal. E un Djokovic alla Zamparini

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Se vi piace così. Se vi piace restare incollati alla tv per cinque ore in balia di David Ferrer (7) e Philip Kohlschreiber (5) allora siete degli indomabili masochisti. Altrimenti sarà il caso di accettare che la Coppa Davis, alla sua veneranda età, debba essere riformata trasformandola in un vero e proprio campionato del mondo per nazioni.

Sembra un po’ la storia della nostra Costituzione, siccome l’hanno scritta Dossetti e Calamandrei non si può accettare che ci mettano mano Boschi e Renzi, e allora rimaniamo fermi agli anni ‘40. La Davis è la Coppa di Lacoste e Rosewall e allora guai a chi la tocca. Bah. Perché hai voglia di parlare di bandiera e amore patrio ma il tennis resta lo sport più individuale che esista e allora sarà il caso di arrendersi al tempo che passa. Solo noi siamo in grado di fare della Davis l’obiettivo tennistico dell’anno. Solo noi prevediamo pene corporali e pubblico ludibrio per i giocatori che legittimamente preferiscono programmare l’attività sul tour.

Salvo poi pretendere che Fabio Fognini (5,5) vinca due singolari e il doppio ad ogni incontro, pena ritenerlo IL colpevole della disfatta azzurra, di una squadra presentatasi con un Andreas Seppi (5,5) fermo da mesi, un Paolo Lorenzi appena rientrato, un Simone Bolelli (4,5) apparso in condizioni preoccupanti. Lo stesso Fognini, a metà tra etica e masochismo, ha espresso il suo voto virtuale per bocciare la riforma della Coppa Davis: “I soldi contano nei tornei, la Davis deve rimanere così“.

Con tale situazione, difficile pretendere di più dal timoroso Capitano Barazzutti (5), il quale forse avrebbe potuto provare a trovare qualche soluzione alternativa in doppio. Certo, Barazza è su quella panchina dal 2001, in 17 anni abbiamo visto tre Papi (addirittura uno si è dimesso!) e un solo capitano di Davis: d’altra parte la tendenza ad avere incarichi a vita è abbastanza diffusa nel nostro tennis. Ma insomma, ha vinto la squadra più forte, con il giocatore più forte in campo, Pouille (7), non un cuor di leone ma capace di portare a casa i match che doveva. Sarà forse il viso gentile che inganna, perché il francese ha vinto sei partite su otto al quinto set (una contro Nadal, a New York, al tie-break del quinto) e addirittura ha vinto tutti gli incontri – sette – in cui è stato costretto a giocare un tie-break decisivo.

Le uniche emozioni al solito le ha regalate Fabiuccio nostro che avrà tanti difetti, ma almeno tra una semirissa con Chardy (5) e un paio di racchette sfasciate ci ha destati dal torpore. In fondo in tribuna c’era sì Flavia, ma pure Antonio Cassano. Per il resto, detto del cuore di Ferru e del grand perdedor Kohlschreiber , Rafa Nadal (8) ci ha già fatto capire come abbia imparato la lezione dal suo amichetto Ruggero: pit-stop provvidenziale e ‘Undecima’ bella in vista nell’obiettivo. Francamente non si vede chi possa ostacolare Rafa sulla strada per Parigi, se uno dei papabili, Sascha Zverev (5,5) è stato letteralmente asfaltato dal rientrante maiorchino.

La Davis, o quel che resta di essa, non deve però distrarci dalla notizia della settimana, ovvero la rottura di Novak Djokovic con Radek Stepanek, dopo quella con Boris Becker, quella con Marian Vajda, quella con Andre Agassi. Insomma una rottura prolungata, direbbe l’immenso Rino. Al Nole novello Zamparini a questo punto non resta che Pepe Imaz, ma la fine del tunnel è ancora lontana, molto lontana, non prendiamoci in Guru.

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