La percezione delle tenniste quadrumani oggi
Quanto possa essere complicato sul piano mentale affrontare una giocatrice come Niculescu lo abbiamo verificato, una volta di più, in occasione del torneo di Doha 2018 con in campo Caroline Wozniacki, allora numero 1 del mondo. Dopo avere iniziato meglio il match, Wozniacki ha cominciato a perdere le coordinate di gioco: è stata prima rimontata e poi ha rischiato il sorpasso. Passata da 4-1 a 4-4 0-15, la tensione di Caroline è salita oltre il livello di guardia, al punto da spingerla a protestare con il giudice di sedia per il grunting dell’avversaria:
https://youtu.be/8trhQSmsRDI?t=5
Una protesta che a mio avviso era indotta anche da altre cause, di cui però Wozniacki sapeva non potersi lamentare. Cause che ho provato a sintetizzare nel titolo di questi articoli, usando la definizione di “irregolari del circuito”. Perché con la sua tecnica del tutto particolare, oggi Niculescu è sicuramente una anomalia tra le professioniste WTA. Ma secondo me sono accomunabili a lei anche Hsieh e Kumkhum. Direi invece che Peng non rientra in questa percezione, perché il suo tennis è più lineare, con un modo di costruire lo scambio più canonico.
L’aspetto forse meno scontato e più interessante è che, a mio avviso, essere percepita come una tennista “irregolare” può diventare un vantaggio, a causa dell’atteggiamento che a volte assumono le avversarie sulla carta più forti. Non è un meccanismo poi tanto ovvio, ed è legato a una combinazione di fattori tecnici e psicologici. Per spiegarlo devo prendere le cose un po’ alla lontana.
Quando a Wimbledon 2015 Niculescu approdò al quarto turno, in sala stampa c’era chi diceva: “Ma guarda se è possibile che una tennista con un dritto del genere arrivi nella seconda settimana di uno Slam”. Ecco, sono abbastanza convinto che questo tipo di ragionamento non venga fatto solo dai giornalisti, ma anche dalle tenniste più forti. Che quando affrontano avversarie indietro nel ranking secondo me pensano: “Posso accettare di perdere da chi trova la giornata straordinaria, in cui gioca davvero “bene”. Ma perdere da chi gioca così, no. È troppo”.
Questo tipo di ragionamento può trasformarsi in un handicap durante i match contro Niculescu & Co, perché aumenta il carico di ansia e frustrazione delle favorite se il punteggio comincia a prendere un brutta piega. È quello che è accaduto a Wozniacki a Doha di recente, ma anche a Kvitova e Bencic nei loro incontri persi contro Luksika Kumkhum agli Australian Open 2014 e 2018. In entrambe le occasioni Kumkhum stava giocando molto oltre il suo normale livello, e per le favorite sarebbe stato più sensato prenderne atto: perché a volte affrontare le “irregolari” in giornata di grazia può essere oggettivamente difficile; perfino più difficile che affrontare una avversaria “normale”. Invece Petra e Belinda sembravano quasi rifiutare questa eventualità, accrescendo di conseguenza il loro nervosismo; al punto tale da prendere decisioni poco lucide e commettere errori (tecnici e tattici) che probabilmente in altri frangenti non avrebbero compiuto.
Situazione molto simile anche per le avversarie di Hsieh agli ultimi Australian Open: di fronte ai colpi illeggibili e imprevedibili di Su-Wei, sono andate in crisi non solo tecnica ma anche mentale. Ne hanno sofferto Muguruza, Radwanska, ma anche Kerber, che per riuscire a vincere secondo me ha speso una enorme quantità di energie psicologiche, tanto da risentirne nelle fasi finali del torneo.
Tutte queste reazioni lasciano intendere che probabilmente nei confronti della “quadrumania” siamo tornati a una situazione simile a quella degli esordi di Monica Seles. Nei suoi primi match Monica era vista come una ragazzina tanto precoce quanto insolita, che giocava un tennis così particolare da spingere Gianni Clerici a utilizzare, appunto, il termine “quadrumane”. Un termine efficace e sintetico (è la ragione per cui ho deciso di usarlo), ma forse anche un po’ denigratorio; almeno nei primi tempi.
Ma poi le cose erano cambiate in modo repentino. Nel giro di qualche mese quella teenager così speciale avrebbe iniziato a vincere ovunque, fino a diventare la numero 1 del mondo. E con le vittorie avrebbe legittimato anche l’impostazione tecnica. Del resto come sarebbe stato possibile metterla in dubbio di fronte alla impressionante serie di successi ottenuti tra le fine del 1990 e l’inizio del 1993? Sette Major vinti su otto disputati, più tre Masters consecutivi, senza contare gli altri tornei.
Per questo quando si pensava a Seles non si pensava più a una giocatrice con un tennis eccentrico, quanto piuttosto a una vincente insaziabile che, anzi, proponeva un possibile nuovo modello tecnico per il futuro del suo sport. Poi però quel modello non si è diffuso come allora si ipotizzava, e la “quadrumania” è rimasta una impostazione adottata in casi rari. E così, senza la figura vincente di Seles, oggi è tornata a essere percepita soprattutto come una stravaganza, una anomalia. Una condizione che identifica le irregolari del circuito.