Danilovic, Potapova, Anisimova: la generazione 2001 - Pagina 2 di 3

Al femminile

Danilovic, Potapova, Anisimova: la generazione 2001

Dopo il 1997 di Ostapenko, Kasatkina, Osaka & Co., il 2001 diventerà un’altra annata speciale in WTA?

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Olga Danilovic
Olga Danilovic è nata il 23 gennaio 2001, ed è figlia di Predrag “Sasha” Danilovic, il campione di basket molto noto in Italia, visto che è stato per parecchie stagioni protagonista alla Virtus Bologna, oltre che in NBA. Olga è nata a Belgrado e ha iniziato a giocare a tennis nel circolo del Partizan (che comprende anche la squadra di basket) di cui il padre è stato per diversi anni anche presidente, una volta conclusa la carriera da giocatore. Con un papà alto 2,01 non sorprende che anche lei superi il metro e ottanta (nella scheda WTA non ci sono ancora le misure, ma su Wikipedia è indicato 1,83, e mi sembra un dato attendibile).

La prima volta che l’ho vista giocare è stato in occasione della finale degli US Open junior 2017, persa 7-5, 6-1 proprio contro Amanda Anisimova. Allora, prima ancora che cominciasse la partita, mi aveva colpito per il fisico acerbo, da adolescente: sembrava un giunco. Mancina, alta e longilinea, ma non per questo fragile grazie alla elasticità, appariva però evidente che nel tempo avrebbe dovuto costruirsi una struttura muscolare da adulta. L’intera finale di Flushing Meadows è ancora visibile su Youtube; a chi fosse interessato consiglio di approfittarne prima che venga rimossa:

Danilovic in questa partita newyorkese mostra un fisico più da saltatrice in alto che da tennista, ma grazie alle leve lunghe possiede già la capacità di far viaggiare la palla. A quasi un anno di distanza, a Mosca 2018 è apparsa più solida fisicamente, anche se a 17 anni il processo non si può dire sia completato. Di sicuro la prima conseguenza del suo irrobustimento si è vista sui colpi: ha servito spesso poco sotto i 190 km/h e il suo dritto si candida a diventare un colpo in grado di fare la differenza anche tra le professioniste. Gran servizio e gran dritto: essendo serba c’è chi per questo la accosta ad Ana Ivanovic, oppure alla top 10 che ha sconfitto a Mosca, cioè Julia Goerges.

Al di là di eventuali somiglianze, già avere a disposizione un gran dritto e un gran servizio fa di lei una giocatrice adatta al tennis contemporaneo, in cui è importante possedere dei “colpi-killer” per fare la differenza. Non per questo credo la si possa considerare una giocatrice monotematica: il rovescio (bimane) non è altrettanto incisivo, ma non lo definirei debole, e in più ha dato prova di non avere paura di muovere il gioco sulla verticale, con discese a rete oppure attraverso la palla corta.
E poi Danilovic nello scambio da fondo ha dimostrato di saper costruire geometrie inusuali, ricorrendo a cross stretti di dritto e di rovescio che costringono fuori dal campo l’avversaria: una opzione alternativa alla botta di forza che la avvicina a certe esecuzioni di Madison Keys, altra tennista capace di far viaggiare la palla come poche, ma in grado di ricorrere a soluzioni differenti che richiedono sensibilità.

Danilovic sarà invece da verificare nelle situazioni difensive: vista la statura non ha la reattività di giocatrici più piccole e agili, e quindi dovrà cercare di migliorare nella capacità di coordinarsi rapidamente; ad esempio in uscita dal servizio sulle risposte aggressive, così come in generale nelle fasi di contenimento, anche se ha mostrato comunque di saper eseguire colpi difensivi in chop.

Da rivedere anche la tenuta della seconda palla di servizio, non solo in termini di incisività ma anche nei doppi falli. A Mosca ha chiuso il torneo in testa sia alle classifiche degli ace che dei doppi falli: 28 ace e 27 doppi falli. Ultimo dato sul suo impegno russo: sicuramente Olga ha avuto la fortuna della lucky loser, ma poi per arrivare a vincere ha affrontato un tabellone di tutto rispetto: Schmiedlova (ranking 83), Kanepi (49), Goerges (10), Sasnovich (ranking 42 sottostimato, visto che è 27ma nella Race), Potapova. Sono stati vinti tornei con percorsi molto meno qualitativi.

Anastasia Potapova
Anastasia Potapova, nata il 30 marzo 2001 a Saratov (città russa sul Volga) è cresciuta con la scomoda etichetta di predestinata. Finalista nel 2013 allo Junior Orange Bowl under 12, vincitrice nel 2014 dello stesso torneo under 14, vincitrice dell’Eddie Herr 2014 e del Petit As 2015. L’edizione del Petit As 2015 vedeva al via anche Olga Danilovic (battuta 6-4, 6-4 in finale), Amanda Anisimova, Hurricane Black, Iga Swiatek, Elisabetta Cocciaretto; tutte nate nel 2001, oltre a Marta Kostjuk (che però è del 2002). Numero 1 del ranking junior a soli 15 anni nel luglio 2016, Anastasia nel 2017 avrebbe potuto vincere ancora di più a livello giovanile, ma ha deciso che ormai era pronta per fare il salto fra le adulte cominciando con gli ITF.

Da inviato a Wimbledon 2016, ricordo che i giornalisti esperti di tennis giovanile consideravano Potapova la favorita, pur essendo solo testa di serie numero 4: torneo junior puntualmente vinto, lasciando per strada un solo set. In quella edizione ho avuto l’occasione di vederla dal vivo diverse volte e devo confessare che mi aveva colpito, più che per il suo tennis, per la precocità: rispetto alla età anagrafica non dimostrava 15 anni, e dava l’idea di essere più matura sia sul piano fisico che tecnico.

Non direi sia molto cambiata da allora: alta qualche centimetro più di 1,70 ( l’1,75 della scheda WTA è forse un po’ generoso) è una tennista efficace nei fondamentali, ma senza picchi assoluti: serve discretamente e ha dritto e rovescio da fondo solidi. Direi una tipica giocatrice contemporanea, con un impianto tattico basato sul ritmo e sulla aggressività, che ama mantenere il controllo dello scambio.

Stando così le cose, la mia sensazione è che contro le più forti WTA potrebbe avere bisogno di ampliare le soluzioni di gioco. Visto che dubito possa riuscire a dominare lo scambio contro le giocatrici più potenti del circuito, potrebbe essere necessario un progresso negli aspetti difensivi; e per raggiungerlo avrà bisogno di qualche miglioramento in termini di mobilità.
D’altra parte penso che potrebbe provare ad anticipare di più la palla quando l’avversaria glielo consente. Sottolineo il tema dell’anticipo perché mi pare che sia un tipo di qualità che già fa parte del suo modo di interpretare il tennis, però non ancora al punto da fare la differenza anche a livello WTA. Ricordo che grazie a questa dote Belinda Bencic, (prima di entrare nel vortice negativo degli infortuni) era riuscita a entrare in top ten a 18 anni. Ecco: saper entrare con i piedi nel campo, muovendosi sulla diagonale per togliere tempi di gioco all’avversaria è una risorsa che potrebbe consentirle di ovviare a una palla che non viaggia alla stessa velocità di una Ostapenko o una Keys.
Per una giocatrice che pratica un tennis del genere, non particolarmente originale sul piano tecnico, credo che per sfondare contino aspetti forse meno appariscenti: saper limitare gli errori gratuiti, interpretare le situazioni di gioco meglio e prima dell’avversaria, ed essere più solida nei momenti importanti, esprimendosi al massimo quando davvero conta.

Un ultimo dato: Anastasia a Mosca è stata battuta, fra l’altro per la prima volta in carriera, da Danilovic, con cui da junior aveva vinto in doppio l’orange Bowl 2016. Sul piano puramente scaramantico non è detto che sia così male, visto che nelle ultime due occasioni chi ha perso la finale tra teenager (Kvitova a Linz 2009 e Ostapenko a Charleston 2017) si è poi ampiamente rifatta vincendo uno Slam nel giro di un paio d’anni al massimo.

a pagina 3: Amanda Anisimova e le prospettive future della generazione 2001

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