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Da Wang a Wang: presente e futuro del tennis cinese

I successi di Wang Qiang in WTA anticipano quelli delle promesse junior Wang Xiyu e Wang Xinyu?

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Nella stessa intervista che ho citato, Peter McNamara si dice convinto che Wang abbia molti margini di miglioramento. Dovessi scegliere sotto quale aspetto, innanzitutto evidenzierei la distribuzione geografica del suo rendimento. Qiang infatti fatica a liberarsi dell’imprinting tutto orientale che ha contraddistinto la sua carriera. È come se esistessero due Wang, e quella che gioca in Cina e dintorni è enormemente più forte. I risultati sono inequivocabili: 3 vittorie in tornei WTA, tutti International cinesi, più una finale a Hong Kong (quella persa la scorsa settimana da Yastremska). Poi 8 semifinali raggiunte: ancora tutte in Cina.
Per arrivare a una geografia diversa bisogna scendere ai quarti di finale, raggiunti nel circuito WTA 16 volte. Di questi quarti di finale, 15 sono in Asia e finalmente uno anche in Europa, a Strasburgo. Il problema però è che i tornei più importanti, gli Slam, si giocano in altri continenti e quindi sotto questo aspetto c’è da compiere un processo di emancipazione ambientale. In questo ricorda Sloane Stephens, che ha ottenuto tutti i maggiori successi in America; ma Sloane ha il grande vantaggio di poter giocare in casa uno Slam (che infatti ha vinto). Se Wang riuscisse a esprimersi nel resto del mondo come quando sente aria di casa, otterrebbe un significativo progresso.

Altri spazi di miglioramento? Anche se non me la sento di contraddirlo, vista la sua competenza e la conoscenza profonda di Wang, rispetto all’ottimismo di coach McNamara ho qualche dubbio per gli aspetti fisico-tecnici. La base è sicuramente molto buona: Wang è una giocatrice completa da fondo campo: rapida, con discrete capacità difensive e con una esecuzione dei colpi sempre in controllo, davvero pregevole anche sul piano stilistico. In più nelle giornate di forma difficilmente perde campo e riesce a tenere ritmi di palleggio molto intensi.
Però per chi ha una impostazione tendenzialmente offensiva come lei, per stare ai massimi livelli forse le manca un “colpo-killer”, che consenta di mettere in difficoltà le più forti, attraverso soluzioni immediate e definitive. In sostanza: non dispone di un “big game”, che le permetta di avere sempre in mano il destino dei match. Del resto è alta 1,74 e non è superpotente: per Qiang il vincente passa quasi sempre attraverso la costruzione di uno scambio articolato.

Per conformazione fisica probabilmente i suoi maggiori pregi sono la mobilità e la capacità di coordinazione. In questo rimanda a Zheng Jie, che Wang stessa indicava come il suo modello in una intervista del 2009 (prima che Li Na compisse il salto di qualità definitivo che l’avrebbe fatta spiccare sulle compagne). Però è quasi impossibile muoversi sul campo come riusciva a Zheng, che nei momenti migliori era di una rapidità quasi unica, grazie al baricentro basso e a due gambe iperscattanti, due piccoli razzi.

In sostanza il mio timore è che Wang possa offrire un buon livello in tanti aspetti del gioco, ma in nessuno riesca a raggiungere l’ottimo. Se così fosse, per lei la strada del successo dovrebbe forse passare attraverso la capacità di sbagliare poco, in modo da mantenere comunque positivo il saldo tra vincenti ed errori non forzati. E per sbagliare poco occorre possedere una tecnica molto solida, una notevole preparazione e resistenza fisica, e anche costanza mentale, in modo da evitare di andare incontro a cali di concentrazione che possono rivelarsi fatali.

Non mancano quindi le incognite: sarà lei la tennista su cui puntare per il futuro della Cina? Forse occorrerà attendere ancora, magari altre tenniste che, per uno strano caso del destino, di cognome fanno comunque Wang.

a pagina 4: Il futuro del tennis cinese, Wang Xiyu e Wang Xinyu

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