Nole e Rafa, marcia indietro: l’esibizione in Arabia Saudita non si fa

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Nole e Rafa, marcia indietro: l’esibizione in Arabia Saudita non si fa

Ad annunciarlo è stato lo stesso Djokovic da Londra. La partecipazione dei due campioni all’evento era stata contestata dopo il caso Khashoggi. E Federer aveva rivelato il suo “no” ai sauditi

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Alla fine il tanto discusso match d’esibizione tra Novak Djokovic e Rafa Nadal in programma il prossimo 22 dicembre a Jeddah, in Arabia Saudita, non andrà in scena. Colpa soprattutto dell’infortunio alla caviglia che ha costretto Nadal a subire una piccola operazione e saltare tutto il finale di stagione, comprese le ATP World Tour Finals di Londra in programma a partire da domani. Ma probabilmente anche delle polemiche attorno all’evento scaturite dopo la misteriosa uccisione del giornalista dissidente Jamal Khashoggi nel consolato saudita ad Istanbul. Fatto sta che proprio dalla capitale britannica Djokovic ha messo la parola fine sulla questione. “Non si farà”, ha detto il fenomeno serbo ai giornalisti che gli chiedevano aggiornamenti a riguardo. Nole ha poi seccamente confermato che la ragione è l’indisponibilità di Rafa. Ma il potenziale danno di reputazione per due sportivi di fama mondiale potrebbe aver avuto un suo peso.

L’esibizione era stata annunciata lo scorso 8 ottobre in pompa magna. Lo stesso Djokovic aveva rilanciato sul suo profilo Twitter l’evento, scrivendo di “non vedere l’ora di giocare e visitare un paese così bello”. Peccato che sei giorni prima, Jamal Khashoggi, giornalista noto per le sue posizioni critiche nei confronti del regime di Riyadh, aveva fatto perdere le proprie tracce dopo essere entrato nel consolato dell’Arabia Saudita ad Istanbul. Fin da subito i contorni della vicenda sono stati sospetti. La Turchia ha accusato i sauditi di aver ucciso Khashoggi. Dopo giorni di polemiche, lo stesso principe ereditario Mohammed Bin Salman, dal quale prende il nome la stessa esibizione, ha ammesso che il giornalista dissidente è morto dentro il consolato a seguito di un interrogatorio finito male. Ma i dubbi rimangono riguardo alla premeditazione dell’omicidio.

Dopo queste vicende, diversi media e organizzazioni per i diritti umani hanno criticato Djokovic e Nadal per la loro partecipazione all’esibizione in terra saudita. Alla prima occasione utile, durante il Masters 1000 di Bercy, i giornalisti hanno esplicitamente chiesto alle due star del tennis mondiale se avessero intenzione di dare forfait alla luce del caso Khashoggi. Ma tanto il serbo quanto l’iberico hanno fermamente confermato la loro presenza, pur esprimendo il loro dispiacere per l’accaduto. “Sono a conoscenza della situazione. È terribile che un giornalista abbia perso la vita. Qualcosa di molto brutto è successo là dentro. Spero che la situazione si chiarisca il più rapidamente possibile”, aveva dichiarato Rafa. “Ma mi ero preso l’impegno di giocare lì da un anno. Il mio team sta parlando con loro”. Sulla stessa falsa riga anche la risposta di Nole. “Abbiamo dato la disponibilità da un anno. È stata una decisione professionale. Ma certo sono a conoscenza della situazione ed è veramente triste”, aveva detto il campione di Belgrado. Evidentemente i presunti due milioni di dollari da spartirsi facevano ancora molta gola. 

A fare da contraltare alla presunta cieca avidità di Nadal e Djokovic e ad ergersi inconsapevolmente a paladino della democrazia, era intervenuto Roger Federer, il loro rivale di sempre. Sempre da Parigi, lo svizzero, ha infatti rivelato di essere stato contattato anche lui dagli organizzatori dell’evento e di aver rifiutato la ricca proposta economica. Anche se non si è capito bene quanto le ragioni del suo ‘nein’ fossero morali o quanto piuttosto professionali. “Non volevo giocare lì. Per me è stata una decisione rapida”, ha risposto in quella circostanza Roger. Per i suoi due illustri colleghi è stata sicuramente più sofferta. Concediamo l’attenuante dell’infortunio di Rafa. Ma sappiamo bene come ormai, oltre che essere due tennisti, Nadal e Djokovic siano anche i capi di due brand globali fondati su loro stessi. E l’immagine positiva costruita con fondazioni di beneficenza e accademie non deve essere intaccata da un’esibizione, per quanto remunerativa. Forse anche loro si sono resi conto che il gioco non valeva la candela.

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