Settimana di ritorni, conferme e vittorie bagnate di commozione

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Settimana di ritorni, conferme e vittorie bagnate di commozione

A Rotterdam si celebrerà il ritorno in finale di Wawrinka, atteso da 20 mesi. A Buenos Aires si conferma il nostro Cecchinato, a cui manca un passo per il best ranking. Ma occhio alle nobili motivazioni del piccolo Diego

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Stan Wawrinka - Finale Roland Garros 2017 (foto Chryslène Caillaud - Sport Vision)
 

Non ce ne voglia Marco Cecchinato, bravissimo a ricacciare in gola a certi commentatori affrettati la definizione di ennesima meteora, ma sulla copertina di questa domenica di febbraio c’è Stan Wawrinka. A prescindere dall’esito della finale dell’ABN AMRO World Tennis Tournament, volgarmente noto come ATP 500 di Rotterdam, la finale raggiunta dal tennista svizzero ha avuto quasi un potere terapeutico. Innanzitutto ci ha riconciliato con le sue sbracciate di rovescio; le uniche, nelle giornate di buona, capaci di spazzare via dal campo persino i più forti del lotto. Poi ci ha restituito quel senso di serenità che si prova nel vedere un campione che ritrova il suo tennis, il suo palcoscenico, le sue emozioni preferite. Certo, non è uno Slam, ma l’augurio che ci sentiamo di definire unanime è che questa settimana olandese possa rappresentare per Stan il prologo di una nuova storia. Parigina, australiana o statunitense. Più difficilmente londinese, perché sui prati di Church Road il meraviglioso incantesimo in grado di trasformare quel brutale gesto monomane in grappoli di colpi vincenti si lascia spezzare dal ritmo sincopato degli scambi e dai rimbalzi meno generosi.

Sarà quel che sarà, ma intanto ci godiamo le prime vere pennellate del ragazzo di Losanna dalla finale persa a Parigi contro quel Nadal nuovamente imbattibile – correva il giugno 2017. Incassata l’ovvia delusione, Stan fece appena in tempo a cadere un paio di volte sull’erba – a Wimbledon contro Medvedev, di cui si iniziavano a intuire le potenzialità – che la cartilagine del suo ginocchio sinistro reclamò abbastanza attenzione da costringerlo all’intervento chirurgico e persino a qualche pericolosa riflessioneper fortuna mai capace di concretizzarsi. Furono settimane parecchio nefaste per il circuito maschile, che vide congedarsi a tempo indeterminato dal palcoscenico anche Djokovic, Nishikori e Murray. Se i primi due sono tornati a pieno regime (proprio Nishikori ha conteso con buona lena la semifinale a Wawrinka), solletica una ferita ancora piuttosto fresca constatare che Andy potrebbe non tornare più a giocare a tennis.

Non è però indurre alla commozione l’intento di queste righe, sebbene Diego Schwartzman abbia a tal proposito messo a dura prova gli spettatori dell’Argentina Open di Buenos Aires. Appena battuto Ramos-Vinolas per accedere alla semifinale, che avrebbe poi vinto per grazia ricevuta da un Thiem piuttosto sciagurato, ‘El Peque’ ha dedicato la vittoria alla nonna materna scomparsa da un mese. Era assidua frequentatrice degli spalti del torneo di casa, giocato da Diego ogni anno a partire dal 2011 senza mai riuscire a centrare la semifinale. “È la prima volta che nessuno dei miei nonni è qui a vedermi“, dice Diego con il groppo in gola che contagia anche la mamma in tribuna – lei che vendeva braccialetti per foraggiare il sogno del piccolo Diego – e diventa anche il nostro pensando a come lo sport, certe volte piccolo e insignificante passatempo e certe altre mestiere anche ben retribuito, sappia intervenire con un potere talmente taumaturgico sulle piccole brutture della vita rispetto alle quali non abbiamo potere. Quindi vincere un quarto di finale, e poi una semifinale, può diventare una maniera piccola ma comunque meravigliosa di rendere omaggio a qualcuno.

Il 26enne argentino non ha mai vinto l’ATP 250 di Buenos Aires, ma un trofeo più piccolo nella sua città l’ha sollevato. Era il 2012 quando vinse il challenger di Buenos Aires, peraltro il primo della sua carriera, in finale contro il francese Guillaume Rufin. Oggi contenderà il titolo al nostro Marco Cecchinato, che era arrivato in semifinale giocando maluccio – non senza nasconderlo – e come ogni giocatore di livello dovrebbe saper fare ha lasciato il muletto ai box al momento opportuno e ha tirato fuori la prima vettura, che tra gli optional può vantare il rovescio lungolinea di lusso e la palla corta illeggibile rimirati a Parigi. Giocare un turno in meno per effetto del bye aiuta, così come ha aiutato il tabellone piuttosto abbordabile – Garin (n.93), Carballes Baena (n.119) e Pella (n.50) – ma nessuna finale arriva per caso.

Il Ceck potrà essere o meno in grado di migliorare sul cemento, e trasformarsi quindi in un top 20 stabile, ma intanto ha ancora un paio di mesi per mettere fieno in cascina prima che le scadenze ereditate dal miracoloso 2018 arrivino a bussare alla sua porta. Battendo Schwartzman – un solo precedente tra i due, vinto dall’argentino in un lontano challenger del 2013 – raggiungerebbe la 17esima posizione, sinora mai toccata in carriera, a poco più di un centinaio di punti da Fognini. Appuntamento alle ore 18, per avere un’ulteriore indicazione sulla reale pasta di cui è fatto il ragazzo palermitano.

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