La maturità di Ashleigh Barty - Pagina 4 di 5

Al femminile

La maturità di Ashleigh Barty

A Miami la giovane tennista australiana ha raggiunto un doppio traguardo: la vittoria nel torneo e l’ingresso in Top 10

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Ashleigh Barty - Miami 2019 (foto via Twitter, @WTA)
 

4. L’evoluzione del rovescio
Soprattutto se paragonato al dritto, così sicuro e potente, il rovescio è sempre stato il lato debole dei colpi al rimbalzo di Barty. Per questo la si potrebbe definire una giocatrice asimmetrica, con una impostazione vicina a certo tennis maschile, in cui il dritto è dominante. Barty agli inizi di carriera tendeva a utilizzare soprattutto il rovescio bimane in topspin, eseguito con una impostazione simile a quella del baseball, con le braccia tese a colpire in un modo che mi ricorda da vicino l’esecuzione di Jim Courier.

Ma al di là degli aspetti stilistici conta la sostanza, e il rovescio in topspin di Ashleigh non è mai stato efficace quanto il dritto. Dunque per le sue avversarie la diagonale sinistra è sempre stata quella di riferimento per cercare di metterla in difficoltà. In fondo con un limite del genere ha dovuto misurarsi anche la miglior Stosur, che amava sì colpire la palla dall’angolo sinistro, ma con il dritto inside out; quando invece la diagonale era troppo stretta per poter girare intorno alla palla ed era obbligata a ricorrere al rovescio, allora per lei erano seri problemi.

Ragionamenti simili si possono fare oggi anche per Kiki Mladenovic, o Kiki Bertens. Tutte e due per entrare in Top 10 hanno dovuto compiere progressi tecnici sul loro lato sinistro. E sia per Stosur che per Mladenovic e Bertens una risorsa alternativa alla debolezza del rovescio in topspin è stato il ricorso allo slice a una mano.

Rimanendo in tema, fra le giocatrici recenti chi probabilmente ha compiuto la scelta più drastica è stata Roberta Vinci: di fronte alla oggettiva difficoltà di esecuzione del rovescio coperto, ha deciso di affidarsi quasi esclusivamente allo slice, al punto da farne una tipica caratteristica non solo tecnica ma anche tattica del suo tennis.

Al momento, senza arrivare alla scelta definitiva di Vinci, direi che Barty si è comunque avviata verso una strada “mista” in cui però lo slice sta sempre più prendendo piede. A Miami contro giocatrici capaci di colpi molto pesanti come Kvitova e Pliskova, Ashleigh ha quasi sempre fatto ricorso al rovescio tagliato; in questo modo ha obbligato due tenniste alte e longilinee a colpire “scendendo” molto di gambe per replicare al rimbalzo sfuggente dello slice. E così un possibile punto debole si è trasformato in qualcosa di diverso: da quella parte difficilmente Barty poteva produrre vincenti, ma poteva comunque risultare produttiva nel momento in cui rendeva più probabile il gratuito della avversaria.

Ricordo che Barty a Miami ha battuto per la prima volta Petra Kvitova, dopo aver subito quattro sconfitte nei precedenti. Prima del match della scorsa settimana, Petra era riuscita ad avere la meglio (anche se diverse volte al terzo set) spesso facendo leva sul dominio della diagonale sinistra. E anche in Florida Kvitova ha impostato il match provando a insistere sull’angolo del rovescio di Barty. Che però, poco propensa a utilizzare il più falloso rovescio bimane in topspin, questa volta ha regalato molto poco grazie al ricorso quasi sistematico allo slice. Gli scambi si sono così allungati, e nel clima umido di Miami Petra ha finito per trovarsi completamente senza energie nel terzo set, rischiando perfino di andare incontro a una crisi di asma proprio per il debito di fiato (7-6(6), 3-6, 6-2).
Questi sono gli “scherzi” che provoca lo slice, un colpo velenoso, che per essere gestito richiede molta attenzione mentale (massima cura dei tempi esecutivi) ma anche notevole freschezza atletica (necessaria per scendere sempre basse di gambe al momento di colpire).

E in modo simile a Kvitova, anche Pliskova in finale ha finito per cedere a causa della stanchezza. Reduce da un match solo apparentemente breve contro Halep (7-6(3), 6-3), un match che in realtà si era trascinato per molte ore a causa delle multiple interruzioni per pioggia (e terminato all’una di notte), Karolina è apparsa svuotata sul piano fisico e psicologico, incapace di affrontare lo stillicidio muscolare e mentale necessario per addomesticare al meglio lo slice di Barty.

Durante la finale, forse in un solo frangente è emerso il limite nascosto di Ashleigh; nel secondo set sul 3-1 30 pari. Pliskova è stata obbligata a scendere a rete da una risposta corta di Barty; Karolina è avanzata con uno slice di dritto, lasciando aperto un varco molto invitante: un probabile vincente da ottenere con un rovescio lungolinea in topspin. Non occorreva spingerlo, bastava piazzarlo; eppure Barty non se l’è sentita, e piuttosto che rischiare un errore con il bimane in topspin, ha scelto uno slice basso: colpo non semplice da gestire ma molto più lento, che ha lasciato a Pliskova il tempo di replicare con la volèe. Di nuovo a Barty per chiudere sarebbe occorso il rovescio in topspin, e di nuovo ha tremato: questa volta ha optato per il lob, finito lungo, perdendo così un punto quasi fatto.

Insomma, il rovescio slice è di sicuro un’arma efficace, ma esistono comunque alcune controindicazioni, e in certe situazioni il topspin risulta quasi obbligatorio. Per questo avere incertezze su questo colpo rimane un limite tecnico. Anche se verrebbe da ricordare che, al di là di tutto, il modello di riferimento di questo tipo di tennis (basato su un gran dritto e sul rovescio slice), è stata Steffi Graf; che in carriera ha raccolto risultati niente male…

a pagina 5: I progressi mentali

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