Osaka in difficoltà: basterà il ritorno al cemento?

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Osaka in difficoltà: basterà il ritorno al cemento?

Fra le cinque teste di serie cadute del primo giorno c’è anche la campionessa in carica di US Open e Australian Open

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Naomi Osaka - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

da Londra, il nostro inviato

È stata una giornata un po’ insolita il Day One di Wimbledon al femminile. La partita più attesa non vedeva protagoniste teste di serie, ma due tenniste classificate al numero 44 e al numero 313 del ranking WTA. Mi riferisco allo scontro generazionale tra Venus Williams e Cori Gauff, la sua “erede” di 24 anni più giovane. Rimando all’articolo dedicato al match per scoprire anche le dichiarazioni super-ottimistiche della giovane Gauff, che ha vinto con un doppio 6-4.

Ugualmente al di fuori delle teste di serie il confronto dell’unica italiana scesa in campo, Camila Giorgi, sconfitta da Dayana Yastremska (6-3, 6-3). Poco da aggiungere oltre a quanto già riferito nell’articolo con la cronaca della partita. A mio avviso la valutazione più lucida della situazione l’ha data Camila stessa: ha semplicemente affermato che nell’attuale circuito femminile è impossibile stare ferme tre mesi (senza praticamente prendere la racchetta in mano) e tornare pretendendo di avere un ritmo partita sufficiente per essere competitive.

Ormai si sa che la concorrenza è sempre molto impegnativa, anche per le prime della classifica. Sotto questo aspetto la prima giornata di Wimbledon è stata una giornata di normali eliminazioni per l’attuale circuito WTA. I valori sono molto vicini e tutte le giocatrici, senza eccezioni, per fare strada devono presentarsi in buone condizioni, altrimenti l’inciampo è sempre in agguato.

E così sono cadute cinque delle sedici teste di serie che sono scese in campo: la numero 2 Osaka, la 10 Sabalenka, la 16 Vondrousova, la 23 Garcia, la 29 Kasatkina. Questi i numeri, se però proviamo ad analizzare i match diventa più difficile stabilire quale sia stata l’uscita più sorprendente, perché in fondo ognuna di queste giocatrici aveva mostrato degli scricchiolii.

Kasatkina a mio avviso sull’erba partiva sfavorita contro Tomljanovic, vista la stagione difficilissima che sta vivendo: si affrontavano la numero 82 della Race (Daria) contro la numero 38 (Ayla), e quella più in alto ha vinto (6-3, 6-1). Tutto regolare.

Garcia ha ancora una volta confermato quanto soffra negli Slam. Il 6-4 6-0 subito da Zhang Shuai è però anche un po’ bugiardo, visto che nel secondo set i primi quattro game sono tutti andati ai vantaggi (un paio anche chilometrici), ma al dunque Carolina li ha persi tutti, prima di crollare lasciando a zero i due game finali.

Vondrousova si presentava a Wimbledon con una percentuale di vittorie sull’erba del 33,3% a conferma che, almeno a livello WTA, fatica ad adattare il suo gioco ai prati. Malgrado tutto pensavo che contro Brengle, certo non un mostro di potenza, potesse farsi valere. Non avendo seguito il suo match non sono però in grado di dire altro (6-4, 6-4).

Così come non sono riuscito a seguire Aryna Sabalenka, eliminata dalla “erbivora” Magdalena Rybarikova con un netto 6-2, 6-4. Sappiamo che Aryna è in un periodo difficile e che Rybarikova possiede la tecnica e il repertorio adatto a mettere in difficoltà anche le grandi colpitrici. Non per niente è stata semifinalista a Wimbledon due edizioni fa.
Non è mai facile affrontare Magdalena, perché gli slice e i suoi movimenti di gioco sulla verticale sono concepiti per far perdere ritmo e sicurezza alle avversarie. Sarà interessante seguire il prossimo turno, che prevede Rybarikova contro Gauff, per scoprire come se la caverà una quindicenne nella gestione del tennis piuttosto complesso di Magdalena.

Ho invece seguito per intero il match di Osaka contro Putintseva, perché i precedenti fra di loro sollevavano più di un dubbio sulle possibilità della ex numero 1 del mondo: quattro set a zero per Yulia. 6-3 6-3 a Hobart lo scorso anno e soprattutto 6-2, 6-3 a Birmingham un paio di settimane fa.

Naomi sta attraversando un momento di poca fiducia, e trovarsi di fronte un’avversaria mai sconfitta prima non era certo la miglior situazione possibile per esordire a Wimbledon. Ha iniziato bene il match, prendendo un break di vantaggio, ma non è mai riuscita a sprigionare per intero la sua potenza. Ma soprattutto mi è sembrata incerta sul tipo di tennis da proporre, oscillando tra fasi ad alto rischio (con la ricerca del colpo immediatamente definitivo) e fasi in cui invece allungava il palleggio per cercare di prevalere in progressione.

Nel primo caso troppo spesso Osaka ha finito per sbagliare, nel secondo caso invece Putintseva riusciva a stare nel palleggio utilizzando lo slice per rallentare il ritmo. Così impediva all’avversaria di conquistare campo e di colpire cogliendola fuori posizione. In più ogni tanto ricorreva al drop-shot per evitare di proporre un tennis esclusivamente di difesa.

Questi gli aspetti tecnico-tattici principali. Poi però ci sono stati anche quelli mentali. La mia sensazione è che gli ultimi tornei abbiamo prodotto tante incertezze in Naomi, e questi dubbi emergono durante il match, facendola pensare “troppo”. Gli errori peggiori della partita sono infatti arrivati proprio quando le sono state proposte palle relativamente semplici, che in altre occasioni avrebbe probabilmente convertito in vincenti. Invece nell’ultimo periodo nulla sembra peggio per lei che avere più tempo per preparare il colpo. Se è obbligata a colpire basandosi sulla pura reattività è spesso ancora in grado di essere efficace e far emergere il suo talento. Ma se invece c’è la possibilità di decidere fra diverse opzioni, allora l’errore non forzato è molto più frequente.

Anche nel gioco di volo, che certo non è fra le sue specialità, le cose sono andate in modo simile: sulle volèe di istinto è stata diverse volte sorprendentemente efficace; ma su quelle che le lasciavano un po’ più di chance per organizzarsi, ha spesso commesso guai.

Sarà una banalità, ma in fondo questa situazione è l’ennesima conferma di quanto conti l’aspetto mentale nel tennis. Fiducia o no, sicurezza o no, convinzione o no; stati d’animo opposti che producono da una parte vincenti e dall’altra errori, anche clamorosi. 7-6, 6-2 il punteggio finale.

In conferenza stampa non si è presentata la Osaka lucida e analitica che abbiamo ormai imparato a conoscere ed apprezzare. No, questa volta ha risposto una giovane tennista che non era ancora riuscita a metabolizzare la sconfitta, non aveva voglia di parlare e per questo comunicava con il minor numero di parole possibile soltanto la sua profonda delusione.

Non è un periodo facile per l’ex numero 1 del mondo, che dopo la doppia vittoria negli Slam ha perso al terzo turno al Roland Garros e al primo a Wimbledon. In vista degli US Open, nei quali è campionessa in carica, potrà se non altro contare sul fatto che si tornerà a giocare sulla superficie per lei più adatta, vale a dire il cemento. Vedremo se basterà o se invece andrà incontro ad altre delusioni. Forse pretendere che a 21 anni abbia raggiunto una stabilità tecnica e mentale assoluta, sarebbe troppo.

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