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Al femminile

Halep serena, Serena no

A Wimbledon Simona Halep e Serena Williams hanno affrontato il torneo con motivazioni e stati d’animo differenti, che hanno inciso profondamente sul risultato finale

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Serena Williams e Simona Halep - Wimbledon 2019
 

Più che contro Buzarnescu, probabilmente la partita più impegnativa del torneo, quella in cui Simona ha dovuto seriamente fronteggiare l’ipotesi della sconfitta, è stata quella dei quarti di finale contro Zhang Shuai (7-6(4), 6-1). Zhang ha fornito una prestazione di altissimo livello, che spiega come in questo Wimbledon 2019 abbia potuto sconfiggere avversarie per nulla semplici come Garcia, Wozniacki e Yastremska. A dimostrazione che nell’attuale tennis femminile non sempre il ranking può definire tutto, e molto spesso sono invece le condizioni di forma e il momento di ispirazione tecnica a dare la misura della pericolosità di una giocatrice.

Il primo set di Halep contro Zhang è stato anche quello in cui Simona ha dato dimostrazione di eccezionale maturità. Di fronte a una giocatrice on fire ha capito che non poteva continuare con l’impostazione di gioco dei game iniziali che l’aveva portata a trovarsi sotto 1-4 (con due palle dell’1-5); e ha deciso di cambiare tattica, anche a costo di snaturarsi. E così non abbiamo più visto la giocatrice di ritmo, ma invece quella che lavora la palla e propone soluzioni di volta in volta differenti per imbrigliare una avversaria che esattamente sul ritmo stava costruendo il proprio successo.

Molte altre favorite sono cadute strada facendo contro giocatrici considerate inferiori a causa di situazioni simili. Ecco perché è importante ricordare questo match: c’erano tutte le condizioni perché anche Halep finisse nel gruppo delle “forti che deludono”. Invece ha saputo raddrizzare la situazione con una trasformazione del proprio tennis che la sera della partita avevo definito così: “Secondo me Halep ha compiuto un mezzo capolavoro, adottando delle contromisure tecnico-tattiche che le hanno permesso prima di fermare l’emorragia, poi di risalire, e infine di conquistare il set al tie break. Penso che questo match contro Zhang sia stato sul piano tattico uno dei più maturi di tutta la carriera di Halep, e credo vada particolarmente sottolineato perché disputato durante uno Slam; cioè in una condizione in cui, al contrario del circuito WTA; non è previsto l’intervento del coach in campo”.

Probabilmente fra qualche anno, quando dagli archivi si spulceranno i risultati del successo di Halep a Wimbledon, questa partita apparirà come un match qualsiasi, contro una giocatrice di classifica ampiamente inferiore (numero 8 contro numero 50). Ma oggi, con i ricordi freschi del torneo, sappiamo invece che è stato un passaggio fondamentale sulla strada del successo ai Championships.

Un passaggio ben più insidioso di quello in semifinale contro Svitolina, che sull’erba ha faticato a trovare le contromisure al tennis geometricamente molto aperto di Halep, tanto che la partita è stata in equilibrio solo per i venti minuti iniziali, prima di diventare a senso unico.

Più che per la relativa resistenza dell’avversaria, direi che questa semifinale è stata importante per accrescere in Simona la convinzione di essere in un ottimo stato psico-fisico e con ancora a disposizione tante energie nervose. Lo dimostra il fatto che una volta acquisito il vantaggio non ha avuto alcun momento di cedimento o distrazione: ha continuato a spingere fino all’ultimo quindici senza avere mai il bisogno di rifiatare.

Ed è arrivato il fatidico giorno della finale. Con Williams favorita, sulla scorta della ottima partita di semifinale contro Strycova (6-1, 6-2) e della enorme esperienza di altre dieci finali già disputate a Wimbledon. Undici finali a una. E invece il confronto, nel senso di partita in equilibrio, non è mai esistito. Halep ha vinto i primi 4 game e non si è più fatta raggiungere. Due break per set, e servizio mai perso. Il sesto game del primo set e il settimo del secondo sono stati gli unici finiti ai vantaggi, e sono stati entrambi vinti da Halep.

Halep ha dato prova che anche l’erba può fare per lei, come in parte aveva dimostrato nel 2014, quando era arrivata in semifinale. Nelle interviste ha detto che ha imparato a coprire il campo anche senza la possibilità di scivolare come sulla terra e che riteneva comunque l’erba adatta al suo gioco. Aggiungendo: “Gli anni passati non pensavo di poter vincere su erba, perchè  in questo momento ci sono tante tenniste più alte e potenti di me, con ottimi servizi. Ma quest’anno mi sono sentita sempre meglio e questo mi ha aiutato a crederci.”

Con questo successo Halep ottiene la accoppiata Slam “terra rossa + erba”, riuscita di recente anche a Garbiñe Muguruza. Fra l’altro con la stessa scansione temporale: un anno il Roland Garros, l’anno successivo Wimbledon. Garbiñe fu capace di ottenerla fra il 2016 e il 2017, Simona fra il 2018 e il 2019. E tutte e due contro avversarie statunitensi in finale: Muguruza contro Serena e Venus Williams, Halep contro Stephens e Serena Williams.

Ci sono tanti modi di reagire alla vittoria, a seconda del carattere e probabilmente anche dell’età. L’aggettivo che penso possa descrivere meglio Simona nella conferenza stampa successiva è “serena”, e il gioco di parole è tanto involontario quanto obbligatorio. Sembrava veramente una persona che stesse vivendo dei minuti senza la minima ombra o nuvola di fronte a sé. A un certo punto ha detto: “È una gioia che non riesco a descrivere a parole, è un po’ come se tutto fosse diventato improvvisamente leggero e il mondo intorno meraviglioso”.

a pagina 3: Serena Williams e il 24mo Slam

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