Baghdatis: "Volevo diventare un giocatore di tennis più di qualunque altra cosa"

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Baghdatis: “Volevo diventare un giocatore di tennis più di qualunque altra cosa”

Il neo ritirato tennista cipriota racconta la sua Storia attraverso “Behind the Racquet”. Dal viaggio a Parigi da solo a 14 anni alla finale Slam

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Marcos Baghdatis - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Marcos Baghdatis, due mesi dopo l’ultimo match disputato in carriera contro Matteo Berrettini, sfrutta la vetrina del profilo Instagram Behind The Racquet creato da Noah Rubin per raccontare tutte le difficoltà e i problemi dei tennisti. Il tennista cipriota, finalista in Australia nel lontano 2006 e numero 8 al mondo nella stessa stagione, ha appeso la racchetta al chiodo quest’anno dopo aver vinto in carriera 4 titoli ATP per dedicarsi a sua moglie e ai suoi figli.

Prima del tennista cipriota molti tennisti avevano giá usufruito di questo spazio per parlare dei propri problemi, come ad esempio Petra Kvitova, Alex De Minaur, Andrey Rublev e tanti altri ancora, a testimonianza del fatto che l’idea di Noah Rubin s’è rivelata molto utile sia per i tennisti che per i fan, che scoprono ogni volta qualcosa di nuovo sui loro idoli. Marcos ha parlato della difficile scelta di lasciare l’alcova familiare per trasferirsi in Francia e provare a diventare un tennista professionista.

Sono andato via di casa a 14 anni per andare ad allenarmi a Parigi, senza i miei genitori, andando ad alloggiare da una famiglia. È l’esperienza più dura che io abbia mai fatto. Ci son stati periodi durante i quali non vedevo i miei genitori per dieci mesi, ma non avevo abbandonato solo loro, anche tutti i miei amici di infanzia e le persone con cui ero cresciuto. È stata durissima non avere accanto le persone più importanti. Volevo diventare un giocatore di tennis più di qualunque altra cosa al mondo, ero pronto a dare tutto per farcela. Il mio idolo era Agassi e dopo averlo visto trionfare in uno Slam il mio obiettivo è stato diventare un giocatore e vincere uno Slam.

Lasciare la mia casa e stare da solo a Parigi mi ha fatto capire davvero tutti i sacrifici che si devono fare per diventare un atleta professionista. Non è stato per niente facile per i miei allenatori, hanno dovuto lavorare sempre di più sulla parte mentale. Si sono sforzati per rendermi felice e al tempo stesso sono stati bravi a farmi superare i momenti difficili, assieme alla famiglia che mi ospitava che mi ha aiutato un sacco. Dico sempre che son stato fortunato ad avere loro attorno a me nei momenti in cui non ce la facevo più e volevo mollare. È difficile da ragazzino, spesso non capisci qualcosa ma c’erano sempre queste persone a darmi una mano, mi hanno insegnato a comprendere l’importanza dei sacrifici nella vita e mi hanno spinto a continuare a vivere il mio sogno.

Credere in me stesso è stato importantissimo. Ogni giorno dovevo essere disciplinato, dovevo continuare a lavorare duro senza andare fuori dalle righe. Nella vita bisogna scoprire cosa si ama davvero: che sia il tennis, un altro sport o la scuola, è troppo importante amare ciò che si fa. Bisogna sempre diventare delle persone migliori, giorno dopo giorno, se lo capisci non c’è possibilità che tu fallisca. Niente arriva per caso, devi lavorarci giorno dopo giorno. Bisogna vivere nel presente e costruire piano piano il proprio futuro, passo dopo passo. Arrivare a dire “ce la faccio” è molto più importante di qualunque altra cosa. 

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