I numeri della settimana: Medvedev esplosivo, tante stelle a Ginevra

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I numeri della settimana: Medvedev esplosivo, tante stelle a Ginevra

5 top 10 presenti a Ginevra, il russo conferma una solidità straordinaria con la quinta finale consecutiva ed ora è il primo dietro i tre tenori del tennis. Tsonga torna protagonista con umiltà

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0- i quarti di finale raggiunti negli ultimi sette anni da Aljaz Bedene in tornei giocati in condizioni indoor. Il trentenne sloveno -che ha giocato come tennista britannico tra aprile 2015 e dicembre 2017- nel circuito maggiore si è sinora tolto le maggiori soddisfazioni sulla terra rossa, superficie sulla quale sino a dieci giorni fa aveva ottenuto due delle tre precedenti finali, tutte perse (Chennai 2015, Budapest 2017 e Buenos Aires lo scorso anno) e la sin qui unica vittoria contro un top ten (contro Anderson a Roma). Ad agosto Bedene ha rischiato di uscire dalla top 100, proprio lui che -arrivato tardi al grande tennis per dei problemi al polso sinistro che lo hanno rallentato sino al 2011- ha comunque chiuso cinque annate tra i primi 100. Si è ripreso nell’ultimo mese: prima ha vinto il challenger di casa a Portorose, poi è arrivato per la prima volta al terzo turno degli US Open, rimontando da due set a zero e annullando tre match point, nel secondo turno contro Paire. Giocando a Metz per la seconda volta in carriera, è arrivato in finale senza perdere un set per sconfiggere la wc locale Roumane (duplice 6-4), Simon (7-6 6-2) e Carreno Busta (6-4 7-5). In semi, dopo averci perso i primi quattro confronti diretti, ha confermato la vittoria di New York contro Paire, rimontando nuovamente da un set sotto (4-6 6-1 6-2). Nemmeno la quarta finale nel circuito maggiore è andata bene: contro Tsonga è stato avanti di un set e ha avuto una palla per andare a servire per il match, prima di cedere 6-7 7-6 6-3 dopo quasi tre ore di battaglia.

2- i mesi che hanno cambiato la carriera di Daniil Medvedev. Per carità: quando a fine luglio ha esordito nell’ATP 500 di Washington il 23enne russo era già numero 10 del mondo e mostrava di avere le possibilità di essere uno con le carte in regola per ambire ai primi posti della classifica. Anche i primi sette mesi del 2019 erano stati del resto per lui molto positivi, tanto da consentirgli di essere all’ottavo posto della Race e di guadagnare, rispetto a inizio anno, sei posizioni nella classifica delle ultime cinquantadue settimane. Tuttavia, era davvero difficile attendersi l’accellerata avuta in questi ultimi cinquanta giorni. La sua pecca, sino a fine luglio, era stata l’incapacità di giocare il suo miglior tennis nei tornei che fanno la storia di questo sport: oltre all’unico ottavo conquistato a gennaio a Melbourne, prima dei Canadian Open nei Masters 1000 il russo aveva raggiunto i quarti solo a Monte Carlo, dove lo scorso aprile aveva agguantato la semifinale. Invece, negli ultimi cinque tornei giocati ha ottenuto cinque finali (tra cui una dello Slam, quella magnifica persa di un soffio contro Nadal a New York e una, appunto, a Montreal in un Masters 1000) in altrettanti tornei giocati (nel circuito maggiore prima ne aveva raggiunte sei), ha sconfitto tre top 10 (in precedenza ci era riuscito in tutto quattro volte) e ha fatto un balzo tale nel rendimento da consentirgli di diventare il quarto giocatore al mondo. A San Pietroburgo, dove giocava per la quarta volta, nonostante nel suo cammino abbia comunque incontrato avversari di buon livello come un top 40 e un top 20, ha concesso complessivamente solo trentadue games, stando in campo cinque ore e trentanove minuti nei quattro incontri necessari a vincere il quinto titolo della carriera. Nell’ordine, Medvedev ha infatti eliminato Donskoy (7-5 6-3), Rublev(6-4 7-5), Gerasimov (duplice 7-5) e, in finale, Coric (6-3 6-1). Nel 2019 ha vinto più partite di tutti sinora, ben cinquantatre: questa circostanza, nonostante la giovane età, potrebbe essere l’unico intralcio a un suo ruolo da grande protagonista nel finale di stagione.

3- le partite vinte da Sloane Stephens negli ultimi sette tornei giocati. In realtà è stato tutto il 2019 ad aver presentato sin qui per la statunitense più ombre che luci: una sola semifinale (raggiunta a Madrid) e appena altri due tornei in cui ha vinto almeno tre partite nella stessa settimana rappresentano, per una campionessa come lei, che ancora a marzo era numero 4 WTA, un bottino davvero magro. Risultati testimoniati impietosamente dalla attuale posizione nellaRace, dove è “solo” 23° esima (tra un mese ha in scadenza i punti della finale delle WTA finals). Che il livello del suo tennis sia piuttosto irriconoscibile è testimoniato anche dal personale score contro le top 30: in questo 2019 ha vinto solo una delle cinque sfide giocate contro tenniste di questa classifica. Ancora più inquietante il rendimento nel 2019 della vincitrice di sei titoli WTA (tra i quali US Open 2017) contro tenniste non nella presenti nella top 50 del ranking: sono arrivate ben otto sconfitte, quattro delle quali contro giocatrici non tra le prime 100 posizioni. Proprio il netto successo della nostra Camila Giorgi la scorsa settimana nel WTA di Osaka -dove l’azzurra ha sconfitto Stephens nettamente (6-0 6-3) per poi arrendersi nei quarti a Mertens, con la belga vincitrice con il punteggio di 6-4 6-3- ha nuovamente confermato la netta involuzione vissuta da Sloane.

4- le finali raggiunte nel 2019 da Sofia Kenin. Prima di quest’anno, la statunitense nata a Mosca nel novembre 1998, non era mai entrata nella top 50 (e a inizio 2018 ancora doveva fare il suo ingresso nelle prime 100) e non era mai giunta all’atto finale di un torneo. Attesa da tempo dai connazionali al salto nel grande tennis (è stata numero 2 juniores e ha raggiunto una finale e una semi agli US Open in tale categoria) l’anno scorso aveva raggiunto le prime semifinali a livello WTA a Maiorca e Quebec city, ottenendo anche le prime due vittorie contro top 10 (Garcia e Georges). Solo in questi mesi Sofia ha però compiuto l’ulteriore salto di qualità, con i titoli vinti a Hobart e Maiorca, la finale ad Acapulco e gli ottavi al Roland Garros, superando Serena Williams. La campionessa di 23 Majors è stata la prima di illustri vittime come Barty, Osaka e Svitolina, sconfitte da Kenin nell’estate nordamericana, durante la quale Sofia è arrivata anche in semifinale al Premier 5 di Cincinnati. Una serie di risultati che le ha concesso, a nemmeno ventun anni, di entrare nella top 20 del ranking WTA, zona di classifica dove la sola Andreescu attualmente è più giovane. La scorsa settimana a Guaghzou ha ulteriormente migliorato la sua classifica vincendo il terzo titolo della carriera. Per aggiudicarsi la sedicesima edizione del torneo appartenente alla categoria International (500.000 dollari di montepremi) la statunitense non ha dovuto sconfiggere nessuna tennista nella top 70 e ben tre tenniste affrontate non erano nella top 100: nell’ordine, ha avuto la meglio su Siegemund (6-4 6-2), Zavatska (6-4 6-2), Paolini (7-5 6-1), Blinkova (7-6 4-6 6-1) e, in finale, Stosur (6-7 6-4 6-2). Netti passi in avanti in classifica, che sembrano solo intermedi rispetto al potenziale della giocatrice.

5- i top ten presenti alla seconda edizione della Laver Cup 2018, uno in meno di quanto accaduto l’anno scorso a Chicago e lo stesso numero di quelli che giocarano a Praga nel 2017. Nell’utimo week-end, oltre a due leggende del nostro sport come Federer e Nadal, erano presenti alla sfida tra Europa e Resto del Mondo anche Zverev, Thiem e Tsitsipas, senza dimenticare la presenza in campo di altri due top 20 (Isner e Fognini, primo italiano a prendere parte alla competizione) e di altri tennisti molto amati dal pubblico, come Kyrgios e Shapovalov. Al di là delle vistose esultanze esibite dai protagonisti e della voglia di vincere che sempre a un così alto livello professionistico accompagna l’atleta nella sua esibizione, tantopiù quando scende in campo davanti a un folto e adorante pubblico pagante, è difficile credere sino in fondo a un completo coinvogimento emotivo di super professionisti del livello di quelli scesi in campo a Ginevra. La Laver cup è una competizione in cui il senso di appartenenza sembra essere per forza di cose flebile, tantopiù trattandosi di una manifestazione senza tradizione (a differenza di quanto avviene nel golf con l’analoga Ryder cup). Dopo che si è conclusa, non si ricorda per prima cosa chi ha vinto tra Europa e Resto del mondo o almeno non quanto resta impressa la smorfia di gioia del campione dopo un bel punto, l’highlight dello scambio spettacolare o l’evento “storico”, come poteva essere la riproposizione del doppio Federer- Nadal, o come è stato quello giocato a Chicago da Federer e Djokovic. Le rivalità e la conseguente adrenalina sono poi annacquate, oltre che da risultati non omologati nelle statistiche dei precedenti, da regole nel punteggio diverse da quelle utilizzate nel circuito. Tuttavia, non si può negare il successo della competizione e la sua capacità di offrire spettacolo e far appassionare il pubblico. In tutte le tre edizioni si è visto a tratti bellissimo tennis, con i giocatori liberi con la mente di provare colpi senza il gravoso assillo del risultato da portare a casa. La Laver Cup ha un indubbio vantaggio: permette al pubblico, quasi sempre non abituato a vedere dal vivo campioni (le sedi di questi anni, così come la prossima, Boston, non hanno mai ospitato tornei capaci di far venire contemporaneamente tanti campioni) di avere la certezza, quando acquista i biglietti, di assistere complessivamente a nove singolari e tre doppi, nei quali ha ottime chances di veder giocare tre volte in tre giorni consecutivi grandi campioni (come non può avvenire nei tornei e non accade nemmeno alle ATP Finals, dove esiste l’alternanza dei gironi e il giorno di riposo). La Laver Cup sembra insomma un esperimento ben riuscito, capace, quando tra vari anni avrà maggiore tradizione, di avere un potenziale di fascino ben più grande di quello già buono di cui attualmente dispone.

7- i tornei consecutivi nei quali Borna Coric non aveva vinto tre partite di fila. Questo il misero score con il quale il classe ’96 si è presentato a San Pietroburgo per la seconda volta in carriera, in quello che era per lui il primo torneo da ex allievo di Riccardo Piatti. Non era stato del resto un 2019 all’altezza delle aspettative generali, quello vissuto dal numero 1 croato, la settimana scorsa appena al 26°esimo posto della Race: appena due semifinali (a Dubai e S’Hertogenbosh) e una sola vittoria nelle cinque occasioni che aveva affrontato un top 20. La pesante cambiale dei 600 punti da difendere nel Masters 1000 di Shanghai –quando superò Federer per la seconda volta conseutiva e raggiunse la finale– potrebbe farlo uscire da quella top 20 occupata ininterrottamente dopo la vittoria del secondo titolo della carriera, quello di Halle nel giugno 2018. La svolta coraggiosa di interrompere la collaborazzione con chi l’aveva aiutato a diventare un giocatore di prima fascia, ha subito pagato nel 250 russo, dove è arrivata la prima finale della stagione. Un piazzamento conquistato non senza sofferenza e sempre dovendo rimontare un parziale di svantaggio: Coric in ottavi ha sconfitto Fucsovics dopo essere stato sotto di un set e di un break (6-7 7-5 3-0 RET), analoga situazione accaduta con Ruud (3-6 7-5 6-3) in quarti. In semifinale contro Joao Sousa nel secondo parziale Borna ha dovuto invece annullare due pericolose palle break che avrebbero mandato il portoghese a servire per il match, prima di vincere col punteggio di (3-6 7-6 6-1). In finale, Coric nulla ha potuto contro il Medvedev di questo periodo, che lo ha sconfitto nettamente.

239- la classifica di Jo Wilfried Tsonga a inizio 2019. Sembrava molto complesso un ritorno a buonissimi livelli per il francese nato a Le Mans nell’aprile 1985: il francese aveva dovuto lasciare il circuito nel 2018 per oltre sette mesi, a causa di un’operazione al ginocchio sinistro che lo aveva visto rientrare con risultati negativi solo nell’autunno dello scorso anno. Invece, l’ex numero 5 del mondo, che quando ha iniziato questa stagione non vinceva tre partite di fila da Vienna nel 2017, è riuscito a rientrare nella top 40 ATP grazie all’amore per il suo sport e anche a una bella dose di umiltà (dopo dodici anni, è tornato a giocare per due volte nel circuito Challenger, vincendone anche uno questo mese). Quello compiuto questa settimana è un ritorno in una posizione di classifica eccellente, considerando i problemi fisici e l’appagamento che potevano subentrare: invece, Tsonga attualmente ha davanti a sè nel ranking solo due tennisti meno giovani di lui (oltre a Federer, c’è anche Verdasco, che lo precede di quattro posizioni). Il tennista francese è riuscito a scalare in nemmeno nove mesi duecento posizioni grazie alle vittorie dei titoli a Montpellier a febbraio e questa settimana a Metz (ma anche aiutandosi con i punti delle semi raggiunte a Marrakech e Brisbane). Risultati ottenuti aumentando a mano a mano il livello del proprio tennis: dopo quasi due anni ha sconfitto un top ten (Khachanov a Washington) e al Moselle Open ha anche avuto la meglio su un top 20 come Basilashvili (5-7 6-3 4-1 RET.), altro tennista appartenente a un range di classifica comunque da lui mai superato da ottobre 2017. Oltre al georgiano, per vincere il suo 18°esimo titolo ATP ha anche superato nei primi due turni due top 60 come Andujar (3-6 6-1 6-2) e Herbert (6-3 6-4), in semifinale Pouille con un doppio tie-break e in finale ha avuto bisogno di quasi tre ore di gara per rimontare Bedene e chiudere in tre set.

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