Murray a cuore aperto: "Non è solo tennis. Per me è molto di più"

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Murray a cuore aperto: “Non è solo tennis. Per me è molto di più”

Lo scozzese si racconta alla vigilia dell’uscita di “Resurfacing”, il suo documentario. Dai traumi dell’infanzia agli ultimi due anni: “Il tennis è sempre stato la mia via di fuga”

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Andy Murray - Wimbledon 2016 (foto via Twitter, @Wimbledon)
 

Sento che questa è la fine per me. Il mio corpo ormai non vuole più fare questo, e la mia mente non vuole spingersi più oltre la barriera del dolore. Speravo che mi sarei sentito meglio di così dopo 16, 17 mesi. Questa è una notte emozionante perché sto arrivando al capolinea“. Con le lacrime agli occhi, Andy Murray pronuncia queste parole davanti alla fotocamera del suo telefonino, poco dopo aver sconfitto Marius Copil a Washington al termine di un incontro emozionante conclusosi alle tre di notte. È il 6 agosto 2018 e l’ex numero uno al mondo vede sempre più vicina la fine della sua carriera. Il dolore è troppo forte e l’anca, troppo usurata, gli urla che deve fermarsi, che può bastare così.

Fortunatamente la storia, come sappiamo, è andata diversamente per Andy e quel video, girato in piena notte nella propria camera d’albergo, è confluito nel documentario Resurfacing“. Un affascinante “dietro le quinte” che racconta il lungo viaggio di Andy tra il 2018 e il 2019, dall’infortunio al titolo di Anversa, passando per l’operazione di ricostruzione dell’anca e la riabilitazione. All’interno della pellicola (in Gran Bretagna sarà disponibile su Amazon Prime Video dal 29 novembre), lo scozzese si apre completamente e spiega come mai, nonostante in alcuni momenti tutto fosse contro di lui, abbia così disperatamente cercato di tornare a giocare: “Le persone pensano che sia solo tennis, solo sport. Per me non lo è… è molto di più.

Il segreto è tutto in un amore per il tennis che va al di là di quello probabilmente da casa o dagli spalti siamo in grado di percepire e che, nel caso di Andy, affonda le sue radici in un’infanzia difficile, tinta di grigio, ma anche di rosso. “Il massacro di Dunblane avvenne quando avevo nove anni. Conoscevamo quella persona. Dodici mesi dopo i nostri genitori divorziarono. Quello fu un momento difficile e poi mio fratello se ne è andato di casa poco tempo dopo. Facevamo tutto insieme quindi è stato molto difficile per me. Più o meno per un anno ho avuto problemi di ansia, ma spariva tutto quando giocavo a tennis“.

Murray sente di avere un grosso debito di riconoscenza verso questo gioco, che lo ha aiutato a mettere da parte molte preoccupazioni e che per lui vale il prezzo di tutta quella fatica. “In qualche modo il tennis per me è una via di fuga. Tutte queste cose rimangono imbottigliate, non ne parliamo. Io mostro la mia personalità in campo. Il tennis mi ha permesso di essere quel bambino, per questo è così importante per me“.

A gennaio, poco prima del suo match contro Roberto Bautista Agut, Andy aveva affermato: “Ho vinto 48 partite in Australia. Sarebbe bello arrivare a 50“. Nonostante l’orgoglio e l’impegno messi in campo contro lo spagnolo, non ci riuscì. Sarà di nuovo lì, dodici mesi dopo, a riprovarci con un’anca nuova e il solito vecchio cuore. Questa è sicuramente la sua più grande vittoria.

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