A un anno dall'infortunio, del Potro pensa a un'altra operazione con il chirurgo di Federer

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A un anno dall’infortunio, del Potro pensa a un’altra operazione con il chirurgo di Federer

Juan Martin del Potro sta facendo riabilitazione ma i risultati stentano ad arrivare. La sua ultima speranza è Roland Biedert, l’uomo che ha più volte sistemato gli acciacchi di Roger Federer. Ma quanto possiamo chiedere ancora a Delpo?

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Juan Martin del Potro - Queen's 2019 (foto Alberto Pezzali/Ubitennis)
 

Il 19 giugno del 2019 Juan Martin Del Potro vince il suo match di primo turno al Queen’s contro Denis Shapovalov. Nel corso dell’incontro, però, la Torre di Tandil cade sul ginocchio e si lesiona la rotula destra, la stessa infortunata l’ottobre precedente a Shanghai contro Borna Coric.

Un anno e due giorni dopo, Delpo è ancora fermo, in seguito a due operazioni chirurgiche (una con Angel Ruiz Cotorro, il medico di Nadal, a Barcellona, e una a Miami con Lee Kaplan dello Sports Medicine Institute) che non hanno portato gli esiti sperati. Nel frattempo, è arrivato il divorzio amichevole con Sebastian Prieto, con cui lavorava dallo US Open 2017, “lasciato andare” per permettergli di andare ad assistere Juan Ignacio Londero, un brutto segnale per tutti gli aruspici del caso.

In una recente intervista con ESPN Tenis (l’equivalente di lingua spagnola del canale satellitare americano), però, l’ex N.3 ATP ha provveduto a dissipare le voci di un imminente ritiro, e, secondo quanto riportato dal quotidiano albiceleste Pagina 12, starebbe prendendo in considerazione l’idea di andare i sotto ferri di nuovo, ma stavolta vorrebbe rivolgersi a Roland Biedert, chirurgo ortopedico di Berna vicinissimo a Federer, che si è rivolto a lui per le sue tre operazioni alla rotula (con risultati soddisfacenti, visti i tre Slam vinti dopo la prima) e per vari problemi alla spalla – il legame fra i due è così stretto che Biedert era nel box Federer ai tempi di Wimbledon 2003, prima vittoria di Roger.

Biedert lavora in tre stabilimenti (due cliniche e un ospedale) ed è stato co-direttore del Centro Medico Olimpico rossocrociato, consulente per la Federcalcio dello stesso Paese, ed è il medico della squadra di Davis svizzera, risultando l’artefice del recupero di Federer prima della finale 2014 con la Francia, che gli è valso il nomignolo di “uomo dei miracoli” – ha inoltre operato Stan Wawrinka nel 2017, ricostruendogli la cartilagine del ginocchio.   

Al di là del CV da sogno del medico, la raccomandazione del 20 volte campione Slam potrebbe essere sufficiente a convincere Delpo, che nell’intervista di cui sopra ha parlato del rapporto fra i due, spiegando che uno dei suoi sogni è presentarlo ai genitori durante uno Slam. In aggiunta, ha descritto Federer come “un esempio dentro e fuori dal campo”, e come uno che sa circondarsi delle persone giuste – Biedert incluso, presumibilmente – e va ricordato che l’argentino fa parte della scuderia di Team 8, l’agenzia di marketing di Tony Godsick, storico agente proprio di Federer.  

Lo svizzero è anche l’avversario più importante nella carriera di Del Potro, che contro di lui ha giocato la prima semifinale Slam (Parigi 2009), vinto il suo unico Slam (US Open 2009), vinto il suo unico 1000 (Indian Wells 2018), e perso un’epica semifinale olimpica a Londra che probabilmente è costata a un esanime Roger il tanto agognato oro olimpico.

L’abbraccio tra Federer e del Potro al termine della finale del BNP Paribas Open 2018

Al momento, ‘Palito’ è in quarantena presso il Tortugas Country Club di Buenos Aires, dove non si sta allenando con la racchetta per via dei dolori continui alla rotula. Proprio del suo malessere ha parlato a ESPN: “Ho giocato per tanti anni con il dolore al polso, penso che potrei riuscire a farlo anche con il dolore alla rotula. Voglio giocare una stagione intera”.

È una risposta francamente agghiacciante nella sua trasparenza, un po’ perché consente di affacciarsi alla realtà corporale degli atleti, che devono farsi violenza per recidere dalle proprie linee di pensiero qualunque impedimento alla performance – un’operazione non facile quando l’impedimento è anche il tuo strumento principale – un po’ perché invita gli appassionati a riflettere su quanto si possa ancora chiedere a un atleta così martoriato – le operazioni ai polsi sono state quattro, oltre alle due al ginocchio che potrebbero presto diventare tre.

Il caso Delpo è peraltro un’esacerbazione di entrambi i concetti, perché, se è vero che “un atleta sarà al 100% tre volte in un anno circa”, come ha detto Milos Raonic una volta (riprendendo involontariamente una battuta di Matt Damon in “Invictus”), l’argentino trascende però qualunque acciacco, essendo stato costretto a convivere per anni con dolori il dolore al polso sinistro, dolore che era trasmutato in paura, paura che l’aveva obbligato a rimodellare il proprio gioco, migliorando il servizio e introducendo uno slice sibillino.

E qui sta la grandezza del giocatore (e il rimpianto suo e degli appassionati), perché è stato capace di sfruttare la malasorte per perfezionare il suo tennis, che con la ritrovata confidenza nel colpo bimane ha raggiunto il picco della completezza. Basta andare a riprendere la sfida con Djokovic a Roma dello scorso anno, forse la più bella partita due su tre del 2019: sconfitto per via di due match point non sfruttati (lui e Federer separati alla nascita, è chiaro), stava per guadagnarsi il derby con Schwartzman giocando probabilmente la sua miglior partita di sempre con il rovescio lungolinea, proprio il colpo del dolore, proprio quello che lo feriva di più.  

La risposta a tanta nonchalance nei confronti della propria sofferenza si può forse ritrovare nelle sue dichiarazioni passate. In uno splendido feature di GQ della primavera del 2018, l’autrice del pezzo Chloé Cooper Jones aveva fotografato perfettamente la simbiosi di Del Potro con il dolore, chiedendogli se avesse ancora paura del suo corpo, e.g. del ritorno del dolore, e la Torre di Tandil aveva risposto così: “No, non ho più paura, ma sono stanco. Rimanere in salute per una stagione intera è una grande sfida per me. È la cosa più importante – poter semplicemente giocare a tennis. […] Il dolore fa parte della mia vita, e ci convivo durante tutti i miei match”. Da un lato ci si dovrebbe augurare che un simile campione possa tornare a grandi livelli, ma dall’altro sarebbe forse difficile vederlo cadere un’altra volta, perciò l’augurio più grande che gli si possa fare è di tornare solo se integro, e di non immolarsi per un pubblico a cui ha già dato tutto.

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