Quale futuro per Ekaterina Alexandrova? - Pagina 4 di 4

Al femminile

Quale futuro per Ekaterina Alexandrova?

La vicenda anomala di una tennista russa che si è perfezionata nella Repubblica Ceca e che è arrivata a un momento cruciale della carriera

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Ekaterina Aleznadrova dopo la vittoria nel torneo International di Shenzhen 2020
 

Caratteristiche di gioco e ipotesi sul futuro
Di solito evito di raccontare la sequenza dei tornei affrontati anno dopo anno dalle giocatrici, e mi scuso se è risultata noiosa. Ma questo volta mi è sembrata necessaria per sottolineare come Alexandrova abbia seguito una crescita molto logica, con alcuni elementi ricorrenti. Innanzitutto la preferenza per gli eventi indoor. E poi la modalità di maturazione; non rapidissima, ma costante: con alcune difficoltà iniziali nell’adattarsi al livello medio delle avversarie (nel 2015 negli ITF, nel 2018 in WTA), ma poi con progressi che si consolidano nel tempo.

Confesso che faccio fatica a considerare Alexandrova come una tennista russa-russa. Per certi aspetti mi viene spontaneo avvicinarla anche alla scuola ceca. Innanzitutto per il suo modo di produrre colpi filanti senza molto topspin, e poi anche per la preferenza per i campi rapidi e per un tennis che si sviluppa attraverso geometrie tese e pulite. Infine per il dritto che evita le impugnature estreme, sempre più diffuse oggi. Ad alti livelli sono le caratteristiche che si rintracciano in giocatrici come Kvitova e Pliskova, ma anche (fra gli uomini) come Berdych.

Ekaterina possiede una buon servizio, con una prima che nel 2020 le ha permesso di entrare fra le prime 20 nella classifica del numero di ace per match (è 19ma). Qualche problema in più emerge sulle seconde, forse perché non dispone di battute lavorate (il kick soprattutto) all’altezza di quelle più tese e veloci. Tanto è vero che nelle sue statistiche 2020 il dato meno convincente è quello relativo ai punti vinti sulla seconda di servizio: è soltanto 80ma, con il 43,2% (in questa particolare classifica, la prima è Brady con il 53,2%).

Tra dritto e rovescio trovo più costante il rovescio, che nelle giornate di forma è un colpo anche di una certa eleganza; vederla impattare la palla dalla parte sinistra con il suo movimento bimane può essere gratificante anche solo per apprezzare il puro gesto atletico. A mio avviso è meno stabile il dritto, che pure quando funziona è efficacissimo. Però le cose si complicano quando sale la tensione: in questi casi tende a irrigidire il movimento, la palla rallenta, si accorcia e, non avendo nemmeno molto spin, rischia di diventare troppo attaccabile e invitante per le avversarie più toste.

Secondo la scheda WTA, Alexandrova è alta 1,75. Misura che mi sembra forse un pochino generosa, ma attendibile; si tratta di una statura nella media della attuale WTA. Combiniamo il fisico con la impostazione di gioco piuttosto offensiva mostrata sino a oggi: ritroviamo il mix che le ha permesso di entrare fra le prime 30 del mondo, con un best ranking da numero 25 nel febbraio 2020; si tratta senza dubbio di una ottima posizione. Forse sbaglio, ma mi sembra vicina al suo limite massimo, a meno di non introdurre qualche novità tecnico-tattica. Facciamo qualche ipotesi.

Per giocare e vincere con una impostazione che non ricava molto dalla difesa si deve disporre di una fase offensiva davvero dominante. Però Alexandrova non ha la facilità nel fare viaggiare la palla che mostrano, per esempio, Kvitova o Pliskova. Senza essere fenomeni in difesa, infatti, Petra e Karolina sono stabili Top 10. Dubito però che Ekaterina possa diventare una colpitrice di quel livello, perché il suo fisico non le permette di generare con la stessa facilità una simile potenza.

Per questo penso che per crescere ulteriormente forse dovrebbe applicarsi in ambiti di gioco differenti. Una possibile opzione è quella di limitare gli errori non forzati. Si tratta di una dote spesso trascurata del tennis (del resto è l’unica individuata da una definizione in negativo: “non sbagliare”) ed è particolarmente difficile prevedere se saprà migliorare in questo. Ma ci sono altri aspetti nei quali forse potrebbe progredire. Uno potrebbe essere nei movimenti sulla verticale: opzione che le darebbe più variabili tattiche, ma che forse dovrebbe coltivare affrontando più spesso il doppio. Sino a oggi però lo ha praticato molto poco: secondo le statistiche di ITF, da professionista ha disputato 517 match in singolare e appena 49 in doppio.

Altra possibile opzione è legata alla crescita nella fase di contenimento. Fin dalle prime interviste Alexandrova ha sempre dichiarato di preferire i campi rapidi, perché le piace mantenere il controllo del gioco. Eppure una atleta con il suo fisico penso avrebbe la possibilità di fare di più in difesa: ci sono tenniste con altezza e struttura muscolare simili, in grado di coprire il campo con efficacia ben maggiore.

L’ultimo aspetto è quello caratteriale. Quando la seguo, ed è una impressione avuta sin dalle prime volte, ho spesso la sensazione di una giocatrice molto autocritica, perfino troppo, che tende a demoralizzarsi. Perché mandi segnali negativi non c’è nemmeno bisogno che le cose vadano male, basta che non girino alla perfezione. Un piccolo passaggio a vuoto e la si vede subito con un atteggiamento del corpo dimesso, che non la aiuta a superare la fase negativa, e che nello stesso tempo tende a incoraggiare l’avversaria.

Per me non è facile capire a fondo la sua natura, anche perché è una tennista molto riservata, in campo e fuori. Di sicuro non cerca la popolarità ad ogni costo. Sino allo scorso anno aveva zero account su twitter, facebook o simili. Nulla di nulla. Ha aperto di recente la sua pagina su Instagram, ma solo perché “obbligata” dalla sorella (Devi avere almeno un canale social” le ha detto), ma Ekaterina confessa che spesso si dimentica di postare nuove foto perché è del tutto fuori dai suoi interessi raccontare la propria vita su Internet.

Personalmente apprezzo la riservatezza e il senso della misura, ma una volta in campo un po’ di sfrontatezza e di autostima potrebbero aiutare a non farsi sopraffare dalle difficoltà. Capisco che a 26 anni compiuti è molto difficile cambiare la propria indole, ma se riuscisse ad aumentare il proprio killer instinct probabilmente vincerebbe qualche partita in più. E, chissà, forse nel match di domenica ad Abu Dhabi, quel pizzico di convinzione in più sarebbe bastato per sconfiggere Elina Svitolina. E magari, oggi, sarebbe ancora in corsa per la vittoria nel torneo.

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