US Open: tre azzurri agli ottavi come a Parigi? Djokovic su Tsitsipas e il pipì-break: “Un limite va messo”

Editoriali del Direttore

US Open: tre azzurri agli ottavi come a Parigi? Djokovic su Tsitsipas e il pipì-break: “Un limite va messo”

Berrettini, Seppi e Sinner fanno sognare un nuovo record. Solo al Roland Garros 3 italiani insieme in ottavi. E solo 7 gli azzurri che li hanno giocati a New York. Djokovic: “Non capisco perché la regola sia così vaga”. E Brooksby fa lo Tsitsipas: 12 minuti più 7!

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Andreas Seppi - US Open 2021 (Garrett Ellwood/USTA)
 

Soltanto sei volte nella storia degli Slam, iniziata nel 1877 con i primi Championships di Wimbledon, abbiamo potuto vantare tre italiani presenti contemporaneamente negli ottavi di finale di un singolo Slam. Ma è sempre accaduto soltanto al Roland Garros: 1947, 1952, 1958,1960, 1962 e quest’anno (con Berrettini che è poi giunto nei quarti contro Djokovic, con Sinner che ci ha perso con Nadal e con Musetti battuto da Djokovic).

Adesso ci sono buone probabilità che possa accadere per la prima volta anche allo US Open. Anche se ovviamente nulla è mai scontato, però è lecito essere ottimisti alla vigilia dei match di Berrettini contro Ivashka n.53 ATP, già battuto all’ultimo Wimbledon, di Sinner con Monfils (1 a 1 nei confronti diretti risalenti a 2 anni fa) e del magnifico e irriducibile Seppi contro il qualificato tedesco Otte n.144.

Due su tre ottavi avrebbero potuto essere certi se i match di terzo turno fossero stati derby azzurri, come potevano essere se Fognini non avesse perso contro Pospisil (poi battuto da Ivashka) e fosse quindi arrivato a confrontarsi con Berrettini rispettando il suo ruolo di testa di serie n.28, e se Sonego non si fosse fatto sorprendere da Otte e fosse lui e non il tedesco l’avversario di terzo turno di Seppi. Soltanto Sinner, testa di serie n.13, avrebbe dovuto comunque misurarsi con Monfils n.17, al terzo turno. Quando Berrettini centrò le semifinali dello US Open 2019 battè proprio Gael Monfils, al termine di un memorabile duello. Riuscirà nel medesimo exploit Sinner?

Nei primi due round, con Purcell e Svajda, le prove di Sinner non mi sono apparse particolarmente convincenti, però ne gli ultimi due anni – dacchè Jannik vinse a Anversa 6-3 6-2 e Monfils si prese la rivincita a Vienna 6-3 7-6 (8) – Sinner ha fatto certamente progressi e Monfils…ha compiuto 35 anni il 1 settembre.

Jannik è già certo di raggiungere come minimo il suo best ranking dal lunedì post US Open: anche dovesse andargli male con Monfils salirebbe a n.13. Niente male per un ragazzo che ha compiuto 20 anni lo scorso 16 agosto. Nei due precedenti US Open Jannik aveva perso sempre al primo turno, contro Wawrinka e Khachanov.

L’eccellente ranking conquistato da Jannik è stato raggiunto a dispetto di sorteggi non sempre benigni, a differenza di questa volta in cui gli è andata piuttosto bene. Basti ricordare che al Roland Garros (due volte) come a Roma (una) il suo cammino è stato stoppato da Rafa Nadal quando almeno un turno in più avrebbe potuto conquistarlo. Battere un Monfils in netta ripresa rispetto all’anno buio del Covid e del per lui insopportabile lock-down costellato di sconfitte, non sarà semplice perché il fresco sposo Gael a dispetto dei 35 anni ha ancora un fisico integro, da grande atleta. Non c’è da illudersi, insomma, sul fatto che un’eventuale maratona di cinque set debba metterlo in crisi. E Sinner non avrà da Monfils i regalini che sia Purcell sia il giovanissimo eppur talentuoso Svajda gli hanno fatto al momento buono di 3 set su 4.

Comunque sia, in chiave Race to Torino le premature sconfitte in questo US open di Casper Ruud (n.8 con 2675 punti che non potranno aumentare), Hubi Hurkacz (n.9 con 2505, anche lui fermo al palo) e anche Carreno Busta (n.13 con 1730) sembrano schiudere a Jannik, attualmente decimo con 2165 punti e una teorica possibilità di salire a 2.255 battendo Monfils, interessanti scenari. Avere due giocatori presenti a Torino nella prima di cinque edizioni torinesi delle Finals avrebbe un significato ancora più entusiasmante che non tre tennisti in ottavi a New York, anche se il derby Seppi-Berrettini garantirebbe almeno un italiano nei quarti, che è sempre un bel godere.

In quest’ultimo caso, come ho anticipato nel video che forse avrete visto sul sito o su Instagram, dopo aver espresso la mia grande soddisfazione per il traguardo eventualmente raggiunto da Seppi che fino a oggi non è mai andato oltre il terzo turno a New York mentre ha fatto ottavi in tutti gli altri tre Slam, mi augurerei una vittoria di Berrettini perché Matteo ha qualche chance in più di rendere dura la vita al grande favorito Novak Djokovic.

Ma tempo al tempo, così come non era davvero detto che Seppi battesse Fucsovics – e in quel modo poi, annullando cinque match point e chiudendo al suo sesto sul 15 a 13 del decisivo tiebreak – e poi a maggior ragione dopo quella maratona di oltre quattro ore anche Hurkacz n.10 del seeding, guai a sottovalutare Otte e le possibilità che il fisico di Andreas paghi lo scotto di tante battaglie. Incrociamo le dita, ma lui stesso ha detto: “Pagherei per risvegliarmi sabato mattina come mi sono sono trovato, senza dolori, questo giovedì!”.

Riguardo al suo duello con Ivashka, che “Berretto” aveva magistralmente controllato sull’erba del campo 12 entusiasmandomi a tal punto per certi suoi tocchi di fino che esagerando un po’ mi avevano spinto a fare un titolo esagerato (e da molti di coloro che non si erano peritati di leggere tutto il pezzo criticato scandalizzati), io ho provocato Matteo ieri notte chiedendogli se non ritenesse difficile battere lo stesso avversario due volte di fila. E lui ha replicato con chiara lucidità: “Può essere, ma preferisco sempre affrontare un avversario che ho già affrontato piuttosto che uno nuovo”.

Se non mi sbaglio nel confondermi – come si usava dire una volta – i tennisti italiani (maschi eh) che abbiano raggiunto gli ottavi all’US open sono pochissimi. Soltanto sei: Barazzutti, Berrettini, Panatta, Pozzi, Sanguinetti e Fognini. Fra questi non figura Nicola Pietrangeli che li ha giocati solo tre volte (quando non era Open ovviamente): una volta ha perso al secondo turno (1964 dal britannico Sangster) e due volte al terzo (dagli americani Reed nel ’55 e da Stan Smith nel ’65).

Solo negli anni Settanta la partecipazione degli italiani allo US Open è entrata nella programmazione abituale dei nostri tennisti, come conseguenza della creazione del computer ATP, delle classifiche, dei punti stabiliti per gli Slam. Le presenza di Cucelli e Del Bello nel ’49 furono occasionali e dovute al fatto che l’Italia doveva giocare in Coppa Davis negli Stati Uniti per una semifinale interzone. La prima presenza italiana a Forest Hills era stata una sconfitta al primo turno del bolognese Umberto Cuccioli, un seconda categoria che stava studiando medicina negli Stati Uniti e che riuscì a farsi accettare nel tabellone perdendo subito dall’inglese Jones.

Insieme a Barazzutti che fece semifinale nel 1977 (battè Scanlon, Nastase, Edmondson, Walts e Gottfried, perse da Connors: si giocava 3 su 5 solo dagli ottavi in poi) e a Berrettini, semifinalista nel 2019 (battuto da Nadal dopo aver superato Rublev e Monfils) e in ottavi nel 2020 (fermato dalla vendetta di Rublev), gli altri azzurri in ottavi stanno sulle dita di una mano:

  • Adriano Panatta nel ’78 battè per ritiro Orantes sul 4-1, poi Nichols 6-2 6-4, quindi Riessen 7-5 al terzo. Perse da Connors 7-5 al quinto al termine di un match straordinario, secondo Rino Tommasi il migliore mai giocato da Adriano
  • Gianluca Pozzi nel ’94 superò Furlan, Mansdorf e Zoecke, perse da Karbacher in quattro set quando avrebbe potuto vincere. In quell’anno Andrea Gaudenzi sorprese Jim Courier testa di serie n.2 al secondo turno, ma poi fallì al terzo la prova del nove contro il modesto Renzebrink
  • Davide Sanguinetti nel 2005, 33 anni, battè Arthurs, Moya, Srichaphan in un match pazzesco che ricordo benissimo sull’Armstrong Stadium (6-3 4-6 6-7 7-6 76). Perse contro Nalbandian in quattro set dopo aver vinto il primo.
  • Fabio Fognini nel 2015 (l’anno della finale Pennetta-Vinci) con Fabio che rimontò due set a Rafa Nadal in un altro match “storico”. Nadal aveva perso una sola partita da un vantaggio di due set, contro Federer a Miami, e gli sarebbe poi capitato solo una terza volta (Tsitsipas all’Australian Open 2021)
  • Paolo Lorenzi nel 2017 battè Sousa, Muller e Fabbiano, perse da Anderson 6-4 al quarto set.

Per il resto, prima di riferirvi che cosa ha detto senza troppi peli sulla lingua ai colleghi serbi Novak Djokovic sul leit motif di questi giorni, i toilet-break di Tsitsipas e ora anche del suo imitatore Jenson Brooksby che si è concesso impunemente due break di 12 e 7 minuti (sic!) nel corso del suo match con il furibondo Fritz, osservo che finora in questi primi due turni si è trattato di un US Open estremamente rispettoso delle gerarchie del seeding. Nel torneo maschile sono approdati al terzo turno tutti i primi sette favoriti. Sono “saltati” il n.8 Ruud, il n.9 Carreno Busta, il n.10 Hurkacz, ma insomma niente di che. Eppure in ottavi però troveremo almeno tre outsider: Seppi o Otte, Laaksonen o Gojowczyk, Van De Zandschulp o Bagnis.

Fra le donne ancora maggior rispetto per il ranking: delle prime 16 teste di serie manca all’appello solo Brady n.12, infortunata e ritiratasi prima dell’inizio del torneo. Un fatto quasi più unico che raro (cito a memoria, però, non avendo il tempo di verificare). E una outsider sicura in ottavi al momento non c’è.

Ma veniamo a Djokovic: un collega serbo, Sasa Ozmo, gli ha chiesto che cosa pensasse della vicenda Tsitsipas che aveva fatto infuriare Andy Murray e che a Cincinnati aveva spinto Zverev ad accusare Tsitsipas di aver scambiato messaggi text con il padre mentre si era rinchiuso in bagno (un po’ come quegli studenti che si facevano tradurre le versioni di latino e greco dal gabinetto…). E Tsitsipas non è stato il solo casus belli: come detto, lo ha fatto anche Jenson Brooksby.

Novak: “Ho visto che Tsitsipas ha detto che non ha fatto nulla contro le regole e che non capisce perché sia stato così criticato; ha anche detto che dovrebbero esserci delle conseguenze solo per chi infrange qualche regola. E sono d’accordo con lui su questo. Al contempo capisco Andy e Zverev, che hanno avuto problemi con questa situazione. Ci dovrebbe essere un limite. Come tennista devi riconoscere che se vai avanti troppo a lungo danneggi il tuo avversario. Ma se guardiamo il libro delle regole, Tsitsipas non ne ha infranto alcuna”.

Dopo questo primo commento Novak ha però anche suggerito: “Dobbiamo assolutamente mettere un limite ai toilet-break, che sia 5 o 6 o 7 minuti. O altro. Un’orologio deve scattar e il countdown comincia appena il giocatore lascia il campo., E lo devi rispettare. Non capisco perché la regola sia così vaga: puoi stare per 2 minuti come per 20! Questa regola va cambiata. Lo ripeto e solidarizzo con Andy perché si è freddato nell’attesa, ma posso capire anche Tsitsipas perché dice: ‘Non c’è un limite di tempo, nessuno me lo ha imposto’. Questo è tutto quello che ho da dire”.

Beh, in questo caso il “ribelle” del PTPA Djokovic è stato un po’ troppo tenero con chi ha aspettato che scoppiasse questo caso senza prendere prima alcun provvedimento, inclusi quelli necessari per regolamentare meglio anche i MTO, sia per frequenza, sia per durata, sia per il luogo degli interventi. ATP, WTA e Slam hanno dormito a lungo. Speriamo si sveglino presto.  

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