Emma Raducanu, una impresa senza precedenti - Pagina 2 di 4

Al femminile

Emma Raducanu, una impresa senza precedenti

Come è stato possibile che una giocatrice diciottenne, sconosciuta fino a tre mesi fa, sia riuscita a vincere lo US Open in un modo mai riuscito prima?

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Emma Raducanu - US Open 2021 (Pete Staples/USTA)
 

E così Raducanu approda ai quarti di finale. A conti fatti le ultime otto giocatrici rimaste in gara nello Slam americano sono di due categorie ben precise: sei giocatrici comprese fra le prime del mondo (dalla 2 Sabalenka alla 17 Sakkari) più due teenager inattese, fuori dalle teste di serie, Emma Raducanu e Leylah Fernandez.

Per Raducanu è il momento di misurarsi con l’avversaria dalla classifica più alta mai incontrata in carriera: la numero 11 Belinda Bencic. Bencic è la neo campionessa olimpica, e da Tokyo in poi ha offerto ottime prestazioni, confermate dal quarto turno newyorchese nel quale ha superato in due set Iga Swiatek, al termine di un grande match (7-6, 6-3).

Come contro Rogers, Raducanu ha bisogno di qualche game di assestamento per sciogliersi e dare il meglio, ma poi cambia marcia. Risale da 1-3 nel primo set infilando un parziale di cinque game a zero, che modifica profondamente il quadro mentale del match. Belinda sembra progressivamente innervosirsi, e nel secondo set paga la tensione con un break, unico ma decisivo, che definisce il 6-3, 6-4 finale.

Contro Emma, Belinda è sembrata molto più incerta e fallosa rispetto al match precedente disputato contro Swiatek. Come mai? Potremmo pensare che la differenza di rendimento sia stata casuale, ma potrebbe invece essere determinata dal fatto che le scelte di gioco di Emma si siano rivelate più complesse da risolvere per Bencic rispetto a quelle sviluppate da Swiatek. Devo però confessare che il confronto Raducanu / Bencic mi è risultato di difficile lettura: non sono cioè stato in grado di capire sino in fondo il piano di gioco di Raducanu, che pure si è rivelato efficace.

Siamo alla semifinale: avversaria Maria Sakkari. La giocatrice greca nei turni precedenti ha dissolto molte delle speranze della Repubblica Ceca: ha sconfitto Siniakova, Kvitova e Pliskova, sempre senza perdere set. Ma ha anche eliminato Bianca Andreescu (la campionessa del 2019) al termine di un durissimo braccio di ferro (6-7, 7-6, 6-3). Maria è in forma come non mai, già sicura di un nuovo best ranking, ma trova di fronte a sé una giovanissima che sembra toccata dalla grazia: Raducanu appare come una giocatrice “in missione”, che è arrivata a New York per riscrivere i record del tennis.

Raducanu gioca un match lucidissimo, nel quale evita il più possibile il tipo di scambio nel quale Sakkari si trova meglio, vale a dire quello fatto di botte centrali incessanti, dove più che la tecnica e la mobilità contano la pesantezza di palla e la forza fisica. Emma adotta schemi differenti. Se può, cerca di comandare lei, grazie alla efficacia dei colpi di inizio gioco (servizio, ma anche risposta aggressiva). Se però lo scambio si allunga, per evitare il puro braccio di ferro, prova ad “aprire” il palleggio con la geometria, attraverso angoli più stretti o il contropiede, in modo da evitare di dare stabilità alla posizione di gioco di Sakkari. E si sa che quando Maria deve colpire in movimento, diventa più fallosa.

La conseguenza è un primo set dominato da Raducanu, e un secondo più combattuto ma nel quale la strategia rimane simile (6-1, 6-4). Ancora una volta Emma è riuscita a vincere in due set, e ancora una volta è riuscita a non fare giocare al meglio l’avversaria. Ormai la situazione è evidente, e si ripete turno dopo turno. Rogers, Bencic, Sakkari: reduci da grandi match, eppure improvvisamente in crisi contro la giovanissima inglese. In conferenza stampa i giornalisti chiedono a Sakkari perché accade questo. Maria risponde: “Lei gioca senza paura, non ha nulla da perdere, in campo si diverte, e fa sempre la cosa giusta. Ma noi contro di lei siamo state tutte assenti. Non voglio parlare anche per Belinda, però penso che sarà d’accordo con me: sia io che Bencic non abbiamo giocato come sappiamo…”.

In attesa di capire meglio le cause tecniche delle difficoltà delle avversarie di Emma, non si può dimenticare la differenza di stato d’animo di chi scende in campo contro di lei. Da una parte una ragazzina senza l’obbligo di fare risultato, con poco da perdere, dall’altra tenniste che sulla carta le sono ampiamente superiori, (almeno in quanto a titoli e ranking) e che soffrono la pressione di dover prevalere per forza.

Chris Evert, nel corso di una intervista esclusiva con Raducanu, ha ricordato quanto fosse duro giocare contro Tracy Austin. Nel confronto, Evert era la tennista esperta e Austin la giovanissima emergente che Chris, sulla carta, avrebbe dovuto sconfiggere. E questa situazione le metteva una pressione difficilissima da gestire (vedi QUI dal minuto 3’ 27”).

Il vantaggio “anagrafico” avuto con le avversarie dei primi turni, non può essere un fattore in vista della finale, dato che nello straordinario sviluppo di questo US Open, le due teenager sono riuscite ad avere la meglio su tutte le più titolate teste di serie. Una contro l’altra due tenniste del 2002: nata il 13 novembre Raducanu, il 6 settembre Leylah Fernandez, che quindi ha compiuto 19 anni proprio durante il torneo.

Confronto senza precedenti a livello WTA, ma non a livello giovanile. Da junior è agli atti il match di secondo turno a Wimbledon 2018, vinto da Raducanu in due set (6-2, 6-4). Proprio per merito della finale Slam americana, Wimbledon ha appena pubblicato su Youtube un breve video di highlights di quel match:

Su Fernandez e il suo torneo altrettanto straordinario tornerò la prossima settimana, qui mi limito ad alcuni elementi sintetici. Rispetto a Raducanu, Leylah è una giocatrice più conosciuta e affermata, tanto che le aveva già dedicato un articolo nell’agosto dello scorso anno (“L’insostenibile leggerezza di Leylah Fernandez”).

Forse perché l’ho vista giocare più volte rispetto a Raducanu, fatto sta che il tennis di Fernandez mi appare più chiaro da sintetizzare: mancina, con una grande abilità nel trovare angoli stretti, con un dritto molto incisivo e con la capacità di ovviare a qualche limite fisico grazie al superiore anticipo nel colpire. E con una convinzione agonistica cresciuta nel corso del torneo insieme alla fiducia, grazie alle vittorie ottenute contro avversarie come Osaka, Kerber, Svitolina e Sabalenka.

Eppure Raducanu riesce ad avere la meglio anche su di lei. Come mai? Di nuovo: c’è chi dice che Fernandez ha sì giocato bene, ma non ai super-livelli dei turni precedenti. Ma ci sono anche elementi tecnico tattici più oggettivi, che a mio avviso hanno influito. Sicuramente al servizio Fernandez ha subito la aggressività in risposta di Raducanu, che per tutto il torneo ha ribattuto sulla seconda di servizio sempre con i piedi ben dentro il campo. E “sempre” significa davvero sempre, senza alcuna eccezione, come dimostra lo screenshot ripreso da una analisi di fine torneo di ESPN:

Sapere che sulla seconda palla avrai una avversaria che ti aggredisce immediatamente, finisce per influire anche sulla tranquillità con cui si esegue la prima. Mai Fernandez aveva concesso così tante palle break nel corso del torneo: 18. Grazie alla sua combattività ne ha salvate 14, ma a conti fatti le 4 convertite sono state troppe, se paragonate alle 9 (metà esatta) concesse da Raducanu (2 convertite).

Tutti si sono accorti che Raducanu ha nella risposta un punto di forza notevole. Però a mio avviso in questo match Emma ha confermato di essere formidabile anche in una fase di gioco forse poco considerata, ma che è diventata sempre più importante nel tennis contemporaneo: vale a dire nel terzo colpo dello scambio, quello in uscita dal servizio. La capacità di recuperare la posizione ideale dopo avere eseguito il movimento di battuta è una dote che permette a Raducanu di gestire con sicurezza e totale controllo le parabole della risposta avversaria. Incluse quelle che per la maggior parte delle giocatrici diventerebbero estremamente problematiche.

In linea generale, a mio avviso questa finale si è rivelata un match di notevole qualità, tanto che in molti hanno sostenuto che il vero limite della partita sia stata la mancanza del terzo set. E per quanto mi riguarda sono d’accordo.

Primo set. Raducanu inizia meglio, meno tesa di Fernandez, tanto che conquista il break in apertura. Ma Leylah si rimette subito in linea con il controbreak. Servendo per seconda Fernandez non riesce a gestire la pressione sul 4-5: al quarto set pointa capitola, permettendo a Raducanu di incassare il 19mo set consecutivo (su 19 giocati) della sua avventura a Flushing Meadows. Decisivo un perfetto lungolinea di dritto di Emma, tipo di colpo sul quale tornerò più avanti.

Nel secondo set Fernandez reagisce: è lei la prima a ottenere il break. Ma Raducanu ribadisce la caratteristica esibita nelle tre settimane newyorchesi: nessun lungo calo di rendimento. Abituata a vincere i match in due set, Emma di nuovo lotta punto su punto per rovesciare la situazione, riuscendoci con un parziale di 4 game a zero (da 1-2 a 5-2). Un parziale che avrebbe stordito la maggior parte delle avversarie, ma non Fernandez, che lungo il cammino del torneo aveva più volte vissuto frangenti difficili, riuscendo alla fine ad avere sempre la meglio. Questa volta Leylah salva due match point sul proprio servizio (sul 2-5) e poi sul 3-5 va alla caccia del break che potrebbe riaprire tutto.

L’ultimo game del match è di quelli che rimangono nella memoria degli appassionati: la prima palla break ritardata a causa della ferita sotto il ginocchio di Raducanu, con relativo MTO; la seconda palla break salvata dopo una volèa alta organizzata di puro istinto (una specie di smash appoggiato) e infine il punto finale suggellato con un ace. (Detto per inciso: è obbligo del giudice di sedia fermare il prima possibile il match in presenza di sangue. Il regolamento è inequivocabile. Vedi QUI a pag 361)

E così la prima finale Slam del terzo millennio tra teenager si conclude sul 6-4, 6-3 a favore della più giovane delle contendenti. Due giocatrici quasi sconosciute al pubblico americano in avvio di torneo, ma a conti fatti assolutamente degne del grande palcoscenico che si sono conquistate a sorpresa, capaci di suscitare un profondo coinvolgimento in tutti gli spettatori. Comunque la si valuti, una partita memorabile per tutti gli appassionati di tennis.

A torneo concluso, però, rimane da capire qualcosa di più su Emma Raducanu, su come sia stata possibile una impresa del genere e cosa ci sia alle spalle di una delle più fulminee ascese della storia del tennis.

a pagina 3: Emma Raducanu prima dello US Open

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