Quattro chiacchiere immaginarie con Novak Djokovic

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Quattro chiacchiere immaginarie con Novak Djokovic

Se potessimo intervistare il n. 2 del mondo sui temi caldi del tennis, cosa ci risponderebbe?

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Novak Djokovic - Dubai 2022 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Cosa penserà Novak Djokovic mentre osserva i suoi colleghi darsi battaglia sui campi di Indian Wells sui quali a lui non è permesso giocare? Per ora non lo sappiamo ma un giorno ci piacerebbe avere la possibilità di chiederglielo. In attesa di quel giorno abbiamo dato briglia sciolta alla nostra fantasia e provato a immaginare la sua possibile risposta a questa e ad altre domande.

Di seguito vi proponiamo il risultato del nostro esercizio fantastico.

RF: Novak, stai guardando Indian Wells?
ND: Certo, il mio amore per il tennis è intatto e non vedo perché non dovrei farlo.

RF: Con quali emozioni?
ND: Frustrazione, invidia, impotenza, nostalgia…scegli tu. C’è solo l’imbarazzo della scelta

RF: Rabbia..
ND: No. Quel sentimento l’ho lasciato a Melbourne dove ritengo di avere subito una grave ingiustizia. In questo caso sapevo che – salvo un miracolo – non avrei potuto partecipare e quindi non c’è rabbia dentro di me.

RF: Se sapevi che non avresti partecipato perché ti sei ritirato solo all’ultimo momento, ovvero dopo l’effettuazione del sorteggio?
ND: Perché sono un uomo di fede e nei miracoli ci credo o – se preferisci – perché credo nel mito del vaso di Pandora e quindi penso che la speranza sia l’ultima cosa a morire.

RF: Però da Miami ti sei già chiamato fuori
ND: Anche i miracoli e la speranza hanno i loro limiti.

RF: La scelta di rimanere coerente ai tuoi principi ti sta facendo pagare un prezzo salato sotto molteplici punti di vista. Hai perso la prima posizione mondiale;  uno sponsor importante ti ha di recente abbandonato. In sostanza: ne vale la pena?
ND: Ricordi il film “Momenti di gloria”?

RF: Certo
ND: Allora ricorderai che la storia narra la vicenda di Eric Liddell, che si rifiutò di correre la finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Parigi nella quale era favorito, per coerenza con i propri principi religiosi che gli vietavano di correre nel giorno del Signore, la domenica.

RF: Rinunciò anche alle staffette 4 x100 e 4 x400 per la stessa ragione
ND: Bravo, 7+. E una vicenda simile si ripeté molti anni dopo con Jonathan Edwards (mondiali di atletica di Tokyo 1991 nda) o – per restare al tennis – nell’edizione del 1973 di Wimbledon che venne boicottata da 80 atleti iscritti al tabellone principale.

RF: 81
ND: Bravo saputello: volevo vedere se eri pronto. Tornando seri: come vedi non sono il primo a rinunciare a qualche cosa di importante per restare fedele ai propri principi. Non mi sento quindi un martire. E – per favore – meno che mai un eroe. Semplicemente me stesso.

RF: Non ti viene mai voglia di dire “ma andate tutti al diavolo. Siete più voi ad avere bisogno di me che non viceversa. Mollo tutto e mi ritiro”?
ND: Sì, spesso. Ma poi penso a quel vecchio film americano in cui alla fine la protagonista dice “dopotutto domani è un altro giorno” e scaccio i cattivi pensieri.

RF: Il tuo ex coach Marian Vajda ha affermato che lui ti aveva sconsigliato di giocare alle Olimpiadi per non arrivare scarico allo US Open. Se gli avessi dato ascolta credi che ora mi troverei di fronte al terzo uomo ad avere realizzato il grande slam, dopo Budge e Laver?
ND:  Forse sì. Ma se non avessi preso parte ai giochi olimpici ti troveresti sicuramente di fronte a un uomo senza più rispetto per sè stesso. Quindi non rimpiango la mia scelta. Piuttosto, trovo strano e triste il fatto che Marian dopo tutti questi anni abbia capito così poco di me.

RF: Secondo te chi vince in campo maschile a Indian Wells?
ND: La mente dice Rafa Nadal. Il cuore sogna Andy Murray

RF: E tra le donne?
ND: Più facile convincere Medvedev a fare serve & volley che azzeccare un pronostico senza la Barthy in campo.

RF: Caro Nole, grazie per questa intervista che non c’è mai stata e arrivederci a Montecarlo.
ND: Arrivederci. Però fammi un piacere: la prossima volta presentati prima con il cognome e poi il nome. Sai com’è… quella sigla…

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