Il grande favorito per la conquista del suo quarto titolo consecutivo a Wimbledon, Novak Djokovic, dopo aver conquistato la 24esima vittoria consecutiva su erba passeggiando e tramortendo il connazionale Miomir Kecmanovic, si è presentato in sala stampa per la conferenza post partita. In realtà come spesso accade quando davanti ai microfoni dei giornalisti si trovano a rilasciare delle dichiarazioni, le stelle del tennis mondiale, ed in particolar modo dopo i match non di cartello, le domande esulano dall’andamento della partita. Se poi l’incontro in questione è stata un’autentica ripassata, con poco da commentare, allora ecco che gli esponenti della carta stampata si sentono quasi in dovere di riportare nelle loro testate, le opinioni sulle tematiche più scottanti da parte di coloro che guidano il movimento.
Così ecco che Novak, è stato sollecitato a dire la sua sulle novità più succulente che sono sbocciate nell’ultimo periodo all’interno del mondo della racchetta: la questione COVID, dopo le positività di Cilic, Berrettini e Bautista Agut in relazione alle precauzioni volute da Nadal per tutto il suo clan; l’introduzione del coaching che ha riscosso nei giorni scossi numerose e tumultuose critiche a far da contro altare a coraggiosi avanguardisti a sostegno del rinnovamento; e dulcis in fundo le tradizioni dei Championships che stanno lentamente naufragando: dalla Middle Sunday, che non sarà più sprovvista di sfide, passando per l’apertura dei cancelli del Centre Court per sessioni di allenamento prima che inizi il torneo, fino ad arrivare all’allineamento con gli altri Slam sul super tie-break al quinto set. Il fuoriclasse serbo è sembrato più del solito diplomatico, è veramente indeciso nel prendere una posizione in merito ai temi affrontati, oppure non vuole esporsi? Ai lettori l’ardua sentenza. C’è stato però anche spazio per proiettarsi agli ottavi, dove l’ex n.1 se la vedrà con la sorpresa di questo mese di tennis verde: Van Rijthoven, del quale Nole rivela di conoscere fin dai tempi junior il suo coach Igor Sijsling (è stato n. 52 ATP), suo coetaneo.
D: Vorrei chiederti della situazione relativa al COVID-19. Nadal si sta occupando di tutti gli aspetti possibili per prevenire un eventuale contagio, inoltre sta rimanendo a casa e cerca di non uscire troppo per evitare qualsiasi tipo di rischio. Tu invece come la stai affrontando, cosa stai facendo? Indossi la mascherina? Come ti stai comportando in questo momento per evitare di risultare positivo?
Novak Djokovic: “Beh, mi divido principalmente tra il tennis nell’impianto qui a Church Road e la mia famiglia, con la quale sto a casa. Non esco neanche io molto. Anche se ho visitato la città qualche volta prima che il torneo iniziasse, ma non sono, per così dire, troppo preoccupato in merito a qualsiasi situazione. Sto solo cercando di rimanere in salute, concentrato e pensare solo ed esclusivamente a giocare il torneo. Non penso all’eventualità di poter contrarre o meno il virus. In questo momento non ci sto pensando. Ma, di certo, essere cauti è qualcosa che diventa una necessità in relazione al bene di tutti, ed in particolare perché abbiamo passato ed attraversato dei momenti davvero duri e difficili negli ultimi due anni”.
D: Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi della dibattuta decisione da parte dell’ATP di consentire il coaching durante il match; una novità che prenderà il via nella seconda metà della stagione.
Novak Djokovic: “Beh, sono un po’ diviso nella mia opinione perché capisco gli argomenti di entrambi i lati. Ci sono ovviamente persone che sono contrarie, che vogliono mantenere integra l’unicità del nostro sport, e anche il fatto peculiare del tennis che un atleta individuale ha bisogno di trovare soluzioni in campo da solo senza ricevere alcun tipo di aiuto durante una partita. Dunque capisco benissimo la loro posizione. È così che è stato per molti anni. Ma allo stesso tempo sappiamo tutti che la maggior parte delle volte, nella maggior parte delle partite, il coaching accade. Perciò ufficializzare il coaching è qualcosa che capisco anche io. Probabilmente propendo di più verso quello perché comunque è sempre accaduto, quindi perché non renderlo semplicemente una regola o ufficializzare tale possibilità. Certo, a determinate condizioni, sotto determinati parametri che devi rispettare, come ad esempio che il coach può dare indicazioni al giocatore solo se è nella parte di campo dove lui risiede in tribuna; in modo tale da non disturbare l’avversario. Non so come funzionerà. Ovviamente noi abbiamo visto, con il tennis femminile negli anni precedenti, il coaching direttamente in campo. È un po’ diverso da quello che stiamo andando a fare ora. È stato interessante per i telespettatori e per tutti noi ascoltare quelle conversazioni che avvengono tra l’allenatore e la propria giocatrice. Naturalmente, da quella prospettiva, guardando la vicenda come se fossi un fan, è piuttosto interessante e divertente. Allo stesso tempo, però non è così positivo per la discrezione o la privacy di quella conversazione. Perché, qualcuno può sentire di cosa stai parlando in TV, e quindi inviare messaggi all’allenatore avversario e a tutto il suo team. Certo, da questo punto di vista è più complessa la situazione, visto che ho la sensazione che certe informazioni professionali, che si scambiano un allenatore e un giocatore, dovrebbero probabilmente rimanere private. Immagino che aspetteremo e vedremo dov’è quell’equilibrio essenziale, affinché la situazione funzioni. Perché sta per essere introdotta per la prima volta nel nostro sport, questa novità almeno a livello maschile. Quindi vediamo come va.
D: Quali sono i tuoi pensieri sul cammino straordinario di Tim Van Rijthoven, il tuo prossimo avversario?
Novak Djokovic: “Sì, l’ho visto giocare qui un paio di partite e anche in Olanda dove ha vinto il suo primo torneo ATP. Certo, è uno dei protagonisti del torneo fin qui. Nella stagione su erba non ha ancora mai perso una partita. È abbastanza impressionante per qualcuno che non è stato mai classificato così in alto, che non aveva vinto alcun match ATP prima di quel torneo a ‘S-Hertogenbosch. È piuttosto impressionante il modo in cui ha vinto. Anche contro Medvedev in finale, abbastanza comodamente. Conosco il suo allenatore, Igor Sijsling, sua madre è serba. Lo conosco da molto tempo. Siamo della stessa generazione. Siamo cresciuti insieme giocando eventi junior. Abbiamo fatto una chiacchierata l’altro giorno. Io Tim, [Van Rijthoven. Ndr] non lo conosco così bene. Come ho detto, l’ho visto giocare nelle ultime settimane. Farò la mia analisi in preparazione al match, e spero di poter iniziare come ho fatto nelle ultime partite”.
D: Wimbledon era un torneo diverso dagli altri. Ora si sta uniformando, rinunciando ad alcune sue tradizioni. A molte persone piace Wimbledon, proprio per via delle sue differenze e peculiarità
Novak Djokovic: “Vero, non è la stessa cosa, è diverso da tutti gli altri. Voglio dire, tutti noi indossiamo ancora completo e outfit bianchi. Non credo che questo cambierà mai. Forse, non lo sappiamo. Le cose stanno cambiando, il che è un bene per il torneo e per il club, perché vuol dire che sono aperti a certe modifiche e immagino anche ad alcuni aggiustamenti, a seconda dei bisogni dei giocatori o dei tifosi. O anche semplicemente considerando il tempo che stiamo vivendo ed il modo in cui la società si evolve e cambia, che è una diretta conseguenza del tempo che avanza. Ma rispetto e amo ancora Wimbledon per aver mantenuto la sua tradizione del vestire di bianco. Inoltre nessuna presenza di pubblicità sul Campo centrale. Penso che sia qualcosa che al giorno d’oggi, nel mondo, è davvero raro. Voglio dire, dopo i cambiamenti sorprendenti di quest’anno, non lo puoi mai sapere. Tutto può cambiare in futuro. Ma tutti noi sappiamo per certo che Wimbledon si attiene alla sua tradizione ed esamina molto attentamente e con assoluta accuratezza eventuali modifiche da apportare”.