Patricio Apey, ex manager di Zverev e ora di Tsitsipas: "Con me Sascha aveva sette contratti, oggi solo uno. Stef ha subito accuse ingiuste"

ATP

Patricio Apey, ex manager di Zverev e ora di Tsitsipas: “Con me Sascha aveva sette contratti, oggi solo uno. Stef ha subito accuse ingiuste”

Uno degli agenti più famosi nel circuito ha ripercorso in un’intervista a “Clay” la sua carriera: da Petr Korda (“Impossibile si sia dopato consapevolmente”) a Gaudio (“Il mio più grande rimpianto”), fino al tedesco e al greco

Pubblicato

il

Stefanos Tsitsipas - Montecarlo 2022 (foto Roberto dell'Olivo)
Stefanos Tsitsipas - Montecarlo 2022 (foto Roberto dell'Olivo)
 

A meno di rivoluzioni poco auspicabili, nel tennis non ci sarà mai qualcosa di paragonabile al calciomercato, ma non per questo gli agenti (o manager, o procuratori, o come dir si voglia) degli atleti non esistono. E non per questo, le uniche preoccupazioni dei tennisti sono i tornei da giocare, le classifiche, i match point da annullare/realizzare e così via. Che piaccia o meno, anche il tennis è business e in pochi lo sanno meglio del cileno Patricio Apey, uno dei manager più di spicco in questo mondo e specie per quanto riguarda il circuito maschile.

Solo per citarne alcuni, Apey – ora agente di Tsitsipas ma anche di Sebastian Korda – ha lavorato con Coria, Gaudio, Petr Korda, Murray e più recentemente con Zverev. Il rapporto con quest’ultimo si è interrotto in modo assai brusco nel 2019 dopo sette anni durante i quali Sascha, accompagnato dal Gruppo Ace del cileno, aveva scalato il ranking passando dalla posizione 825 alla terza. Il tedesco decise di affidarsi all’agenzia Team8 di Tony Godsick e di Federer (matrimonio durato solo due anni), ma Apey portò il giocatore in tribunale forte di un contratto che sarebbe scaduto nel 2023. Alla fine, le parti raggiunsero un accordo evitando il processo: 1,4 milioni di dollari all’agente, ma non certo ‘amici come prima’.

In una lunga intervista rilasciata al collega di Clay – Tennis Tales, Sebastian Varela, il cileno ha parlato di questo episodio e di altri momenti significativi della sua 35ennale carriera (tutt’altro che ai titoli di coda) gettando luce su aspetti che spesso rimangono all’ombra di quel velo di Maya che preclude alla vista la completa realtà delle cose del mondo del tennis.

LO ZVEREV AFFAIRE – “Quando è arrivato al numero 3 con me, con una conclusione di stagione favolosa (nel 2018, quando vinse le ATP Finals, ndr), con sette contratti pubblicitari, qualcuno lo ha convinto che l’erba del vicino è più verde. Se mi avesse detto che voleva andare con Federer, l’avrei portato da loro dicendo che è un bravo ragazzo, sensibile e di stare attenti all’ego. Comunque un passaggio del genere deve essere organizzato, non può essere che abbia deciso di tagliarmi fuori da solo. L’ho visto un paio di volte e gli ho detto che avremmo speso un sacco di soldi per le battaglie legali. ‘Se vuoi parlare, parliamo. Se non qui, hai il mio numero di telefono’. E lui non ha mai voluto parlare. E lo capisco, è giovane.

Volevo proteggere il contratto stipulato che prevedeva una percentuale. Avevo negoziato contratti per 45 milioni di dollari in quella fase: la cosa più logica era che in quella successiva avrebbero potuto valere il doppio. Lui cominciò ad andare male, sia in campo che fuori (il riferimento è ad un’altra questione che poi finì in tribunale – seppur indirettamente – e che di certo non aiutò l’immagine di Zverev: le accuse di violenza domestica da parte dell’ex fidanzata Olga Sharypova, ndr), e la pandemia rimandò il predibattimento del processo, così ci accordammo e chiudemmo la faccenda.

Le cose sono molto chiare: due anni fa aveva sette contratti e, per quanto ne so, ora gliene è rimasto uno. È un ottimo giocatore e vincerà molti Grandi Slam, ma il tempo di essere il principe prima di essere il re potrebbe essere passato. Se vince cinque Wimbledon, può cambiare le cose. È il tipico campione di tennis che sa sempre più degli altri. Le cose succedono, deve avere le sue ragioni. Quanto successo non ha cambiato la mia vita, la verità è che mi ha chiarito un dubbio. Se avessi gestito Tsitsipas e Zverev allo stesso tempo, sarebbe potuto arrivare un momento in cui avrei dovuto scegliere. Alla fine ha scelto lui per me. Gli auguro il meglio”.

TSITSIPAS, I TOILET BREAK E I MESSAGGI DI APOSTOLOS – “Sono molto felice di lavorare con lui. Se riesce a correggere alcune cose con il suo team, ha tutte le possibilità di raggiungere i suoi obiettivi. Inoltre, si interessa di fotografia, di video, è molto creativo. Preferirebbe essere un produttore cinematografico piuttosto che giocare alla PlayStation. È diverso in questo senso.

Per quanto riguarda l’episodio del toilet break sfortunatamente è stato Zverev a dire che il padre gli mandava messaggi (ciò avvenne dopo la semifinale di Cincinnati dell’anno scorso, vinta del tedesco al terzo set, ndr). Quelle accuse sono state un po’ pesanti. È stato colpito duramente da Zverev e anche da Murray in seguito agli US Open. E non è stato giusto. Stef sa di non aver barato. Suda molto e si cambia i vestiti dalla testa ai piedi. Anch’io ho guardato la foto (quella in cui si vedeva papà Apostolos chattare, ndr) e ho detto ‘fuck’. Il padre stava parlando con la madre e Stef non aveva portato con sé il cellulare. Quello che la gente non sa è che lui stesso ha scritto una lettera al consiglio dell’ATP perchè si sentiva responsabile, per chiedere di chiarire la regola del bagno in modo che i giocatori, la televisione, gli sponsor e il pubblico potessero capire cosa diceva la regola, che era molto aperta. Per fortuna è stata corretta”.

PETR KORDA, IL DOPING E IL FIGLIOCon Petr siamo stati insieme nella buona e nella cattiva sorte. La positività al doping fu dopo aver giocato con Henman a Wimbledon. Nessuno sa da dove sia venuto. Metto la mano sul fuoco e quella di mio figlio che non era capace di ciò. Nel 2001 avevo Guillermo Coria, che è risultato positivo all’età di 19 anni. Lo conoscevo da quando aveva 12 anni: non era in grado di fare nulla di sbagliato. Si trattava di nandrolone, uno steroide. Con Coria abbiamo trovato la pistola fumante: un integratore di creatina contaminato. I problemi di contaminazione possono capitare. Guardate il caso dell’ATP nel 2002-2003: 27 giocatori sono risultati positivi proprio a questa sostanza per colpa pillole che gli erano state date e che non sapevano essere contaminate. Tutti loro sono stati lasciati liberi. Quindi, Petr nel ‘98 deve aver fatto uso di creatina o di qualcosa di contaminato. Era magro, il nandrolone lascia gonfi. Si usa anche per recuperare più velocemente dagli infortuni e lui non ne aveva.

Petr è per metà genio e per metà pazzo. Aveva dei metodi assurdi. Per esempio, non permetteva al figlio Sebastian di giocare sul duro. Al massimo un torneo al mese. Lo faceva allenare sulla terra battuta perché voleva che imparasse davvero a giocare a tennis. Sono andato a vedere Seba a un Orange Bowl quando aveva 12 anni e l’ho trovato un Marat Safin 2.0. ‘Se non trovo un modo per rovinarlo, Seba sarà migliore di me’, mi disse Petr.

IL RIMPIANTO GAUDIO – “In questa carriera (quella di manager, ndr) gli alti sono alti e i bassi sono bassi. Ero vicino a voler smettere. È stato intorno al 2004-2005. Lavoravo con Gaston Gaudio, che aveva vinto il Roland Garros. Di solito, la vittoria di un Grande Slam è  una cosa enorme. Ma purtroppo per lui, quando ha vinto, non ha avuto un boom economico con gli sponsor. È uno dei rimpianti della mia carriera: aver avuto un vincitore Slam e non essere riuscito a fargli fare il salto a livello economico.

Avevo stilato il contratto con Diadora in modo che il momento di rinegoziare fosse dopo il Roland Garros, perché pensavo sarebbe arrivato in semifinale battendo Agassi, ma poi vinse il torneo e allora pensai di essere un genio. In quel momento ho chiamato Alessandro Tacchini, il figlio di Sergio. Un marchio che è sempre stato nel tennis con i numeri uno, McEnroe, Sampras, Sabatini, Hingis. Ma non sono riuscito a dire la “G” di Gaudio che lui subito ‘Patricio, non parlarmi di tennis. Parlami di vela, di altre cose’. Il contesto era pessimo. C’era meno attenzione per il tennis, perché non c’era un numero uno dominante, né una rivalità consolidata come Sampras-Agassi. Oggi, vincere il primo Grande Slam a 26 anni è normale. All’epoca ci si avvicinava già alla fine della carriera. Poi i soldi sono aumentati e i tennisti hanno iniziato a investire nel loro benessere, assumendo fisioterapisti personali”.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement