La rivelazione del padre di Gauff: "Se non fosse per Venus e Serena, Coco non giocherebbe a tennis"

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La rivelazione del padre di Gauff: “Se non fosse per Venus e Serena, Coco non giocherebbe a tennis”

“Serena, Venus, Serena, Venus. Era tutto quello che vedevo in TV da piccola. Io e il mio allenatore guardavamo soltanto le loro partite”

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Cori Gauff e Venus Williams - Wimbledon 2019 (Roberto Dell'Olivo)
 

Cori “Coco” Gauff ha 18 anni. È bene ricordarlo perché chissà che qualcuno ogni tanto se lo dimentichi. Nata a Delray Beach il 13 marzo 2004, attualmente occupa la posizione numero 12 del ranking WTA di singolare (a luglio è stata anche n°11) ed è la numero 1 del mondo nelle classifiche di doppio. In carriera ha già vinto 7 titoli – due in singolare e cinque in doppio – raggiungendo quest’anno la sua prima finale Slam in singolare, dove al Roland Garros è stata sconfitta dall’inarrestabile Iga Swiatek (a livello di doppio ne ha già disputate due, entrambe perse, sempre quest’anno all’Open di Francia e la scorsa stagione allo US Open).

Non tutti possono vantare tre finali in un Major a 18 anni, ma per chi è cresciuta nel mito delle sorelle Williams non poteva essere altrimenti. Lei che, a neanche 15 anni e mezzo, è stata la più giovane tennista dell’era Open ad avere raggiunto il tabellone principale di Wimbledon passando dalle qualificazioni. E che all’esordio a Church Road ha battuto – ironia della sorte – proprio Venus Williams.

In un’intervista rilasciata a ESPN, c’è un passaggio molto interessante anche su quello storico match: “Quando ho vinto contro Venus a Wimbledon l’ho ringraziata e le ho detto che senza di lei non sarei stata lì. È stato un sogno: ho sempre sognato di poter giocare un giorno contro le Williams, ma credevo che si sarebbero ormai ritirate quando io sarei entrata nel circuito. Non pensavo di poter vincere quella partita”.

Il motivo è molto semplice: Serena, Venus, Serena, Venus. Era tutto quello che vedevo in TV da piccola. Io e il mio allenatore guardavamo soltanto le loro partite, non mi interessavano gli altri match. La televisione del salone veniva monopolizzata non solo dal tennis, ma da due giocatrici che hanno marcato in modo indelebile più di una generazione. Compresa, ovviamente, il miglior prodotto dell’ultima: Cori Gauff. Non possono dunque sorprendere le parole del padre e allenatore Corey: Se non fosse stato per Serena e Venus, Coco oggi non sarebbe una tennista.

La pressione di un paese intero non può che condizionare, almeno in parte, le prestazioni di una giovane promessa. A cui, tuttavia, all’inizio le grandi aspettative sembravano piacere: “Per molto tempo scendevo in campo volendo essere la prossima grande statunitense, la prossima Serena. Però non gioco a tennis per questo. Prima dicevo spesso di voler diventare la più grande di tutte perché era quello che la gente voleva sentire, ora invece lo dico perché è quello che voglio davvero“.

Non è facile passare un’adolescenza sotto i riflettori, ma già nel giro di due/tre anni le prospettive di Gauff sono cambiate. È stata decisiva, in tal senso, la già citata sconfitta in finale a Parigi, in cui Swiatek le ha lasciato appena quattro game: “Mi sono resa conto che la vita va ben oltre il tennis, la vittoria e la sconfitta. La vita va vissuta al meglio: non voglio arrivare a dovermi pentire perché non mi sono goduta abbastanza ogni giorno, focalizzandomi troppo sui miei risultati. I miei obiettivi sono esattamente gli stessi, ma la mentalità dietro di essi è cambiata. Voglio riuscire a sfruttare anche i momenti più duri.

A proposito di una vita oltre il tennis, la giovane statunitense sente la responsabilità di essere un personaggio pubblico, di poter pronunciare parole importanti. “Non voglio essere ricordata soltanto per essere stata una buona tennista, ma anche per essere stata una buona persona. Mio padre mi ha sempre detto che avrei potuto cambiare il mondo con la racchetta. Non capivo a che cosa si riferisse quando ero più piccola, ma aveva ragione: il tennis è un altoparlante che permette di arrivare a molte persone. Non è mai stato uno sport in cui gli atleti si esprimevano circa determinati temi, men che meno in relazione ad altri sport. Io, però, sento che non pronunciarmi su nessun argomento sarebbe totalmente irresponsabile da parte mia“.

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