Holger Rune: "Voglio diventare n.1, ci proverò già in Australia. Posso battere chiunque, ma c'è ancora da lavorare"

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Holger Rune: “Voglio diventare n.1, ci proverò già in Australia. Posso battere chiunque, ma c’è ancora da lavorare”

Le parole del danese a La Stampa: “Ad aprile giocavo ancora i Challenger. La svolta è arrivata a Monaco di Baviera. E ora gli obiettivi sono cambiati”

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Holger Rune - Bercy 2022 (foto Twitter @atptour)
 

L’autunno tennistico del 2022, e su questo non ci piove, verrà certamente ricordato per l’impressionante stato di forma mostrato da Felix Auger-Aliassime, e la sua striscia di 16 vittorie consecutive, interrottasi nella semifinale del 1000 di Parigi Bercy. Ma l’altro volto che è prepotentemente affiorato negli ultimi mesi, e che si è preso sempre più le luci della ribalta, è quello di colui che ha negato la diciassettesima vittoria di fila e la prima finale 1000 al canadese, e cioè Holger Rune. Il danese, vincitore di due tornei in tre settimane (in mezzo la finale di Basilea persa proprio contro Auger), a Stoccolma e soprattutto a Bercy, che lo ha proiettato in top 10, sarà tra i più attesi al definitivo salto di qualità nel 2023. Intanto, però, Holger si gode, come prima riserva alle Finals, una settimana a Torino tra i grandissimi, in cui ha avuto anche occasione di rilasciare interessanti e grintose dichiarazioni a Stefano Semeraro su La Stampa.

Non dimentichiamo che Rune ha iniziato l’anno da n.103 del mondo, e dunque aveva inizialmente obiettivi ben diversi da quelli che ha invece clamorosamente centrato: “Ad inizio 2022 l’idea era di entrare tra i primi 25, non avrei mai immaginato di arrivare ad un passo dalle Finals, ma lo sport è fatto così. Ora gli obiettivi sono cambiati: punto a diventare n.1 del mondo. Ci proverò sin dall’Australia, ho un grande team“. Ha inizialmente giocato molto nel circuito Challenger il danese, vincendone anche uno in Italia, a Sanremo, in finale contro Passaro. Poi, a metà primavera, l’improvviso cambio di rotta: “Ho capito che sarebbe stato un grande anno a Monaco, dove ho vinto il mio primo titolo, battendo al secondo turno Zverev. Poi a Parigi sono arrivato ai quarti superando Tsitsipas e ho realizzato che potevo battere chiunque. É una questione di fiducia, se stai rilassato e ti alleni bene, è più facile che i colpi entrino, è questo che mi sono detto“.

Quando emergono giocatori così forti in già giovane età, i paragoni si sprecano, e non pochi vedono stimmate di Djokovic in Rune, che proprio contro il serbo ha ottenuto il sigillo della carriera (finora): “Novak è il più forte che ho mai affrontato. Forse ci avviciniamo perché giochiamo bene il rovescio incrociato e scivoliamo bene sul campo, ma è un paragone che non mi piace“. Parole che grondano umiltà e voglia di emergere quelle del danese, che ha anche bei rapporti con gli altri giovani attualmente al top nel circuito, compresi alcuni dei nostri azzurri: “Con Musetti sono cresciuto, è bello vedere giovani come me, Lorenzo, Alcaraz e Sinner arrivare in vetta al tennis. Vuol dire che anche noi sappiamo giocare bene, non solo i vecchi. Mi piacerebbe se potessimo diventare i nuovi Fab Four. Sono contento di far parte di questo gruppo. Ma Djokovic e Nadal sono ancora in circolazione, e devi farci i conti. Rafa ha vinto due Slam e Novak uno, e vanno in finale in quasi tutti i tornei. Noi però abbiamo davanti una carriera molto lunga“.

Fuori dal campo mi sento addosso 19 anni, a volte anche 16“, commenta Rune riferendosi alla sua ancora ben giovane età (farà 20 anni solo ad aprile), “in campo, se do il massimo, anche 30. Prendo le decisioni giuste, piazzo il break quando serve. Ed è bello poter scegliere se avere 19 o 30 anni. Quando affronti gente tipo Djokovic è meglio essere “più vecchi”, perché contro basta fare due errori di fila e te ne penti, ma ho dentro anche la fame di vittoria di un ragazzo, e lo si vede da come festeggio“. Infine, era impossibile non strappare una dichiarazione sull’attuale n.1 al mondo Carlos Alcaraz, amico e coetaneo del danese (un altro dei cinque top 10 battuti da Rune nel capolavoro della vittoria a Bercy), visto con rispetto, e con l’ambizione, la voglia di lavorare, ben presenti in testa per raggiungere quei livelli: “Non gioco per essere meglio di lui, ma per essere il più forte che posso. Carlos ha meritato di essere n.1, anche io voglio arrivare al top. Sono numero 10, ma ho ancora tanto da lavorare“.

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