Shapovalov senza giri di parole: "Il gender gap non va ridotto, non deve proprio esistere"

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Shapovalov senza giri di parole: “Il gender gap non va ridotto, non deve proprio esistere”

Il canadese, fidanzato con la numero 150 del mondo Bjorklund, ha scritto un lungo articolo sulle disuguaglianze di genere nel mondo del tennis: “Mirjam mi ha aperto gli occhi”

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Denis Shapovalov - Australian Open 2022 (foto Facebook Australian Open)
 

Oggi è la Giornata Internazionale della Donna. Riflettere sulle disuguaglianze di genere è ancora più doveroso in occasione di questa ricorrenza ed è quello che ha fatto pubblicamente Denis Shapovalov. Ad ospitare il suo pensiero è stato The Player’s Tribune, la piattaforma che dà spazio a storie raccontate in prima persona da atleti professionisti. In un lungo articolo, il giocatore canadese ha parlato della sua esperienza e di quella della sua fidanzata Mirjam Bjorklund, anche lei tennista e attualmente numero 145 del mondo, concentrandosi sull’uguaglianza di sacrifici a cui si contrappongono differenze sostanziali di prize money e non solo tra uomini e donne.

IL GAP DI PRIZE MONEY – “Quando ho iniziato a giocare, davo per scontato che i professionisti uomini e donne fossero trattati allo stesso modo. Era una cosa sensata, no? Voglio dire, perché dovrebbe essere diverso? Poi ho incontrato la mia ragazza, Mirjam Björklund, e lei mi ha aperto gli occhi”. Inizia così la riflessione di Denis che ha poi riportato un esempio concreto di disuguaglianza: “L’anno scorso si è qualificata per un WTA 250 […]. Ho detto a Mirjam: ‘Oh, fantastico! Avrai almeno 7.000 dollari solo per essere nel main draw’. Lei mi guardò come se fossi completamente estraneo al tennis. Non lo dimenticherò mai. Mi disse: ‘Denis… credo che siano circa mille dollari’. E io: ‘Ma di cosa stai parlando? Com’è possibile?’. Non ha alcun senso. [… ] Nel tennis le spese sono folli: si viaggia tutto l’anno, si alloggia in hotel, si paga lo staff che ti allena. Le grandi star non devono preoccuparsi di questo, ma per molti giocatori il prize money non è un modo per ottenere una bella somma di denaro extra. Si tratta di sopravvivere”.

Insomma, le spese sono molto simili, le entrate tutt’altro. E Shapo allora sentenzia così: “Purtroppo sembra che se sei una giocatrice le tue possibilità di sopravvivere come professionista siano molto più basse… perché sei una donna. Per il canadese la giustificazione addotta da alcuni secondo cui il tennis femminile è poco seguito e vende di meno non regge: “Quando vado alle partite gli stadi sono pieni. Ho scattato una foto degli spalti quando Mirjam ha affrontato Daria Saville al WTA 250 di Washington, D.C., nell’agosto dello scorso anno. Era pieno di gente. La partita era di un’intensità pazzesca. […]. In quel torneo c’erano giocatrici come Jessica Pegula. La vincitrice ha guadagnato 33.200 dollari. Può sembrare molto, ma immaginate quanti anni di duro lavoro sono necessari per vincere un torneo del genere. È una follia. Poi fate un paragone con il tennis maschile. Lo scorso settembre sono arrivato in finale nel 250 di Seul. Ho perso in finale e ho portato a casa 100.000 dollari. Non è neanche lontanamente paragonabile!”.

L’ADOLESCENZA E I SACRIFICI DI SHAPO – L’attuale numero 30 del mondo ha poi ripercorso gli anni della sua adolescenza come testimonianza dei sacrifici economici e delle rinunce che l’investimento sul tennis impone per poter intraprendere una carriera tra i professionisti. Sono state due le figure senza le quali Denis difficilmente ce l’avrebbe fatta: la madre Tessa e un allenatore di nome Adriano.

Quando avevo 10 anni, la Federazione canadese mi invitò a un programma di allenamento nazionale. I maestri non conoscevano il mio gioco. Ogni volta che mia madre diceva loro qualcosa sul mio modo di giocare, loro la ignoravano. Non accettavano i suoi consigli. Era assolutamente senza senso. Dopo un paio di mesi, i miei risultati stavano ovviamente peggiorando e decidemmo di andarcene. A ripensarci adesso, fa davvero schifo. Era un’ex giocatrice della nazionale sovietica. Aveva vinto campionati nazionali. Aveva allenato un giocatore di talento e conosceva il mio gioco meglio di chiunque altro. Allora perché nessuno le dava retta? Perché non veniva presa sul serio? Forse perché era una donna?”.

Senza aiuti da parte della Federazione, non fu facile per la famiglia Shapovalov continuare a sostenere la crescita di Denis (“I miei genitori mi hanno persino detto di smettere di scivolare sul campo perché stavo bucando le scarpe e non potevamo permetterci di comprarne sempre di nuove – ricorda il mancino nato a Tel-Aviv), ma Tessa non voleva che il figlio si ritrovasse davanti gli stessi impedimenti che avevano fermato lei: “Quando mia madre giocava in Unione Sovietica, sentiva di non avere l’opportunità di realizzare il suo potenziale a causa del denaro. Così ha dedicato la sua vita a darmi le possibilità che lei non ha avuto. Ha affittato un magazzino e ci ha messo due campi da gioco. Questa era la mia nuova accademia”.

Shapo ricorda con piacere anche i metodi “brutali” di Adriano: “Mi faceva uscire alle 11 di sera per fare cesti servizio fino a mezzanotte passata. Una sera ero così stanco che mi sono messo a piangere. Dicevo: ‘Non ce la faccio più. Possiamo andare a casa per favore?’. Adriano mi disse: ‘Certo, possiamo… ma poi dovrai convivere con la consapevolezza di non essere riuscito a portare a termine tutto questo’. Mi costringeva a prendere una decisione. Mi diceva: ‘Se vuoi essere un campione, devi fare questi servizi. Roger e Rafa colpirebbero questi servizi. Resterebbero qui tutta la notte’.

La motivazione più grande per Shapovalov durante quegli anni veniva dal fatto che la Federazione non credesse in lui: “Avevo una gran voglia di dimostrare che si sbagliavano. Affrontavo ogni partita come se in gioco ci fosse la mia carriera […]. Gioco ancora come quello che è stato scartato e che ha tutto da dimostrare. La prossima volta che vedrete il mio fuoco e la mia passione in campo, ricordatevi da dove viene”.

È questo il motivo per cui Denis non riesce a tollerare le disuguaglianze e le discriminazioni. Perché arrivare a certi livelli è complicatissimo, è una sfida contro gli scenari più probabili, contro qualsiasi previsione razionale. Lo è per un ragazzo e allora Shapo chiede “riuscite a immaginare quanto sia più difficile per le donne?”. “Gli Slam stanno andando bene. È fantastico anche che la WTA (che di recente ha stretto due importanti partnership commerciali con Morgan Stanley e con la CVC Capital Partners, fondamentali nell’ottica di riorganizzare aspetti di marketing e incrementare i prize money, ndr) abbia reso obbligatoria l’ospitalità gratuita e abbia aumentato il montepremi dei tornei Challenger. Le cose stanno andando nella giusta direzione. Ma nel complesso il divario è ancora enorme. Smettiamola di parlare di riduzione del gap di genere. Se vogliamo che il tennis sia equo, non dovrebbe esistere affatto”.

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