I 53 anni di Andre Agassi, Dottor Jekyll e Mister Hyde del tennis pre Fab4

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I 53 anni di Andre Agassi, Dottor Jekyll e Mister Hyde del tennis pre Fab4

Dal titolo sacrificato al Roland Garros per non far cadere il parrucchino all’uso di droga, fino alla risalita e alla stabilità: un tornado americano di nome Andre Agassi

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Il 29 aprile è una giornata di compleanni importanti nel mondo del tennis. Rischia, a dire il vero, di diventare in futuro un giorno da circoletto rosso sul calendario: dipenderà soprattutto da quanto in là si spingeranno nelle loro carriere Holger Rune, oggi 20enne, e la promettentissima russa Mirra Andreeva, che prima di spegnere oggi 16 candeline ha già battuto una top15. Tra i grandi del passato la data odierna porta il nome di Andre Agassi, lontano dai campi da quasi 17 anni, che compie 53 anni.

“Apro gli occhi e non so dove sono o chi sono. Non è una novità: ho passato metà della mia vita senza saperlo. Si apre con queste due frasi Open, capolavoro autobiografico tanto attraente e controverso quanto colui di cui vengono dettagliatamente narrate la vita da star e le imprese sportive, ma anche messi a nudo i tanti difetti e i diversi punti deboli. Andre Agassi ha vinto tutto: è stato il primo giocatore della storia a completare il Golden Slam, conquistando tutti e quattro i titoli Major e l’oro olimpico in singolare, arrivato ad Atlanta nel 1996. Ma ha anche attraversato molti momenti bui, a volte tentando di nasconderli, altre lasciandosi semplicemente sopraffare.

La vita dello statunitense è stata per molto tempo una continua lotta interna, alla ricerca di un’indentità a lungo soppressa dalle incessanti dispute tra il suo lato Jekyll e tra quello Hyde. Del resto, era difficile immaginarsi il contrario da una persona che, fin da piccolo, è stato obbligato a fare qualcosa che non gli piaceva. Emanoul Aghasi, originario dell’Armenia, è il padre di quattro figli. Uno di essi dovrà diventare il futuro n°1 del tennis: la scelta ricade sul più giovane. Fin dai primi tempi il loro rapporto è totale, a metà tra l’amore fra papà e figlio e la distanza tra capo e suddito, ampliata sempre più anche dal famoso Drago sparapalle, la macchina costruita appositamente da Emanoul per allenare forzatamente Andre. Un distacco che, pian piano, diventa timore e a tratti odio, non soltanto verso la figura del padre-padrone ma anche verso quello sport di cui doveva diventare campione.

Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore. Eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi, non ci riesco. Del tennis Agassi diventerà non soltanto un campione, ma uno dei giocatori più forti di tutti i tempi. Il prezzo da pagare, tuttavia, sarà elevato. Per qualche tempo il Kid di Las Vegas ha cercato di nascondere il suo lato oscuro, riuscendoci fino ad un certo punto.

Talvolta con la collaborazione altrui, come quando assunse consapevolmente metanfetamine di tipo Crystal, raccontando all’ATP di aver bevuto accidentalmente un drink corretto dopo essere stato trovato positivo ad un controllo antidoping. Il massimo organo del tennis maschile a livello mondiale, consapevole del grande apporto a livello d’immagine che era in grado di fornire Andre, scelse di chiudere un occhio (e forse pure tre o quattro).

Altre volte fu lui stesso a rischiare di scoperchiare il vaso di Pandora, come quando alla vigilia della finale del Roland Garros 1990 rischiò di mandare in fumo l’immagine che tutto il mondo aveva di lui. Quell’immagine che gli aveva permesso di diventare un sex symbol dell’epoca – consentendogli di firmare importanti contratti di sponsorizzazione – e che, nel giro di poche ore, avrebbe rischiato di cancellare drasticamente.

Tra il suo primo titolo al Roland Garros e la parrucca Andre scelse la seconda. Una scelta dettata anche dai 20 anni e dall’incapacità di gestire pressioni enormi, provenienti non soltanto dall’esterno ma anche (e soprattutto) dall’interno. Il trofeo andò all’ecuadoregno Andres Gomez, che vinse poiché Agassi aveva paura di muoversi troppo e di perdere il parrucchino “fissato con 20 fermagli e che rischiava di dissolversi la sera prima della finale”, come poi lui stesso ammise – frantumando così l’idea che il pianeta aveva di lui.

Qualche anno dopo fu la prima moglie Brooke Shields, famossisima modella e attrice statunitense, a convincerlo a sbarazzarsi dei suoi (finti) capelli. “Appena finito di rasarmi ho toccato la mia testa pelata, mi sono guardato allo specchio e ho riso. Davanti a me c’era una persona estranea”. La metamorfosi di Agassi durò 11 minuti, il tempo necessario per mostrarsi al mondo senza filtri. Fu una delle scelte migliori prese insieme a Shields, con cui il controverso matrimonio resistette appena due anni, nei quali Andre attraversò nuovamente momenti bui e retrocedette fino al n°141 del ranking.

La svolta definitiva arrivò al fianco di Steffi Graf, che meglio di tutti poteva capire le sue necessità e con cui ebbe anche due figli. Una stabilizzazione necessaria che riportò Agassi nel suo luogo di appartenenza, ossia ai vertici del tennis mondiale. Quasi cinque anni dopo il matrimonio arrivò il ritiro di Andre, nel frattempo vincitore di 8 Slam e 60 titoli ATP, che fu però ben più doloroso di quanto immaginato. Il tennis ormai era diventato parte integrante della sua vita e allontanarsi da esso fu molto più faticoso del previsto.

Non fu liberatorio come probabilmente l’ex n°1 del ranking si attendeva. Fu altresì un processo lento, quasi di disintossicazione. Per uno dei personaggi più controversi che il tennis abbia mai sperimentato e che, davvero, se non fosse esistito sarebbe dovuto essere inventato.

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