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L’Australian Open del 2021 non ci consegnò solo il 18esimo titolo Slam di Djokovic ma regalò anche un nuovo giocatore al tennis di vertice – o almeno così sembrava: Aslan Karatsev, all’epoca 27enne e numero 114 del mondo prima di quelle due settimane epiche. Era il suo primo Slam, se lo guadagnò superando le qualificazioni e si spinse fino alla semifinale (dove fu battuto proprio da Djokovic), mettendo a segno una serie spropositata di record. Primo giocatore a raggiungere una semifinale Slam al debutto in un tabellone Major nell’Era Open; quinto a raggiungere le semifinali in uno Slam da qualificato; il secondo a farlo all’Australian Open; semifinalista con la classifica più bassa da Wimbledon 2001 (il torneo di Ivanisevic, per intenderci). E così via. Non tutti, però, erano convinti che Aslan si sarebbe confermato e ci si chiedeva quindi se, a posteriori, quell’exploit sarebbe rimasto un fuoco di paglia o diventato la prima tappa di un’ascesa ancora lunga.
Sono passati quasi due anni e mezzo e, incredibilmente, non abbiamo ancora una risposta univoca. Pensavamo di essere arrivati alla soluzione dell’enigma fino a qualche giorno fa e, invece, come in un romanzo giallo, ecco un nuovo colpo di scena che rimette tutto in discussione in attesa di indizi più solidi.
Il percorso di Karatsev
IL DOPO AUSTRALIAN OPEN – I mesi successivi alla semifinale a Melbourne parlavano di un giocatore che, dopo un’accelerazione improvvisa, si stava assestando a ritmi meno vertiginosi ma comunque ottimi in un contesto totalmente nuovo: l’élite del tennis mondiale. Vittoria dell’ATP 500 di Dubai a marzo (dopo aver eliminato, tra gli altri, Sinner e Rublev), finale a Belgrado persa contro uno splendido Berrettini dopo l’affermazione su Djokovic in semifinale, altri successi qua e là su top 10 e trionfo nel torneo di casa a Mosca a fine stagione, conclusa addirittura da numero 18 del mondo (il suo best ranking è salito poi fino al numero 14).
UN 2022 DA DIMENTICARE – Questi risultati gli valsero anche il premio di “Most Improved Player” (il più migliorato) del 2021. Nella scorsa stagione, però, se ci fosse stato anche il titolo di “più peggiorato”, Aslan avrebbe concorso per quello. Se nel 2021 aveva collezionato 37 vittorie a fronte di 20 sconfitte, l’anno scorso il russo ha chiuso con un bilancio disastroso di 18 successi e ben 31 partite perse. La sua stagione, a dire la verità, era iniziata anche bene, forse grazie a quella stessa aria australiana che lo aveva fatto conoscere al mondo del tennis 12 mesi prima: 6 vittorie consecutive di cui 4 a Sydney, dove ottenne il suo terzo titolo ATP. Da lì in avanti praticamente nessun altro momento positivo (solo tre quarti di finale, tutti persi) e una discesa in classifica irrefrenabile, proseguita fino a due settimane fa.
NESSUNA INVERSIONE DI TENDENZA A INIZIO 2023 – Prima del torneo di Monaco di Baviera di metà aprile, Karatsev era finito alla posizione numero 129 del ranking: la più bassa per lui dall’agosto del 2020 (!). Dopo un discreto risultato a Pune – semifinale – nella prima apparizione del 2023 e prima di arrivare a Madrid, dove sta stupendo tutti per la seconda volta, Aslan aveva vinto cinque partite di cui solo una in un main draw ATP (proprio a Monaco). Sei eliminazioni al primo turno, di cui una addirittura nel Challenger di Sanremo per mano del qualificato belga Coppejans, e 8 sconfitte su 10 nei match giocati contro giocatori della top 100.
Insomma, dopo un anno tra i grandi, Aslan era tornato in una dimensione molto simile a quella vissuta fino ai 27 anni: anonimato, seppur con in tasca i 550 mila euro della semifinale all’Australian Open e i guadagni successivi, derivanti anche dall’aver vinto, nel frattempo, una Coppa Davis, un ATP Cup e un argento olimpico nel doppio misto.
IL NUOVO EXPLOIT – La sentenza su Karatsev sembrava così passata irrimediabilmente in giudicato: meteora, senza appello. E invece no, Aslan si è meritato con forza la revisione del processo. Ancora una volta partendo dalle qualificazioni, il russo ha raggiunto una semifinale molto più che semplicemente inaspettata (approfittando sì di un tabellone favorevole ma battendo anche teste di serie come Van de Zandschulp, De Minaur e soprattutto Medvedev) e in questo caso le prospettive di arrivare in finale sono concrete: sul centrale della Caja Magica di Madrid non avrà di fronte un numero uno del mondo come gli era successo sulla Rod Laver Arena a Melbourne, ma un outsider come lui, Jan Lennard Struff, ripescato dopo essere stato eliminato al turno decisivo delle quali proprio da Aslan: un incredibile scherzo del destino (per chi se lo stesse chiedendo era già successo che un match giocato nelle qualificazioni avesse una replica nella semifinale del main draw: l’ultima volta è capitato nel 2020 a Rio con protagonisti il nostro Gianluca Mager e Attila Balazs).
Come spiegare il mistero Karatsev?
Posto che, a questo punto, è impossibile fare pronostici sul futuro dell’imprevedibile Karatsev, la domanda diventa un’altra: questo secondo passaggio dall’anonimato, dalla mediocrità a un risultato di grandissimo livello e prestigio è spiegabile in qualche modo o va categorizzato come uno dei misteri del tennis?
LA TERRA DI MADRID – Senza voler accantonare a tutti i costi la componente irrazionale, qualche spiegazione logica c’è. Partiamo da quella meno esaustiva: le condizioni di gioco di Madrid sono le migliori, almeno per quanto riguarda i tornei sul rosso, per il tennis del russo. Grazie anche all’altura, la terra è piuttosto rapida, forse anche di più rispetto ad alcuni campi in cemento su cui si gioca durante l’anno. Come detto, però, questo dato di fatto non spiega tutto il mistero Karatsev, che nella scorsa edizione del Mutua Madrid Open era stato eliminato al primo turno da Goffin.
I PROBLEMI PERSONALI – Possiamo provare quindi ad affidarci alle dichiarazioni dello stesso Aslan: “Ci sono sempre degli alti e dei bassi anche se nel mio caso i bassi sono stati… molto bassi, anche perché c’erano di mezzo delle questioni personali che non voglio svelare pubblicamente. Quando ti ondeggia in testa questo genere di pensieri poi sul campo è difficile pensare al tennis [ricordiamo anche che secondo la tv tedesca ZDF, il russo era stato indagato per possibile match-fixing, ndr]. Quando tutto si è sistemato mi sono potuto rilassare, e alla fine dell’anno scorso sono riuscito anche ad allenarmi e giocare meglio insieme al mio vecchio coach, quello degli Australian Open 2021 [Yahor Yatsyk, ndr]. Questi due anni sono stati una grande esperienza per me e ora sono più calmo e concentrato”.
LO STILE DI GIOCO – Insomma, le difficoltà del 2022 sono state legate (anche) a problemi personali e al cambio – decisamente infruttuoso – di allenatore. Neanche queste due spiegazioni, però, esauriscono la questione. Manca infatti l’elemento probabilmente più rilevante: lo stile di gioco di Karatsev, il suo tennis piatto, potentissimo e per questo motivo insostenibile sul lungo periodo. Con un gioco così è piuttosto naturale che non ci siano vie di mezzo tra la caterva di errori e quella di vincenti (se state pensando a Camila Giorgi è normale) e quindi anche tra le tante sconfitte e gli exploit di questo genere. Contro De Minaur, Medvedev e Zhang, Aslan ha messo insieme un totale di 93 vincenti, mentre nessuno di questi avversari è andato in doppia cifra. Siamo di fronte a numeri che ricalcano quelli dell’Australian Open 2021 e che dimostrano che quando Karatsev è in giornata e in fiducia vale i primi 20/30 giocatori del mondo.
C’è un altro russo, con uno stile simile, che è riuscito a stabilirsi nella top 10 ed ha recentemente vinto un 1000: Andrey Rublev. Se ce la possa fare anche il nostro amico Aslan rimane impossibile da dire. Intanto, però, è a due partite dall’imitare il connazionale per quanto riguarda il secondo traguardo.