Dopo Djokovic e il carcere Becker torna nel mondo del tennis. Da Ivanisevic a Moya, gli altri ex divenuti grandi anche in panchina

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Dopo Djokovic e il carcere Becker torna nel mondo del tennis. Da Ivanisevic a Moya, gli altri ex divenuti grandi anche in panchina

Tutti i migliori dell’era recente si sono affidati al super-coach. Non solo i big3, prima Murray e Wawrinka, ora Alcaraz e Rune

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Boris Becker nel team di Holger Rune (foto Instagram @holgerrune)
Boris Becker nel team di Holger Rune (foto Instagram @holgerrune)
 

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Pochi giorni fa anche gli ultimi rumors sono stati confermati: Boris Becker sarà il nuovo coach di Holger Rune. Un annuncio arrivato indirettamente già con una foto postata su Instagram dallo stesso danese, che per quanto sia in crisi di risultati – ha perso 10 delle ultim 11 partite disputate – resta uno dei giocatori più promettenti in ottica futura. Futura, certo, ma anche presente, come dimostrato lo scorso anno con la clamorosa vittoria al Masters1000 di Parigi Bercy. In ordine, Holger ha battuto Wawrinka (annullando tre match point), Hurkacz, Rublev, Alcaraz, Auger-Aliassime (reduce da 16 successi consecutivi) e Djokovic in finale.

Anche il 2023 non era cominciato male, senza titoli ma con buoni piazzamenti nei primi mesi sul cemento. Poi arriva la terra, con il titolo a Monaco e due finali ‘1000’ a Monte-Carlo e Roma, prima di fermarsi ai quarti del Roland Garros. Quarti che Rune raggiungerà anche a Wimbledon, fermato da Alcaraz e da qualche accenno di fastidio alla schiena. Problemi che lo tormenteranno a lungo, eppure lui non smetterà mai di giocare, andando addirittura a competere in Hopman Cup (sulla terra, una settimana dopo i Championships). Da lì, più il nulla. Dai quarti di Wimbledon inclusi ad oggi l’attuale n°6 del mondo ha vinto la miseria di cinque set, arrendendosi di fronte a giocatori tutt’altro che imbattibili (per uno come lui) come Giron, Carballes Baena, Monteiro o la versione 2023 di Brandon Nakashima, contro cui ha subito la sconfitta più pesante della sua giovane carriera.

Fermarsi un paio di mesi certo avrebbe aiutato, anche se ormai i problemi del 20enne danese sembrano più di natura mentale che fisica. Serviva un cambio di rotta importante e Holger ha individuato in Becker il capitano migliore per pilotare uno yacht che improvvisamente ha assunto le sembianze di una barca a remi. Però lo yacht rimane yacht e la barca a remi è solo una barca a remi (semicit): al sei volte campione Slam spetterà il non semplice compito di (ri)dare lustro ad un’imbarcazione che, viste le potenzialità, non può arenarsi.

Dopo i difficili mesi trascorsi in prigionenessuno mi chiamava per nome o per cognome, ma solo con il numero di matricola: a nessuno frega niente di chi sei – Becker è quindi pronto a tornare a respirare tennis. “Spero di aiutare Holger a qualificarsi per le Nitto ATP Finals di Torino, questo è il grande obiettivo” – aveva dichiarato recentemente il 55enne teutonico durante il podcast Das Gelbe vom Ball di Eurosport Germania.

Djokovic e Nadal restano in zona con Ivanisevic e Moya

Per Becker non sarà comunque la prima esperienza in qualità di coach, visto che tra il 2013 e il 2016 sedeva nell’angolo di Novak Djokovic. Insieme al serbo sono arrivati 25 titoli, tra cui 6 Slam e 14 Masters1000, prima di una separazione congiunta che, comunque, non ha scalfito il rispetto e la stima reciproca. È però con Goran Ivanisevic che il n°1 del mondo otterrà i suoi risultati più grandi, a partire dall’incredibile Wimbledon 2019 fino all’ultimo US Open. Il campione di Wimbledon 2001 era già abituato a vincere, non solo da giocatore ma anche da allenatore, visto che nel 2014 portò Marin Cilic a vincere a New York tra l’incredulità generale.

Il binomio superstar-supercoach si incarna alla perfezione in Djokovic-Ivanisevic, senza dubbio quello che ha fruttato di più. Dal Grande Slam sfiorato al record di settimane da n°1 del mondo, passando per il Major n°24 fino alla conquista di tutti i Masters1000 almeno due volte (unico a riuscirci nella storia). L’ultimo grande sogno di del duo serbo-croato è quell’oro olimpico finora tanto inseguito e mai raggiunto da Nole, ma se non basterà Parigi 2024 potrebbe esserci uno spiraglio per Los Angeles 2028. Lo aveva raccontato lo stesso Ivanisevic al termine dello US Open, in modo certo non troppo serio, ma nemmeno al 100% ironico.

Per Ivanisevic ci sono state anche altre collaborazioni chiaramente meno gratificanti (anche perché di più sarebbe praticamente impossibile). Tra Cilic e Djokovic il croato ha allenato, pur senza grandi acuti, anche Tomas Berdych e Milos Raonic, che nel 2016 aveva raggiunto la finale a Wimbledon e il n°3 ATP sotto l’egida di Riccardo Piatti e Carlos Moya. L’ex n°1 del mondo spagnolo viene oggi immediatamente associato a Rafael Nadal, del cui team è entrato a far parte poco dopo la separazione con il canadese.

Sul campo si sono affrontati otto volte (6-2 il bilancio per Rafa) e pure in panchina la concorrenza era importante per Carlos, che per qualche tempo ha affiancato lo storico zio Toni, prima di assumere le redini del box del maiorchino dal 2018. Insieme, Moya e Nadal hanno conquistato diversi Slam, tra cui un Australian Open che mancava dal 2009 e, soprattutto, il 14° Roland Garros, battendo sul cammino verso il successo anche quel Félix Auger-Aliassime che aveva iniziato a lavorare con lo zio Toni, a patto che quest’ultimo non sedesse nel suo angolo quando avrebbe affrontato il nipote.

Federer e Murray seguiti da Ljubicic e Mauresmo

Impossibile nel nostro discorso non citare almeno altri due grandi campioni come Roger Federer e Andy Murray, anch’essi affidatisi ad un supercoach nel corso delle loro carriere. Per due anni Re Roger, da sempre affiancato da Severin Luthi, aveva collaborato con il suo idolo d’infanzia Stefan Edberg, che aveva contribuito ad allungargli la carriera ed è stato l’ingegnoso inventore della SABR. Al posto dello svedese era subentrato Ivan Ljubicic, che contribuì alla cavalcata trionfale della leggenda svizzera all’Australian Open 2017 dopo sei mesi di stop.

Come dimenticare poi i numerosi tira e molla tra Andy Murray e Ivan Lendl, che aveva portato lo scozzese a vincere i suoi tre Slam e con cui ha lavorato in altrettanti periodo distinti. Tra questi si era inserita anche Amelie Mauresmo, oggi direttrice del Roland Garros ma per un periodo anche coach dell’e n°1 del mondo, lasciato perché “non mi sentivo in grado di aiutarlo”. Tre volte insieme anche per Stan Wawrinka e Magnus Norman, che come Lendl ha portato il suo allievo alla conquista di tre Major. L’ultimo super-duo in ordine di tempo è quello tra Carlos Alcaraz e Juan Carlos Ferrero, che segue il giovane spagnolo fin dai suoi primi passi e con cui ha già conquistato due Slam, quattro Masters1000 e raggiunto il n°1 del ranking.

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