Rafael Nadal ambasciatore della Federazione Tennis Saudita

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Rafael Nadal ambasciatore della Federazione Tennis Saudita

Nadal diventa parte del processo nella corsa alla crescita a livello internazionale del regno saudita: “Voglio aiutare lo sport a crescere in lungo e in largo, in tutto il mondo, e in Arabia Saudita c’è del vero potenziale”

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Rafael Nadal - ATP Brisbane 2024 (foto: X @BrisbaneTennis)
Rafael Nadal - ATP Brisbane 2024 (foto: X @BrisbaneTennis)
 

C’è un nuovo volto a rappresentare la crescita dello sport e in particolare del tennis in Arabia Saudita e non stiamo parlando di un tennista qualunque. Nella giornata di oggi è arrivato l’annuncio della federazione tennis saudita (STF) che ha nominato Rafael Nadal ambasciatore della STF.

Il tennista di Manacor nelle scorse settimane è ritornato in campo in Australia ma ha dovuto rinunciare al primo Slam stagionale a causa dell’infortunio patito a Brisbane. Di ritorno dal continente oceanico è arrivato l’annuncio a sorpresa della SFT che fa seguito a una visita a sorpresa del ventidue volte campione Slam in quel di Riyad. Nadal ha passato del tempo nel paese saudita presenziando ad una clinic dedicata ai giovani talenti del paese arabo.

Verso qualsiasi parte dell’Arabia Saudita volgi il tuo sguardo, puoi vedere la crescita e il  progresso e sono entusiasta di farne parte ha dichiarato il neo ambasciatore del tennis saudita. “Continuo a giocare a tennis perché amo questo sport. Ma oltre alla parte relativa al tennis sul campo, voglio aiutare lo sport a crescere in lungo e in largo in tutto il mondo e in Arabia Saudita c’è del vero potenziale. I ragazzi qui guardano al futuro e hanno una vera passione per tutti gli sport. Se posso aiutarli a prendere in mano una racchetta o semplicemente a rimettersi in forma e a godere dei benefici di una vita sana, allora sarò felice di aver fatto la differenza”.

Guarda l’editoriale del direttore Scanagatta ⤵

Il progetto saudita che ha come target il 2030 e punta a una crescita della partecipazione al mondo dello sport sia degli uomini sia delle donne, che ora si avvicina al 50%. Il compito di Nadal sarà quello di accelerare il processo di crescita che si è sviluppato  nell’intero ecosistema del tennis saudita, partendo proprio dal basso. L’investimento dell’Arabia Saudita nel mondo dello sport è considerevole sia come numero di eventi ospitati sia nella ricerca di sviluppo del potenziale umano a loro disposizione.

Nel 2023 circa 30.000 bambini in età scolare hanno mosso i primi passi nel tennis grazie al programma “Tennis For All”, una partnership unica tra la STF e la Saudi Sports For All Federation, che ha visto l’introduzione del tennis nel programma di educazione fisica in 90 scuole. Un progetto che mira a espandersi  già negli anni a venire. Obiettivo implementare il programma in 200 scuole nel 2024 e in 400 nel 2025.

Rafael Nadal – STF clinic, Riyad 2024 (foto: Saudi Tennis Federation)

In Arabia Saudita, alla data odierna, sono presenti  177 club di tennis, in crescita del 146% rispetto al 2019. Negli ultimi quattro anni, il numero di giocatori tesserati è aumentato del 46% a 2.300 e i giocatori under 14 del 100%, da 500 a più di 1.000. La STF ora organizza anche 40 tornei nazionali all’anno, inclusi tre tornei ITF Juniors nell’ultimo anno.

Entusiasta il presidente della Federazione tennistica saudita, Arij Almutabagani: “Rafa incarna tutti i valori a noi cari in un vero campione dentro e fuori dal campo. È semplicemente il modello ideale a cui i nostri giovani ragazzi e ragazze possono ispirarsi.”.  Il presidente saudita ha sottolineato le caratteristiche che rendono un campione il tennista di Manacor: “La sua dedizione all’allenamento, il suo impegno in ogni colpo e il modo in cui lotta per ogni punto sono valori che speriamo di instillare nelle nostre future stelle. Non solo per svilupparli come giocatori ma come persone.”

Come detto, negli ultimi anni l’Arabia Saudita ha fatto incetta di eventi a livello internazionale, dal golf, al calcio, al tennis, passando per i motori e molto altro. Un processo di crescita ( e di pulizia della propria immagine, il cosiddetto sportwashing) che fa parte del progetto Vision 2030.

Dal 2018 il Regno saudita ha organizzato oltre 85 eventi internazionali sia maschili che femminili, a cui hanno partecipato oltre 2,6 milioni di appassionati di sport.

Mentre crescono le voci di un Masters 1000 da ospitare in Arabia e le continue voci sulle WTA Finals vi è la certezza che l’Arabia Saudita è già la terra delle promesse del tennis. Dallo scorso infatti, le Next Gen ATP Finals si sono spostate da Milano a Jeddah e il ruolo di Nadal sarà quello di supportare l’organizzazione di ulteriori eventi futuri in un ruolo di ambasciatore. E nella preseason è stato teatro della super sfida tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, vinta dallo spagnolo.

Almutabagani ha chiari gli obiettivi di lungo termine: “Vogliamo ospitare il meglio del mondo sportivo per ispirare e aiutare i nostri giovani ad innamorarsi di questo sport. Guardando al futuro, un giorno vogliamo anche competere contro i migliori giocatori e le migliori giocatrici del mondo. Sappiamo che il viaggio è lungo, ma stiamo investendo nei nostri figli e ci impegniamo a lungo termine. E speriamo che con il supporto di Rafa percorreremo questo viaggio un po’ più velocemente e come una nazione in forma e in salute”.

Una scelta che potrebbe sollevare polemiche per il ruolo di Nadal visti i problemi che caratterizzano il paese saudita. In Arabia sono diversi i problemi a livello sociale, con il ruolo marginale delle donne a livello sociale, le violente reprimente nei confronti dissidenti, le decapitazioni pubbliche, e lo scarso rispetto dei diritti umani. Temi abbastanza caldi che hanno portato diverse entità internazionali a criticare l’atteggiamento indifferente dell’Occidente verso l’azione di sportwashing dei sauditi.

Ricordiamo che con questo termine inglese si intende la pratica seguita da diversi paesi che sfruttano lo sport per rendere più interessante a livello internazionale la propria immagine, con l’obiettivo di far distogliere lo sguardo dalla carente gestione e riconoscimento dei diritti umani.

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