26/09/2011 14:01 CEST - ATP
Sciopero: si tratta di un capriccio?
TENNIS - Non smette di far parlare di sè la minaccia, lanciata da Murray e appoggiata da diversi giocatori tra cui Nadal, di fermare il tennis giocato fino a quando non si modificherà un calendario a loro detta troppo stressante. I tennisti, soprattutto i top player, non dovrebbero mai dimenticare il loro ruolo all'interno dello sport e non dovrebbero cadere in contraddizioni favorite dalla bramosia di denaro. Riccardo Nuziale
A pochi giorni dalla minaccia di sciopero, brillantemente esposta dalla nostra Francesca Sarzetto e capeggiata soprattutto da Murray e Nadal, il dibattito non accenna a placarsi. La richiesta è semplice, quella di rivedere il calendario consentendo maggiori tempi di riposo, evitando infortuni da stress e garantendo una maggiore qualità del gioco.
Come già detto la questione è stata già spiegata con perizia, quindi non mi dilungherò sugli aspetti tecnici della questione. Mi limito a ricordare le parole di Michael Stich, che ha fatto presente come chi ama il proprio lavoro non s’intestardirebbe troppo sui dettagli (perché di dettagli si tratta), e dell’ex capitano David britannico David Lloyd, il quale ha sottolineato come un conto sia il mettersi a discutere per trovare un accordo e raggiungere un compromesso che soddisfi ambo le parti, un altro è parlare di sciopero, a detta di Lloyd scandaloso.
Soprattutto perché l’idea che certi top player stanno cercando di dare è quella di animali da circo che, una volta finito il loro spettacolo, tornano nella loro gabbia con la catena al collo e una ciotola d’acqua fino al prossimo show. Senza arrivare a facili parallelismi con chi fatica ad arrivare a fine mese o con chi, pur facendo lo stesso mestiere, ha ben altri problemi, questo non è accettabile, dal momento che chi è protagonista di uno spettacolo, di qualsiasi tipo, è conscio del proprio ruolo e dei pro e contro che questo comporta.
Che i primi giocatori del mondo siano vittime del sistema che sta loro attorno non è vero, e ho il sospetto che loro stessi lo sappiano.
Murray e Nadal, i due che hanno fatto sentire la voce più degli altri in quest’occasione, stanno a mio modesto avviso esagerando con le lamentele; come Stich ha giustamente ricordato, lo scozzese parla ora degli impegni di Davis quando li ha tranquillamente snobbati per parecchio tempo, palesando quell’immaturità di fondo che non smette continuamente di palesare (si perdoni la ripetizione), mentre lo spagnolo ormai non arriva alla vigilia di un torneo senza mettere le mani avanti: rimanendo ai fatti recenti, dita bruciate manco avesse ordinato un piatto di lava, in Davis dice subito che è lontano dalla perfetta condizione per poi umiliare due top 15 come Gasquet e Tsonga (fosse stato in forma avrebbe volato e sparato raggi?). Ormai il suo motto è “non sono al 100% ma darò il massimo” e questo è triste. Non è essere ingiusti o maliziosi con lui, amici lettori, non vorrei essere mal interpretato, è semplicemente constatare un fatto; un fuoriclasse del suo calibro, simbolo del tennis contemporaneo, idolatrato da milioni di persone tra cui tantissimi bambini, non dovrebbe lanciare con questa assiduità il messaggio del “sì però, sì ma, sì non so”. Voi vi alzate la mattina sempre al 100%? Se la risposta è sì beh, beati voi. Ma il 99,9% dell’umanità penso soffra i miei stessi problemi; e se il 99,9% dell’umanità si lamentasse ogni mattina, sapete che mal di testa causa brusio?
In particolare, poi, i due parlano di accorciare il calendario contraddicendosi clamorosamente, facendo intuire che in fondo proprio male non stanno. Murray sarà impegnato questa settimana a Bangkok in un torneo di dubbissima utilità, “costringendolo” ad un tour de force di tre settimane di tennis no stop (seguiranno Tokyo e Shangai), mentre sabato prossimo Nadal giocherà a Taiwan un match di esibizione di ancor più dubbia utilità contro Ferrer.
Il problema rimane quello: i top players non sanno rinunciare, vogliono tutto. Vincere, guadagnare una montagna di soldi, giocare poco. Perché è inutile parlare di coalizione per cercare di cambiare le cose, di volontà univoca, quando poi basta il richiamo del dio pecunia per mandare in frantumi tali idealistici propositi, che di per sè hanno una loro validità e senso.
Io vorrei non vorrei ma se vuoi, cantava Battisti. Beh, l’attuale parco giocatori (o almeno una buona fetta) sembra essere proprio così.
Riccardo Nuziale
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