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07/12/2011 07:33 CEST - I profili

La strada di Luke Saville

TENNIS - Luke Saville è stato premiato come "junior australiano dell'anno" dopo aver vinto Wimbledon e i campionati nazionali under-18. Ora è impegnato nei playoff per ottenere la wild card per le qualificazioni agli Australian Open. "Luke vive, respira tennis" dice papà Mick, che l'ha avviato al tennis quando aveva tre anni. I complimenti e i ricoordi dei suoi primi maestri. Alessandro Mastroluca

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Saville Row. La strada di Saville. Non è un mis-spelling per il “miglio dorato della sartoria mondiale”, dove Jules Verne ha immaginato abitasse Phileas Fogg, sede anche della Apple Records sul cui tetto i Beatles hanno tenuto il loro ultimo concerto.

È un piccolo gioco di parole per dare le prime pennellate del ritratto di Luke Saville, che dopo il ballo riservato ai vincitori di Wimbledon, ha tirato nuovamente dall’armadio l’abito da cerimonia (e si spiega l’apparente digressione iniziale) per ritirare il premio di “junior australiano dell’anno”.

Classe 1994, la grande speranza di Barmera ha chiuso la stagione con il titolo nazionale Under 18. A Melbourne Park, ha superato in finale 76 57 62 la testa di serie n.3 Andrew Whittington. È riuscito a conquistare il titolo nonostante una sconfitta nel round robin contro Chris O’Connell, con cui si è preso la rivincita al primo turno del playoff per una wild-card alle quali degli Australian Open. Sarebbe la sua seconda partecipazione nel tabellone di qualificazione per lo Slam di casa: l’anno scorso vinse un solo game contro Nicholas Mahut prima di raggiungere la finale del torneo junior, persa da Jiri Vesely, attuale numero 1 U-18. Ma ancora per poco. I nati nel 1993, infatti, non potranno giocare tornei junior nel 2012 e Saville, attuale numero 2, è destinato a raggiungere la vetta del ranking ITF.

Alcuni” ha commentato Saville, “anzi molti junior di successo sono diventati campioni, ma molti altri non sono riusciti a sfondare”, come l’ultimo australiano capace di vincere il titolo Under 18 a Wimbledon prima di lui, Todd Reid. “Ho vissuto una stagione molto positiva, ho assaggiato il circuito pro grazie a qualche wildcard per il maindraw o per le quali. Ma, in fondo, devi essere capace di metterti tutto questo alle spalle, di guardare al futuro e fare in modo che la transizione verso il circuito maggiore sia più breve possibile”.

Sulle spalle dei giganti
A 16 anni, Lleyton Hewitt, suo idolo e modello, vinceva il suo primo titolo ATP. Bernard Tomic, che ha solo 16 mesi più di Saville, è l’unico teenager nella top-50. Due modelli da imitare, due esempi che lo aiutano a guardare lontano senza staccare i piedi da terra.

Ho uno stile aggressivo, ad alto ritmo, che ricorda poco quello di Lleyton o di Bernard” dice in un'intervista al quotidiano australiano The Age. “Chiaramente per me sarà dura raggiungere gli stessi traguardi di Tomic, però lui ha dimostrato che si può arrivare in alto anche una giovane età. Credo di aver sviluppato qualche qualità, se continuo a lavorare duro e a credere nel mio talento, un giorno potrò entrare nei primi 100”.

Come per l’altro suo grande modello, Novak Djokovic, giocare la Coppa Davis ha un significato speciale per Saville, membro della squadra che ha vinto l’edizione junior del 2009.

Allenato da Ray Ruffels e Des Tyson, supportato dai consigli di Todd Woodbridge, Saville ha le idee chiare su quali dovranno essere le sue prossime mosse. “Devo diventare più forte, più veloce, più agile. Devo scendere di più a rete e migliorare la mobilità”, che può diventare un limite per un ragazzo alto un metro e 86 e con la prospettiva di crescere ancora un po’. Sul piano tecnico, il primo obiettivo è guadagnare potenza col servizio e col diritto.

E pensare che nell’estate 2010 i sogni di Luke, che allora si vedeva meno “Lucky” che mai, avrebbero potuto già essere finiti a causa di una vertebra rigonfia stava premendo su un nervo. L’infortunio, però, lo tiene fuori 4-5 mesi e come spesso accade, lo fortifica. “Nelle partite dure, lottate, ripenso a questo periodo e questo mi motiva, mi rende più determinato”.

Nasce anche da qui lo spirito combattivo che l’ha portato a rimontare un set al beniamino di casa, ma non della LTA, Liam Broady, nella finale junior di Wimbledon e toccare il punto più alto della sua giovane carriera.

La famiglia
Non c’era nessuno della sua famiglia sugli spalti dell’All England Club quel giorno. Papà Mick, mamma Judy, che ha fatto realizzare una bacheca per esporre i trofei del figlio, e i fratelli Katie, 26 anni, e Troy, 22, erano tutti davanti alla tv, a casa, una piccola tenuta da 280 ettari con vigneto incluso. Non è un caso che nella regione, il Riverland, si concentri il 25% dell’uva raccolta in Australia e si producano vini rossi di fama nazionale e internazionale, soprattutto Shiraz (il vino più antico del mondo), Cabernet Sauvignon e Merlot.

Tutti i familiari giocano a tennis, e a tutti è apparso subito chiaro che la predisposizione di Luke fosse superiore alla norma. “La prima volta che l’ho visto giocare” ricorda Gary Pinnington, presidente della Riverland Lawn Tennis Association, “poteva avere tre o quattro anni: la racchetta era più grande di lui”.

Il suo ex coach Mike Horseman, che si allenava con Saville a Barmera, sottolineava al Sydney Morning Herald come le qualità che lo stanno portando a ottenere i primi successi erano già evidenti quando Luke aveva otto anni. “Spiccava già allora per la concentrazione, per la capacità di cambiare gioco quando necessario. Era estremamente combattivo, continuava a correre e provare anche quando altri avrebbero mollato. Già allora pensavo che avrebbe dovuto firmarci un autografo: ora ne sono ancora più convinto”.

Due o tre volte alla settimana, la famiglia si sobbarca un viaggio di 220 chilometri in direzione nord-est per accompagnare Luke a giocare ad Adelaide, dove poi si ferma all’età di 10 anni per sviluppare il suo tennis. Gioca contro bambini, e poi ragazzi, due anni più grandi di lui, e spesso vince. Rimane lì a studiare al prestigioso Prince Alfred College, fondato nel 1869. Ottiene una borsa di studio negli ultimi tre anni, prima di trasferirsi ancora, a Canberra, all’Istituto Australiano dello Sport.

Non è cambiato molto” sostiene Horseman, “nel profondo è rimasto un ragazzo di campagna”. Chi ha imparato a conoscere Luke e la sua famiglia di appassionati di tennis, come Pinnington, non può che essere d’accordo. “Luke ha sempre avuto un forte senso di comunità che credo gli sarà utile in futuro, dentro e fuori dal campo”. Questi legami, i “ties that bind” per dirla con Bruce Springsteen, sono alla base del suo carattere e dei suoi risultati anche per papà Mick. “Luke non ha perso il legame con la terra, è un bravo ragazzo, onesto. Lavora duro, ed è sempre stato incredibilmente concentrato. Ha avuto le idee chiare fin da piccolo: lui vive e respira tennis”.

Basterà per ritagliarsi uno spazio su misura e fare in modo che Saville Row porti dritta al successo?

Alessandro Mastroluca

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