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12/12/2011 17:39 CEST - WTA TOUR

Petra e Vika in pole per il 2012?

TENNIS - Il Masters di Istanbul sembra aver indicato le due giocatrici che per qualità, età, forma e consapevolezza, potranno fare la differenza nell'anno venturo, con la "veterana" Sharapova e l'eterna incompiuta Wozniacki pronte a dar loro battaglia. Più indietro le altre, con i "jolly" Serena e Clijsters potenziali protagoniste. Le azzurre chiamate a rimanere nelle posizioni medio-alte, ma non sarà facile. Riccardo Nuziale

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È appena finito un anno e un altro è già alle porte e se nell’ATP i punti fissi non vengono mai a mancare, in campo femminile la punta della piramide è ancora alla ricerca di una nuova regina assoluta. Chi saranno le protagoniste assolute per la leadership mondiale? Andiamo a vedere…

LA POLE: KVITOVA E AZARENKA
La donna da battere nel 2012 sarà la ceca? Molto probabilmente sì. Non solo per i titoli (sei su sette finali giocate: ha perso solo a Eastbourne dalla Bartoli) conquistati nel 2011, non solo per i trionfi di Wimbledon e Istanbul, ma perché convince pienamente per la tipologia di gioco, per la presenza in campo, per la maturità acquisita. Attualmente, quando gioca al massimo delle sue potenzialità sul veloce, è seminarrestabile, forse la sola Serena sarebbe capace di batterla al 100%. È comunque vero che va rivista negli Slam, non tanto per il primo turno subito a New York (la sbornia post prima vittoria major è sempre difficilissima da gestire), quanto per un record ancora piuttosto avaro di soddisfazioni: tolta l’erba londinese, dove già l’anno scorso fece semifinale, il suo massimo risultato è il quarto di finale raggiunto quest’anno in Australia. A Parigi e a New York non si è mai spinta oltre gli ottavi. Ma è altrettanto vero che i risultati di una giocatrice, oltretutto giovane (compirà 22 anni il prossimo 8 marzo), vanno visti anche considerando il primo Slam vinto come spartiacque.
All’Azarenka tali successi sono ancora sconosciuti (non ha ancora giocato una finale Slam), ma il 2011 è stato l’anno del salto di qualità, quello che l’ha portata sul podio della classifica di fine anno, quello in cui ha avuto i risultati migliori nei major (un terzo turno, un ottavo, un quarto e una semi), quello che ha giocato più finali, cinque (vincendone tre, record del 2009 eguagliato. Curiosità: le due finali le ha perse entrambe proprio con la Kvitova, a Madrid e ovviamente a Istanbul). In campo, nonostante le lacrimucce e i mugugni non siano stati debellati, è molto più sicura, consapevole e forte mentalmente, e a livello fisico è la migliore atleta assieme alla Wozniacki. Proprio come quest’ultima (sebbene non a livelli tanto patologici) si affida troppo alla fase difensiva, ma il prossimo anno potrebbe davvero essere quello dell’esplosione definitiva.

LA SECONDA FILA: SHARAPOVA E WOZNIACKI
Povera Masha. Ha 24 anni, solo due in più dell’Azarenka e tre della Kvitova, eppure viene generalmente inserita tra le veterane, se non addirittura tra le anziane del gruppo. Questo naturalmente perché sono passati sette anni e mezzo da quando alzò il trofeo di Wimbledon, quasi una vita agonistica fa. Della ragazzina esplosiva e grintosa di allora è probabilmente rimasta “solamente” la straordinaria forza mentale, che tuttora le fa vincere partite che con il solo tennis non riuscirebbe a portare a casa. A livello squisitamente tecnico e fisico la Maria che dal Wimbledon 2004 agli Australian Open 2007 negli Slam fece due vittorie, una finale, sei semifinali e un quarto di finale, non c’è più. L’integrità del suo bellissimo corpo è sempre una grandissima incognita, l’esplosività dei colpi (rovescio a parte) è scemata, il servizio, un tempo tra le sue arme principali, è ora spesso un gravissimo handicap. Nonostante tutto questo, il 2011 è stato di gran lunga il suo miglior anno dal 2007: è tornata a giocare una finale major, a Wimbledon, sebbene l’abbia poi persa nettamente con la Kvitova (per molti la sua erede), ha fatto semifinale a Parigi, ottavi a Melbourne e terzo turno a New York (battuta dalla nostra Pennetta). E – fatto forse ancora più importante – tutte le quattro finali che ha giocato quest’anno, sono di livello assoluto: ha vinto a Roma e a Cincinnati, ha perso a Miami e a Wimbledon. La voglia di tornare grande quindi c’è, i presupposti pure, considerando il livello critico che sta attraversando il tennis femminile. Vedremo.
Ma invece…la numero 1? Forse la più criticata, la più “odiata”, la più denigrata di sempre? O Caroline no, cantava Brian Wilson dei Beach Boys. Giocatrice che, tra balletti, imitazioni, conferenze stampe scherzose con Djokovic, storie con il fidanzato, fa ormai parlare più per questioni extra-tennistiche che tennistiche, dal momento che i risultati sul campo sono sempre più preoccupanti: ha vinto sei tornei quest’anno, ma l’ultimo (New Haven) risale ad agosto e, soprattutto, continua a mancare clamorosamente i tornei che contano. La finale di Flushing Meadows 2009 rimane l’unica giocata dalla danese, in questi due anni in cui ha chiuso al numero 1 ha giocato tre semifinali, due sempre a New York, una in Australia (quest’ultima la sconfitta più ingiustificabile, dal momento che affrontava la Li e dal momento che ha avuto un match point sul 6-3 5-4). Eppure credo che possa ancora cambiare questa tendenza: tecnicamente non è affatto così scarsa come lei stessa vuol far credere, giocando spesso e volentieri come un muretto in gonnella. Ma deve sbrigarsi. La scelta di Ricardo Sanchez come nuovo allenatore trova la mia perplessità, ma quel che contano sono i risultati, non le opinioni.

LE OUTSIDER: LI, STOSUR, ZVONAREVA, RADWANSKA, BARTOLI, PETKOVIC
Il motivo per cui il tennis femminile sta avendo una crisi di considerazione globale è la mancanza di autentiche fuoriclasse, giocatrici che riescano a smuovere l’ambiente dal torpore. Vero. Ma è altrettanto vero che ulteriore termometro è la qualità dell’intero piano alto a testare la buona salute del sistema. Le sopracitate sono le giocatrici che attualmente occupano dalla quinta alla decima posizione mondiale. Ora…con tutta la buona volontà, non riesco neppure a intravedere una giocatrice che possa ambire alla prima posizione mondiale, o comunque a un ruolo di protagonista assoluta. Li e Stosur, è vero, hanno quest’anno vinto uno Slam, ma entrambe sembrano state più beneficiate da un exploit (meritatissimo, nulla da dire) improvviso e incredibile, leggere i loro trionfi a Parigi e New York come l’inizio della fase matura della loro carriera mi trova totalmente in disaccordo. Non è un caso che la cinese abbia vinto l’ultimo torneo proprio al Roland Garros e che dopo non abbia fatto assolutamente nulla, perdendo al secondo e primo turno nei due restanti Slam e giocando in modo inguardabile (uscendo ovviamente al round robin) nel Master di Istanbul. D’altra parte l’australiana sembra aver coronato la propria onestissima carriera con uno Slam “alla Thomas Johansson”, vinto in finale contro un’avversaria di dieci spanne superiore non si sa come, quando, perché ma, per quanto a livello tennistico sia una giocatrice molto pericolosa, non la vedo capace di ripetersi in quanto troppo fragile e sensibile: in carriera ha vinto 3 tornei su 13 finali giocate e negli Slam quest’anno ha fatto due terzi turni e un primo turno.
Altre giocatrici del gruppo ad aver giocato finali Slam sono Zvonareva (Wimbledon e Us Open 2010) e Bartoli (Wimbledon 2007). Entrambe classe 1984, hanno giocato una semifinale e un quarto Slam ciascuna e vinto due tornei ciascuna. Risultati e destini speculari: per entrambe il meglio sembra essere passato: possono ancora rimanere a questo livello, ma non ambire a risultati di primissimo livello.
Rimangono Radwanska e Petkovic, le quali hanno un piccolo problema: non hanno il minimo peso per ambire a certi livelli. Non sono mai andate oltre un quarto Slam, la Petkovic ha vinto addirittura la miseria di due tornei in carriera e la Radwanska, che a tennis sa giocare come pochissime altre, non ha la forza mentale per sfondare certe porte, ne è la prova che con quasi tutte le top player, Petkovic e Bartoli a parte, è in forte passivo negli head to head.

LE INCOGNITE: SERENA E CLIJSTERS
Ancora in grado di dominare nei momenti che contano o anche per loro il peso degli anni inizierà a farsi sentire? Questo è il dilemma. Serena, nonostante l’orrenda e clamorosa finale persa a New York, ha di fatto messo in imbarazzo l’intera WTA, rientrando a giugno dopo un lungo stop dovuto a un gravissimo infortunio e finendo l’anno al 12° posto con due tornei vinti su sei disputati (uno perso per ritiro), dando sonore lezioni a top ten come Sharapova, Bartoli, Azarenka, Stosur, Wozniacki. La forte impressione è quindi che, al contrario di Venus (ormai da tempo di fatto un’ex giocatrice), la Williams più giovane possa ancora fare il bello e il cattivo tempo ogni qualvolta lo voglia lei. Questo però non significa che vincerà sempre, anzi: probabilmente Serena centellinerà sempre più energie e appuntamenti, programmandosi per arrivare al top esclusivamente negli Slam. D’altra parte non deve dimostrare più nulla, non è la continuità che andrà a cercare.
Anch’essa nella comoda posizione di non dover dimostrare nulla a nessuno, Kim Clijsters è comunque attualmente un’incognita più consistente. Di fatto non gioca dal Roland Garros, quando perse al secondo turno da Arantxa Rus, sebbene abbia tentato di accelerare il rientro giocando prima a ‘s-Hertogenbosch e a Toronto, perdendo da Oprandi e Zheng, quindi la sua forma tennistica, fisica e mentale è tutta da vedere. Certamente sarà molto difficile vederla al top in Australia, dove difende il titolo, ma nel resto della stagione tornerà ad essere tra le principali candidate di qualsiasi torneo a cui parteciperà.

LE AZZURRE: SCHIAVONE, PENNETTA E VINCI
E per le nostre fanciulle che anno si prospetta? Il 2011 ha lanciato segnali chiari, sia positivi che negativi. Positivi perché abbiamo chiuso con tre giocatrici tra le prime 25 del mondo (Schiavone 11, Pennetta 20, Vinci 23), confermandoci tra le principali potenze attuali. La Schiavone ha quasi confermato lo storico successo parigino tornando in finale al Roland Garros, stavolta perdendo, la Vinci ha giocato la stagione della vita, sfondando la porta della top 20 (a settembre è stata numero 18), vincendo la bellezza di tre tornei (Barcellona, ‘s-Hertogenbosch e Budapest) e giocando addirittura il “Masterino” di Bali e la Pennetta è rientrata tra le prime 20.
D’altra parte però ci sono chiavi di lettura altrettanto limpide ma che lanciano messaggi sconfortanti: le nostre due giocatrici più forti non hanno vinto un torneo in questo 2011 (e anzi, escluso il Roland Garros della Schiavone, non hanno giocato neppure una finale) e, a livello Slam, i risultati sono stati buoni (una finale e un quarto per la Schiavone, un quarto la Pennetta, tre terzi turni la Vinci) ma fanno capire che dei limiti precisi ci sono, considerando poi come la Schiavone fosse nettamente favorita con la Li a Parigi e con Tamira Paszek al terzo turno di Wimbledon (e pure con la Pavlyuchenkova a New York…) e come la Pennetta abbia palesato troppe incertezze “da piccola” con la Bartoli a Wimbledon e, soprattutto, con la Kerber a Flushing Meadows, dove ha mancato l’occasione della vita per raggiungere la prima semifinale Slam della carriera. La stessa Vinci, pur ottenendo tre terzi turni di fila, non è ancora riuscita a raggiungere un ottavo Slam in carriera, il che sta a significare che più che guardare in alto, sarebbe meglio vedere di non cadere troppo in basso.
L’impressione è insomma che i rispettivi picchi le nostre ragazze l’abbiano già raggiunti. Questo non sta a significare che il 2012 sarà avaro di soddisfazioni, anzi, ma realisticamente la conferma di una tripla presenza nella top 30 fra 12 mesi è il traguardo più plausibile.

Riccardo Nuziale

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