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Sedicesimo compleanno di meditazione per Coco Gauff, ora arriva il difficile

L'obiettivo recentemente reso noto, "diventare la più grande di tutte", è piuttosto ambizioso. La lunga pausa nuocerà alla sua voglia di spaccare il mondo?

Last updated: 19/03/2020 11:03
By Emmanuel Marian Published 13/03/2020
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6 Min Read
Cori Gauff - Wimbledon 2019 (foto via Twitter, @Wimbledon)

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“What’s my Life?” Cos’è la mia vita? si chiedeva Coco sulla Rod Laver Arena dopo aver sconfitto all’ultimo Australian Open la campionessa uscente Naomi Osaka. Quelli che parlano alla tivù e scrivono sui giornali le risponderebbero che è facile, è la vita di una predestinata, ma provate a mettervi nei suoi panni: l’iPhone, le cuffiette, le serie TV da tormento sentimentale per ragazzine ancora naturalmente insicure e tanti sogni aperti nel futuro che sembra sconfinato. Coco è identica a milioni di coetanee, se non fosse che quelle i sogni li passano in rassegna in cameretta, mentre lei li vive per davvero davanti a migliaia di spettatori paganti tutti in piedi.

Le copertine dei rotocalchi tennistici in questi ultimi nove mesi sono state talmente piene di sue immagini, dichiarazioni, imprese, da stravolgere il senso del tempo, che come si permetteva di osservare il grande Fernando Pessoa è infine una superflua clausura imposta dagli umani al naturale decorso della vita. Sembrano passati dieci anni, eppure nel 2019, di questi tempi, quando si poteva ancora giocare con la pallina gialla, Coco non aveva ancora disputato un singolo match nel circuito maggiore. Era attesa, quello sì, e anche con una certa qual fretta, se è vero com’è vero che Sly Black, il suo storico, primo allenatore, vedendola per la prima volta ad anni dieci le aveva pronosticato l’ingresso nella top ten una volta compiute sedici primavere e lo scettro di prima della classe dodici mesi dopo. Le sedici candeline andrebbero spente oggi e al momento la signorina Gauff nelle ormai congelate classifiche WTA risulta cinquantaduesima: per onorare cotanta previsione restano a disposizione trecentosessantacinque giorni.

Eppure, in un circuito femminile notoriamente privo di punti di riferimento, specie ora che Serena si disturba solo per gli Slam e Masha ha salutato, i verdetti del computer contano il giusto: potrebbe essere prima, quarta, trentasettesima o duecentoquarantesima e poco importerebbe. I media e il pubblico pendono dalle sue labbra, gli sponsor non parliamone nemmeno: la Nike, al solito senza concorrenza quando si tratta di accalappiare le stelle USA, l’ha messa sotto contratto quand’era in fasce e Tony Godsick ha fatto lo stesso, cosicché Coco, miliardaria un secondo dopo essersi allacciata le scarpe per la prima volta da professionista, può dividere con l’idolo, manco a dirlo, Roger Federer l’agenzia di management e lo sponsor Barilla, tempestivo a strappare l’opzione.

Visti i risultati sinora ottenuti, c’è da presumere che tali investimenti siano discretamente blindati: le immagini della prescelta che scorrazza felice dopo ognuna delle sei vittorie (qualificazioni comprese) sui prati di Wimbledon rappresentano già garanzie piuttosto importanti, anche perché di certo non s’è trattato di episodi isolati. Il terzo turno a New York la conferma, il clamoroso primo trofeo alzato a Linz tra le adulte partendo da lucky loser la deflagrazione. Poi Melbourne e un altro quarto turno Major, il moltiplicatore di sguardi ammiranti volti nella sua direzione, con tanto di scalpo della regina abdicante Osaka che l’aveva maltrattata qualche mese prima nella Grande Mela. Una partita vinta e mille altri record infranti, come già scritto a suo tempo: alzando le braccia al cielo sul centrale dell’Happy Slam, la giovane Cori in un sol colpo è diventata la “più giovane giocatrice a battere una collega compresa tra le prime cinque della classifica da quando Capriati sorprese Sabatini a New York ’91, nonché terza della storia – dopo la solita Capriati e Martina Hingis – a vincere sette partite in un Major prima di compiere sedici anni“. Abbastanza per pensare di aumentare il volume delle fiches da puntare sul suo numero.

Potrebbe essere difficile ipotizzare di mantenere i piedi ben ancorati a terra, così la diplomazia giornalistica suggerisce di specificare, per allegare una liberatoria che tuteli ognuno dagli eccessivi entusiasmi del caso. Difficile, sì, quando a sedici anni il pollice alzato arriva in sequenza da Serena Williams, Roger Federer, Rod Laver e dal compianto Kobe Bryant: infatti la reazione genuina, spontanea, si è concretata nella famosa conferenza australiana e in quel “voglio diventare la più grande di tutte” che inevitabilmente le disegna un mirino sulla schiena. La caccia è aperta, la voglia di dimostrare tutto e subito anche. L’avversario più duro, adesso, è quello che non si vede dall’altra parte della rete, la sospensione a tempo indeterminato che potrebbe rivelarsi un freno troppo ostico da mordere. Buon compleanno Coco, se la stoffa c’è, e ovviamente c’è, non mancheranno intere altre stagioni per mostrarla al mondo.


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TAGGED:compleannoCori Gauff
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