I maestri di Londra: Rafael Nadal

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I maestri di Londra: Rafael Nadal

Una stagione terribile. La peggiore di sempre. Eppure qualcosa si muove. Forse sta tornando. Rafael Nadal manca da tanto tempo. Da quanto? Il Masters rimarrà ancora una volta un miraggio, o Rafa è pronto a regalare una nuova incredibile impresa?

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Dicono che qualcosa si sia rotto nella mente di Nadal. Dicono che sia successo domenica 26 gennaio 2014. Dicono anche che qualche tifoso di Rafa (disfattista o lungimirante?) seduto comodamente sul divano davanti alla televisione, sorseggiando il caffè della mattina con gli occhi tristi di chi sa che il sogno è svanito, abbia persino detto: “È finita. È davvero finita. Questa partita sarà la fine di Nadal.

Dopo che un tale Rosol aveva osato farlo fuori al secondo turno di Wimbledon 2012 – una débacle che al tempo fece molto rumore, paragonabile solo all’altra grande sconfitta, quella patita a Parigi nel 2009, contro un altro che a Rafa rimarrà poco simpatico, Robin Soderling – Nadal aveva rinunciato a malincuore alle Olimpiadi di Londra. Una prima rinuncia (“la più dolorosa della mia carriera”) che lascerà una profonda ferita nel suo cuore. Rimarrà fuori per tutta la stagione a causa della sindrome di Hoffa, per poi tornare l’anno successivo. Il 2013. L’anno magnifico di Rafa. Il toro è tornato, ancora una volta. Si porta a casa 2 Slam su 3 (agli Australian Open aveva rinunciato e a Wimbledon esce al primo turno contro Steve Darcis) e 5 Masters 1000. Chiude la stagione al numero 1 del mondo con un record di 75 vittorie e 7 sconfitte. Arriva persino in finale al Masters ma un Novak Djokovic in stato di grazia gli stronca sul nascere il sogno di completare il puzzle con l’ultimo tassello mancante.

Difficile ripetersi dopo una stagione così. Massacrante. Troppo. Il fisico di Nadal non regge più, continua a sgretolarsi inesorabilmente. Punto dopo punto, dritto dopo dritto, match dopo match. Ma è la mente il problema maggiore. Il ragazzo comincia a sentire la fatica. Inevitabile dopo tanti successi, dopo tutti gli anni passati lassù, a guardare gli altri dall’alto in basso. Ha bisogno di rilanciare le sue motivazioni. Di trovare un nuovo obiettivo, un nuovo stimolo. Vincere non basta più. Scrivere la storia non basta più. Vuole essere il migliore, il più grande, il più grande di sempre. Perché solo così troverà ancora la forza di rimanere lassù. Inseguendo un sogno impossibile. Vuole superare l’altro, l’amico, il rivale, il più grande di sempre. Vuole i suoi 17 Slam. Vuole dimostrate che è lui il migliore, con tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni. E il primo tassello sono gli Australian Open 2014. Rafa è a quota 13. Deve trionfare in Australia e portarsi subito a 14. Poi 15 a Parigi. A quel punto ne mancheranno soltanto due… due. Vuoi che non vinca almeno altre due volte a Parigi prima della fine della carriera? E a quel punto sarà lì, insieme all’altro, quello bello e perfetto, e allora non si potrà più dire che sia stato più grande di lui.

Tutto sembra procedere alla perfezione. Rafa fatica contro Dimitrov e Nishikori ma con le unghie e con i denti supera le difficoltà. Tutto è pronto per il trionfo del toro. Un grande Wawrinka fa fuori Djokovic – l’unico che, si diceva, avrebbe potuto batterlo – mentre Nadal in semifinale trova proprio lui, l’altro, quello con cui non perde mai ma che dicono sia comunque più grande di lui. E non perde nemmeno stavolta. Va in finale. Wawrinka non ha mai sconfitto Nadal e lo non batterà certo in una finale Slam, si diceva. Eppure accade. “The Man” tira vincenti da ogni parte del campo, è in stato di grazia. È il suo torneo. Non quello di Nadal. Sarà Wawrinka a scrivere la storia, non Nadal. E i sogni di Rafa vanno in frantumi, improvvisamente tutto si sgretola, il primo tassello è la schiena, che impedisce al maiorchino di giocarsi quella partita al massimo delle sue possibilità. La schiena, la testa, il piano di battaglia. Rafael Nadal come lo conosciamo non esiste più. Eccolo lì. Quello sguardo. Spento, confuso, disorientato. “Doveva essere il mio giorno!” Quello sguardo che oggi siamo tanto abituati a vedere. Quello del ragazzino insicuro, che ha paura del buio e dei temporali. Quello che teme che il suo fisico possa impedirgli di essere quello che è nato per essere. Quello che fin da piccolo tutti gli hanno detto che sarebbe dovuto essere. Quello che capisce improvvisamente che non dipende più da lui. La vittoria e la sconfitta non dipendono più da lui. E la facciata del guerriero indomito se ne va, insieme ai suoi sogni di gloria, insieme alla sua fiducia, la sua sicurezza e le sue motivazioni. Il destino gli ha tolto quello che voleva più di ogni altra cosa. Essere il più grande. O almeno la possibilità di lottare, di combattere, di provare ad esserlo.

Le due facce di Nadal si uniscono in una sola cosa. Non esiste più il ragazzo fragile nella vita, non esiste più il guerriero sul campo. Diventano, per la prima volta, una sola cosa. E a prendere il sopravvento sono le debolezze. Le fragilità di un uomo qualunque. Il toro sparisce. Ciò che rimane assomiglia più a quel tenero gattino bagnato protagonista di uno spot pubblicitario degli anni ’80 – molti di voi lo ricorderanno. I suoi avversari non lo temono più. Lo affrontano a viso aperto. Lui li lascia entrare nella sua mente. Si prendono gioco di lui. Di lui. Di Rafael Nadal. Del nuovo Nadal. Quello che gioca corto, commette doppio fallo sulle palle break, gioca male i punti importanti e cede nei momenti decisivi. Quei fists-pump pieni di adrenalina diventano meno naturali, meno spontanei. Diventano un mezzo per ritrovare dentro se stesso quella carica agonistica perduta. Che pare non tornare più. Il tennista è diventato l’uomo, incapace di separare le due facce, di trasformarsi una volta messo piede sul campo da tennis.

Il 2015 ci consegna un Nadal mai visto prima. Subisce sconfitte impensabili, si lascia andare a polemiche poco eleganti e fatica a ritrovarsi. Il dritto non va, le gambe non girano, la solidità mentale non c’è più. Nadal non c’è più. Eppure qualcosa si muove. Nel finale di stagione si inizia ad intravedere qualcosa. Qualche piccolo miglioramento. Arrivano sconfitte tutto sommato accettabili. Djokovic a Pechino in finale, Tsonga a Shanghai in semifinale, Federer in finale a Basilea, nei quarti a Bercy contro Wawrinka (sprecando innumerevoli occasioni). Dicono che stia tornando. Che si muove meglio, che il dritto lungo linea inizia a funzionare, che la palla fa più male, che la testa regge, almeno a tratti. Nella stagione peggiore della sua carriera arriva alle ATP Finals nel momento migliore. La ricerca (vana?) del suo personale Graal. Il Masters, maledetto Masters. L’unico grande torneo che manca a Nadal. Quello che si gioca sul duro, al coperto, dove non batte il sole. Quello che tante delusioni ha regalato al povero Rafa. Due finali giocate in 6 partecipazioni, trovando in entrambi i casi un avversario più forte di lui (Federer nel 2010 e Djokovic nel 2013). Come è normale che sia, direbbe lui, su questi campi.

La fortuna che secondo i suoi detrattori lo avrebbe accompagnato nel corso della sua intera carriera sembra averlo abbandonato. Chissà se anche stavolta il fato lo tradirà. Perché molto dipenderà dal sorteggio. Un possibile girone con Djokovic, Federer e Nishikori pare francamente proibitivo per Nadal. Più abbordabili Wawrinka (con cui ha giocato alla pari a Bercy), un Murray con la testa (forse?) già alla Davis, e Ferrer (con cui è avanti 23-6 negli scontri diretti).

Dicono che sia tornato. Non tanto per le vittorie che in definitiva non sono nemmeno arrivate, quanto per la presenza. Rafa c’è, come direbbe un famoso giornalista sportivo. Per la gioia di pochi e l’inquietudine di molti. Di tutti quelli che speravano di essersene definitivamente liberati. Sul fatto che sia finito meglio non mettere la mano sul fuoco. Nadal torna, torna sempre. Così dicono. Meglio prepararsi allora. Sul fatto che sia tornato davvero, definitivamente, che possa ancora dominare come in passato, permangono tuttavia grossi dubbi. Sull’eventualità che possa ancora regalare qualche impresa… perché no? In fin dei conti, lui è Rafael Nadal.

Precedenti con gli altri finalisti:

vs Djokovic 23-22
vs Murray 15-6
vs Federer 23-11
vs Wawrinka 13-3
vs Berdych 19-4
vs Ferrer 23-6
vs Nishikori 7-1

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