La settimana degli italiani: Madrid, terra avara di successi

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La settimana degli italiani: Madrid, terra avara di successi

Il Mutua Madrid Open si conferma torneo non fortunato per gli azzurri: Fabio Fognini, Karin Knapp e Camila Giorgi si fermano al secondo turno

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Nonostante la terra rossa sia storicamente superficie sulla quale i nostri tennisti ottengono la maggioranza dei loro risultati positivi, Madrid, da quando nel 2009 è diventata sede di un grande torneo sulla terra battuta, non è mai stata foriera di buoni risultati per il tennis azzurro. Basti pensare che la migliore affermazione nella capitale spagnola dai giocatori italiani iscritti quest’anno è la semifinale raggiunta dalla Errani nel 2013 e che nessun altro, tranne la Vinci, vi ha mai raggiunto neanche gli ottavi. Una circostanza abbastanza inspiegabile, se non molto parzialmente con le particolari condizioni altimetriche del torneo madrileno (si gioca 650 metri sopra al livello del mare) alle quali i nostri giocatori sono meno abituati rispetto a professionisti di varie altre nazionalità. Va poi anche considerato che Madrid viene nel calendario tennistico la settimana prima di Roma, per i tennisti italiani  un torneo importantissimo ed è forse possibile ipotizzare un calo di attenzione psicofisica nella settimana precedente al torneo romano.

Fabio Fognini, unico azzurro ad essere iscritto nel tabellone principale, è l’esempio più lampante di tale particolare situazione: il ligure, anche secondo Nadal uno dei migliori terraioli al mondo, a Madrid è arrivato da Monaco di Baviera con un record personale modestissimo, due sole vittorie in sette partecipazioni. Per capire ancora meglio quanto sia negativo, basta confrontarlo rispetto a quello degli analoghi Masters 1000 sulla terra: sia Roma (5 successi in 8 partecipazioni, miglior risultato gli ottavi nel 2015), sia, soprattutto Montecarlo (11 vittorie ed 8 sconfitte con l’acuto delle semifinali nel 2013). Proprio per l’allievo di Josè Perlas, questa spedizione 2016 può comunque paradossalmente definirsi la più positiva in carriera a Madrid, nonostante i risultati nemmeno questa volta siano stati brillanti. Sorteggiato al primo turno contro Bernard Tomic, ventiduesimo giocatore al mondo, contro il quale aveva vinto nel 2012 ad Eastbourne sull’erba, ma perso malamente appena lo scorso novembre a Parigi Bercy, Fabio ha approfittato del pessimo stato di forma di Tomic (non vince una partita da Indian Wells) e della sua scarsa adattabilità alla terra battuta (un mediocre 36%  di vittorie nel circuito in carriera su questa superficie).  Il ligure infatti ha sin da subito dominato l’incontro contro lo svogliato avversario, necessitando di soli cinquantacinque minuti per ottenere il pass per il secondo turno, ottenuto col netto punteggio di 6-2 6-4. Purtroppo per Fabio, il secondo turno contro il giapponese Nishikori, sesto giocatore al mondo contro il quale aveva perso in quattro set l’unico precedente agli Australian Open 2011, è stato lo specchio di quello che il tennista ligure può fare, nel bene e nel male. Contro uno dei più forti in assoluto sella terra battuta come il nipponico, Fabio prima è partito malissimo (0-4 in pochi minuti) con il suo purtroppo celebre body language svogliato e quasi strafottente, poi è entrato in partita, troppo tardi per non cedere il primo set dopo quaranta minuti di gioco, ma abbastanza presto per mettere alle corde il giapponese nel secondo parziale, vinto nello stesso lasso di tempo giocando un gran tennis col punteggio di 6-3.  Ma è soprattutto nel terzo set che si è visto condensato tutto il repertorio, tecnico e non (purtroppo) al quale Fabio ci ha abituati. Fognini ha condotto la partita, va detto a suo merito, contro un giocatore che ha vinto due volte a Barcellona, che a Madrid nel 2014 molto probabilmente solo un infortunio frenò dal battere in finale un Nadal ancora re della terra  e che esclusivamente la fragilità fisica ha sin qui fermato dal cogliere altri successi importanti sulla terra. Fabio nel terzo set è stato bravissimo ad andare avanti 5-3 e poi sul 5-4 40 pari e servizio, arrivando a due punti dal match. Da quella situazione di punteggio si è poi dissolto: il ligure non ha racimolato più neanche un punto e, facendone fare dieci consecutivi all’avversario, con annesso un antipatico ed evitabilissimo penalty-point, gli ha consegnato su un piatto d’argento il passaggio agli ottavi, risultato che avrebbe molto probabilmente meritato maggiormente l’azzurro, come ha riconosciuto lo stesso Nishikori in conferenza stampa post-match. Fabio alla soglia dei ventinove anni (li compie il prossimo 24 maggio) deve decidere una volte per tutti se vuole rimanere l’ottimo giocatore su terra, da tutti i migliori temuto e pubblicamente lodato, al quale però manca sempre un soldo per fare una lira, o ottenere quei risultati da campione che probabilmente il suo mero talento tennistico gli consentirebbe. Un approccio più sereno e concentrato punto su punto, un tentativo di provare ad iniziare a non sfogare sempre su tutto e tutti gli errori inevitabili, potrebbero aiutarlo, quando la trentina è alle porte, ad avere maturità maggiore sul rettangolo di gioco ad ottenere risultati migliori di quelli sin qui ottenuti (best ranking 13 al mondo, tre titoli e diversi scalpi importanti, tra cui Nadal, Murray e Berdych; la top ten nel doppio con un Australian open vinto).  Traguardi che lo pongono già adesso, va detto, come il migliore azzurro negli ultimi trentanni: sperare che finalmente accada quanto da anni molti invocano, per il bene del nostro tennis, non costa nulla.

Nonostante diversi azzurri avessero poi la classifica per partecipare alle qualificazioni, nessuno l’ha tentata: il motivo è da ricercare nella scelta da parte loro di partecipare alle pre-qualificazioni degli Internazionali d’Italia disputatesi al Foro Italico, che assegnavano wc al tabellone principale ed alle stesse qualificazioni del Masters 1000 romano.

 

Tra le donne, Camila Giorgi e Sara Errani sono state beffardamente sorteggiate una contro l’altra al primo turno,  in una sfida che ha messo di fronte chi a metà aprile ha rinunciato alla trasferta di Fed Cup (la marchigiana) e chi, per prendervi parte (la bolognese), ha rimediato un infortunio di tre settimane. L’interessante confronto tra la seconda e terza giocatrice italiana per classifica (ovviamente non considerando la Pennetta) è stato vinto da Camila, già vincitrice dell’unico precedente tra le due, disputatosi  nel 2012 sul cemento del Premier Mandatory di Pechino con Sara che, però, era stata costretta al ritiro per un problema fisico. A Madrid la Errani può recriminare per aver sprecato in entrambi i set un vantaggio di 5-3, vanificato in entrambi i parziali, grazie alla complicità di una Camila in palla, che in entrambi i set, da tale situazione di punteggio, si è poi aggiudicata i quattro game di fila ed ha così portato a casa la vittoria col punteggio di 7-5 7-5 in un’ora e trentasette minuti. Purtroppo la Giorgi ha poi dovuto prendere la decisione di ritirarsi dal secondo turno, dove sarebbe stata opposta alla russa Anastasjia Pavlyuchenkova, numero 26 del ranking. Una vera disdetta perché la russa era un avversario difficile, ma alla portata di Camila, che si trovava nella parte di tabellone dove era caduta la testa di serie numero 1, Aga Radwanska: aveva quindi buone chances di fare tanta strada nel torneo.

A Madrid Roberta Vinci tornava alle gare, dopo le terapie al piede seguite al torneo di Stoccarda, che le avevano imposto di non giocare a Praga, dove era iscritta. Al primo turno ha trovato dall’altra parte della rete la ventunenne montenegrina Danka Kovinic, numero 52 del ranking Wta, sconfitta in tre set a settembre a Wuhan nella prima partita post sbornia Us Open. Purtroppo questa volta Roberta ha perso da Danka Kovinic, recente finalista di Istanbul,  al termine di una gara nella quale, di fronte ad un’avversaria in forma e in fiducia, non è mai riuscita a trovare il suo ritmo di gioco, apparendo nervosa ed incapace di sfruttare le poche chances che ha avuto (ha convertito una sola palla break su nove). Per fortuna, nonostante questa inopinata eliminazione, la tarantina, complici le precoci sconfitte delle giocatrici vicine in classifica, ha comunque migliorato il suo best ranking, salendo al settimo posto della classifica di singolare, traguardo che sembra per fortuna solo parziale. Infatti, non va dimenticato che Roberta ha solo i 180 punti della finale di Norimberga da difendere da qui sino a luglio, visto che l’anno scorso a Roma, Parigi ed in tutta la stagione sull’erba fu sempre eliminata al primo turno.

Le buone notizie in campo femminile arrivano da Karin Knapp: dopo aver sfiorato da molto vicino la vittoria nei primi turni a Katowice ed Istanbul (dove aveva addirittura avuto un match point a suo favore), trova finalmente il suo primo successo da quando, a seguito dell’operazione al ginocchio destro nello scorso autunno, è rientrata nel circuito a Miami (l’ultimo era arrivato al primo turno degli Us open contro la Tomlijanovic). La vittoria contro la giovane russa Margarita Gasparyan è molto bella sia perché ottenuta contro una giocatrice in crescita (numero 48 al mondo) che l’aveva sconfitta nell’unico precedente, sia perché conseguita a seguito di una rimonta (primo set perso 4-6 in mezzora di gioco), circostanza che certifica la ritrovata attitudine psicofisica all’agonismo professionistico di Karin, che ha purtroppo la pesantissima cambiale dei 280 punti della vittoria del torneo di Norimberga in scadenza tra una settimana, che se non onorata la farà uscire dalle top 100. La tennista nata a Brunico è stata davvero molto brava a non mollare una volta sotto di un set e di un break ed anzi ad alzare il livello del suo tennis sino a portare a casa l’incontro col punteggio di 4-6 6-3 6-2 dopo due ore e due minuti di partita. Purtroppo per Karin, al secondo turno l’ostacolo rappresentato dalla rumena Simona Halep, numero 7 del mondo che poi andrà a vincere il torneo, si è rivelato insormontabile. Pur lottando tutti i game ed iniziando la partita con colpi molto profondi, l’altoatesina è riuscita a tenere il servizio una sola volta: troppo poco per poter impensierire l’allieva di Darren Cahill, che firmerà il successo con un duplice 6-1 in sessantadue minuti di gioco.

 

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Roland Garros, Svitolina : “Sono davvero grata per la posizione che ha preso Kasatkina”

Sensazioni amare per Kasatkina che lascia Parigi con la delusione per i fischi: “Ho solo rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata”

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Elina Svitolina - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Il potere delle rientranti. I quarti di finale del Roland Garros vedranno tra le contendenti al titolo due atlete al via con il ranking protetto, Anastasia Pavlyuchenkova ed Elina Svitolina. La tennista ucraina al rientro dalla maternità ha subito scaldato i motori, alternando tornei del circuito maggiore, al circuito ITF. Qualche match di rodaggio è stato sufficiente alla tennista ucraina, che prima ha conquistato il titolo a Strasburgo e ora si è lanciata ai quarti di finale dello Slam francese eliminando in due set la russa Kasatkina. Un torneo che Svitolina sta affrontando come una corsa a tappe: “Vivo il torneo partita per partita. Per me era importante ottenere la prima vittoria, poi ottenere la seconda. Ogni volta che scendo in campo, cerco di avere la migliore preparazione possibile e il giusto mindset. Poi basta solamente prendere una partita alla volta”.

Svitolina che sta raccogliendo il supporto del pubblico francese, orfano dei propri rappresentanti, eliminati precocemente sia nel tabellone maschile sia in quello femminile: “Non posso ancora rispondere alle domande in francese ma sin dalla prima partita giocata qui, le persone mi hanno incoraggiato e col passare del tempo sono diventati sempre di più. Era una cosa che non mi aspettavo. Già a Strasburgo ho potuto notare come il pubblico francese era dalla mia parte. Con Gael stiamo insieme da più di cinque, sposati da un paio. Sono solo grata che il pubblico sia lì per me, anche se in alcune partite ero sotto di un set, loro mi hanno incoraggiato dandomi la giusta spinta e la speranza per recuperare e vincere.”

Una prestazione al rientro che libera Svitolina da ogni pressione, nonostante sia stata un top 10 per diverso tempo: “Una delle cose che ho notato è che in questo momento non ho quella pressione che avevo prima. Ovviamente io personalmente mi metto sotto pressione perché voglio vincere uno slam. Questo è l’obiettivo finale per me, ma sicuramente non sento la pressione dall’esterno. Mi sento quasi come se avessi di nuovo 17 anni, una neo arrivata nel tour.”

 

Assenza per maternità che ha permesso a Svitolina di resettare la mente dalle pressioni di questo sport: “Essere un giocatore di tennis comporta molte. Hai questo bagaglio sempre con te, contenente la pressione dei media, la pressione dei tuoi connazionali, dei fan e anche dai social media. Ovviamente metti anche molta pressione su te stesso, e a volte puoi diventare troppo da sostenere. A volte giocare ogni singola settimana, stare come in una boccia per pesci tutto il tempo è molto stancante. Devi essere quasi sempre perfetto. Per me è stato positivo stare lontano dal tennis, staccare completamente. Godermi il mio tempo con la mia famiglia. Non parlare del prossimo torneo, del prossimo obiettivo, del prossimo avversario. La mia mente riposava, il mio corpo riposava. Poi, quando ho iniziato ad allenarmi a gennaio, ero estremamente motivata, come mai prima d’ora In questo periodo sto iniziando con l’esperienza che mi porto dietro e con la giusta freschezza.”

Quarto di finale che per Svitolina sarà contro la testa di serie numero 2, Aryna Sabalenka. Sfida che non cambierà nulla nella mente della tennista ucraina. “Ho giocato le ultime due partite contro tenniste russe quindi non cambierà nulla per me, sarà tutto uguale.”

Nessuna stretta di mano, ma è arrivato un cenno di intesa tra Svitolina e Kasatkina a fine match. La tennista ucraina in conferenza stampa ha speso belle parole per la tennista russa: “Sono davvero grata per la posizione che ha preso. È stata davvero una persona coraggiosa a dichiarare pubblicamente [di essere contraria alla guerra], cosa che non molti giocatori hanno fatto.

Tennista russa che tuttavia lascia Parigi con l’amaro in bocca per la reazione del pubblico. In un tweet pubblicato Kasatkina ha manifestato la sua delusione per i fischi ricevuti. Di seguito la traduzione

Lascio Parigi con una sensazione molto amara. In tutti questi giorni, dopo ogni partita che ho giocato, ho sempre apprezzato e ringraziato il pubblico per il supporto e per essere lì per i giocatori. Ma ieri sono stata fischiata solo per aver rispettato la posizione della mia avversaria di non stringere la mano. Io ed Elina abbiamo mostrato rispetto reciproco dopo una partita difficile, ma lasciare il campo in quel modo è stata la parte peggiore della giornata di ieri. Siate persone migliori, amatevi. Non diffondete l’odio. Provate a rendere questo mondo migliore. Amerò il Roland Garros qualunque cosa accada, sempre e per sempre. Ci vediamo l’anno prossimo”

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: Sonego ha più fisico di Berrettini, Sinner e Musetti, ma deve lavorare sul…fisico! Musetti non deve più giocare da junior. Il “gap” con Alcaraz

Cosa manca ai nostri migliori tennisti. Non lamentiamoci per due azzurri in ottavi. Sonego vale più del suo ranking attuale. Musetti ha problemi di crescita. Le ultime due partite da soppesare nel contesto di tutto un torneo

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Lorenzo Sonego - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Ci restano solo sparuti juniores. Gli altri, più che sparuti sono spariti. Nei tabelloni del grande tennis l’Italia, con le sconfitte degli ultimi due Lorenzo superstiti, non c’è più.

All’inizio del torneo pensavo – come quasi tutti, nessun pensiero particolarmente originale – che Jannik Sinner avesse più chances di chiunque dei nostri azzurri per arrivare alla seconda settimana, ma purtroppo Jannik, come già a Roma con Cerundolo (però avete visto Cerundolo?), ha sofferto con Altmaier l’eccesso di pressione che un po’ tutti, lui compreso, gli mettono addosso.

E’ ancora giovane, ha un tennis ancora incompleto, c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti limiti da limareNel fisico, nella tecnica, nella tattica, nel mentale quando l’appuntamento è importante. Aspetterei ad emettere sentenze negative e definitive. E’ un top-ten e alla sua età non lo avevamo mai avuto. Un top-ten destinato a durare. Top 5, top 3? Vedremo. Bando a sentenze affrettate.

 

Ci vuole più equilibrio di quello che di solito manifestano molti tifosi. Non intendo commettere lo stesso errore.

Il discorso vale anche per Musetti e Sonego. Anche nel loro caso ho riscontrato giudizi affrettati, in passato e oggi. Poco equilibrati.

Se dovessi basarmi soltanto sui match di ottavi di finale, i verdetti sarebbero chiari: Sonego, neo n.40 ATP, ha giocato alla pari con Khachanov (n.10 virtuale) finchè ha avuto le energie per farlo, mentre Musetti, neo best ranking a n.17 (virtuale…), non l’ha fatto con Carlitos Alcaraz, apparso superiore sotto tutti gli aspetti, tranne che per gli errori gratuiti che sono stati pari (23)…ma con la non trascurabile differenza che il murciano ha cercato molto di più il punto, in tutti i modi – dalle smorzate quasi sempre imprendibili, ai serve&volley perfetti sia come scelta di tempo che come esecuzione – e il diverso resonto statistico sui vincenti lo sottolinea chiaramente (42 contro 17).

Le due singole partite, di Sonego come di Musetti, andrebbero soppesate nel contesto di tutto il torneo. E anche della storia dei tennisti italiani al Roland Garros.

Vero che l’appetito vien mangiando, ma fino a qualche tempo avere due italiani in contemporanea piazzati agli ottavi di finale nel “campionato del mondo sulla terra battuta” sarebbe stato considerato un successo.

E le partite di ieri non devono far dimenticare quelle dei giorni precedenti.

Sonego aveva palesato una schiacciante superiorità tecnica nei confronti di due discreti giocatori, Shelton e Humbert (giocando in trasferta), e ha ribadito contro Khachanov l’ottima dimostrazione di tennis e di carattere mostrata con Rublev (peraltro già battuto a Roma tempo addietro; ergo non un caso).

Sulle qualità tennistiche di Sonego, più che su quelle guerriere (che furono anche esse messe in dubbio quando Lorenzo perse a Torino da Goyo in Davis, salvo riscattarsi abbondantemente a Malaga 2022 l’anno dopo) parecchi in questi anni hanno continuato a dubitare.

Non Gipo Arbino, il suo coach che lo conosce meglio di chiunque e, al di là dell’affetto paterno, conosce bene anche il tennis per potersi esprimere con cognizione di causa.

E’ certamente vero che Lorenzo ha ancora una fragilità: una sorta di vera necessità “psicologica” di trovarsi in mezzo a match da… corrida, un torneo e un campo importante, tanta gente, tanto tifo, per esaltarsi e dare il meglio di sé quando è carico al punto giusto. Ecco che in questi casi, più eccezionali che ordinari, lui allora riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione. Da top-10 e dintorni, più che da top-40. La fiducia di Gipo è quindi ben riposta.

Ha giocato una grandissima partita con Rublev e per tre set si è ripetuto con Khachanov, due top-ten che hanno giocato bene, molto bene. Entrambi. Lorenzo, che certamente aveva parlato con il suo allenatore, è stato molto lucido anche nella disamina post-sconfitta con il secondo russo, grande amico del primo.

Sonego ha fatto capire di aver accusato la stanchezza, la fatica della intensa maratona corsa due giorni prima con Rublev. Senza voler fare il …sapientone del “io sì che me ne sono accorto subito” mi era parso chiaro già a partire da metà terzo set contro Khachanov che Lorenzo era molto meno agile, meno scattante e di riflesso anche molto meno lucido.

I servizi slice esterni di Khachanov erano tremendi. Lo buttavano fuori dal campo (se e quando riusciva a rispondere) e venivano seguiti da terribili mazzate di dritto. Ma anche di rovescio Khachanov ha fatto grandi progressi. Del resto il russo è reduce da due semifinali consecutive negli ultimi due Slam. Quando “Polpo” Sonego doveva compiere i soliti recupero sul suo lato destro, quello del diritto che è abituato a lasciare un tantino più scoperto per poter girare attorno alla palla e colpire più dritti che rovesci dall’altro angolo, faticava più del solito, arrivava con maggior affanno del consueto, la spinta sul dritto era meno …spinta!

Non aveva recuperato lo sforzo. Ha quindi ragione Lorenzo quando dice che deve lavorare sul fisico, per potersi permettere in futuro anche due maratone in 48 ore. Djokovic e Nadal hanno vinto tutto quel che hanno vinto perché al di là del talento sono – erano? – due mostri anche atleticamente. Capaci di tenere la massima intensita come nella finale australiana del 2012 anche oltre le sei ore in un giorno solo. E Nadal nel 2009 – cito a memoria – vinse un Australian Open alla domenica recuperando lo sforzo di una maratona pazzesca in rimonta di poche ore prima con Verdasco. Quando qualunque altro tennista sarebbe stato moribondo.

Lo stesso Sonego riposato di venerdì contro Rublev avrebbe probabilmente vinto anche contro Khachanov, anche se questi sono discorsi teorici perché poi ogni partita fa storia a sé. Khachanov ha altre armi rispetto a Rublev – il servizio e la potenza devastante dei fondamentali soprattutto – anche se è meno agile. Resta tuttavia molto agile anche lui considerata la stazza.

Chiudo con Sonego per dire che la stanchezza si manifesta non solo nella minor rapidità e reattività, ma anche nella diversa lucidità. Avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set ha sbagliato un dritto per lui comodo proprio per mancanza di freschezza mentale. Fosse salito sul 5-0 non avrebbe quasi certamente perso quel tiebreak. Ma forse non avrebbe poi vinto ugualmente. A meno che Khachanov, più fresco, non si fosse innervosito. Aveva perso malamente il servizio sul 5-4.

Lorenzo era stanco, se non stravolto, perché le rincorse cui lo aveva costretto Khachanov con quel bombardamento da fondocampo avevano fiaccato perfino la sua non comune resistenza. Si portava dietro la lotta con Rublev. Poca lucidità ha mostrato anche in almeno 3 o 4 occasioni in cui poteva giocare il passante da situazione di gioco favorevoli e invece, dimentico del vento, ha cercato il lob passante ad effetto. Tutti sbagliati. Tutti abbastanza inutili.

Poi, per carità, Sonego può rimpiangere di non aver inferto il colpo del probabile k.o. già nel secondo set quando ha avuto 4 pallebreak per salire 3-1 – e nessuno può sapere  come avrebbe reagito Khachanov trovandosi sotto 6-1,3-1 – mentre non può rimproverarsi nulla per il setpoint mancato nel tiebreak. Khachanov gli ha servito un missile a 199 km l’ora. Semmai quella steccata di rovescio quando era ancora avanti di un minibreak, sul 5-3. Ma, insomma, di punti su cui si può recriminare in un match di 3 ore e 3 quarti ce ne sono sempre a bizzeffe.

Lorenzo sistemi il fisico – e sì che lo ha già buono…, certo migliore di Berrettini, Sinner e Musetti tanto per esser chiari! Tuttavia non basta mai se si vuol fare strada negli Slam, quando almeno una o due partite durissime ci sono sempre – e si caverà belle soddisfazioni.

Passo all’altro Lorenzo.

E non dimentico, non sarebbe giusto farlo, quanto bene ha giocato tutte le sue altre partite, Ymer, Schevchenko, Norrie. Non solo tennis bellissimo a vedersi. Ma anche tennis efficacissimo. Puntuale. Ineccepibile sotto tutti i punti di vista.

Contro Alcaraz, invece, match da junior. Da dimenticare…senza dimenticare tuttavia anche che Alcaraz è Alcaraz. Una potenza impressionante e una flessibilità altrettanto impressionante nella capacità di alternare colpi terribilmente potenti a smorzate delicatissime. Come se invece di avere un solo braccio ne avesse due. Uno per tirare forte, un altro per accarezzare drop-shot irraggiungibili. Come pigiando un bottone. Sempre o quasi sorprendendo l’avversario. Qualsiasi avversario per quanto si è visto nelle giornate di vena. Ha battuto quattro volte su quattro Tsitsipas, mi aspetto che lo faccia per la quinta. Perché sul lato sinistro Tsitsi è troppo debole e quando colpisce i suoi topponi monomani di rovescio finisce col corpo all’indietro: una manna per chi sa giocare le smorzate con l’abilità di Carlitos.

Diversa storia potrebbe essere semmai fra Carlitos e Djokovic. Se Djokovic riuscisse a ripresentarsi in quei panni che per adesso non gli ho ancora visto reindossare.

Ma torno su Musetti. L’ho “bollato” poco sopra dicendo che ha giocato come uno junior. Sì, senza il giusto approccio mentale, senza la voglia di lottare come è invece indispensabile. Del resto lo ha ammesso lui stesso a fine match. Leggete le sue dichiarazioni.

Fin dall’inizio, quando ha cominciato con l’illusorio break, è sembrato troppo Narciso. Più intenzionato a cercare il colpo strappa-applausi, che la sostanza. Ogni volta che è stato scavalcato da un lob ha cercato impossibili tweener. Ogni volta! Senza mai l’umiltà di una difesa meno arrogante e pretenziosa.

Idem sulle rare smorzate sulle quali, partendo da così lontano, era riuscito ad arrivare. Ha sempre cercato di tirar fuori il coniglio dal cappello del mago prestigiatore.

Ingenuo. Presuntuoso. O più semplicemente – nell’occasione eh, non sto esprimendo giudizi assoluti sul personaggio Musetti, mi sto riferendo soltanto a questa singola partita e si sa che ogni partita fa storia a sé – giovane, giovanissimo.

Credo che imparerà la lezione. Il talento non si discute. Ma lui non ha bisogno di sottolinearlo a tutti i costiAnche perché il costo alla fine si chiama sconfitta. E con Alcaraz si è trattato di sconfitta pesante. Non è mai stato in partita, non ha mai dato l’impressione di poterci entrare, di poterla rovesciare. Sembrava che ci fossero due categorie di differenza.

Ci sono? Può essere, oggi come oggi. Ma non è detto che ci saranno sempre. Perfino Alcaraz ha i suoi bassi, non solo alti. Lo abbiamo visto a Roma. Quando anziché a comandare tutto, gioco e punteggio, si trova . inopinatamente per lui e per gli altri – sotto, indietro, si innervosisce, si smarrisce, può commettere errori giovanili lui pure. In fondo i 23 errori gratuiti di domenica non sono pochissimi.

Carlitos è fortissimo, in tutti i sensi, anche tatticamente. Quando decide di venire avanti, seguendo il servizio oppure in controtempo, non sbaglia quasi mai il momento, il tempo, la scelta. Indubbiamente un fenomeno. Fa paura pensare che certamente migliorerà ancora. Ma migliorerà anche Musetti che, a suo modo, ha qualcosa di straordinario anche lui. E non solo la bellezza di certe sue invenzioni. Si assottiglierà o si approfondirà il gap fra i due? Nessuno può saperlo.

Ma se la vittoria di Amburgo non era da prendere per oro colato, perché Carlitos non era ancora quel che è oggi, anche questa batosta del Roland Garros non va presa per oro colato. Il gap c’è, indubbiamente, ma non credo sia così profondo come è sembrato nell’occasione. Ad Maiora.

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Roland Garros: strepitosa Svitolina, batte Kasatkina e accede ai quarti di finale!

Svitolina torna nei quarti Slam da US Open 2021. L’atleta ucraina si batte al limite delle forze e supera una russa troppo timida

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Elina Svitolina - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

E. Svitolina b. [9] D. Kasatkina 6-4 7-6(5)

Incredibile vittoria per Elina Svitolina che sconfigge in due set Daria Kasatkina, tornando per l’occasione a battere una top ten da aprile 2021, quando in tre set superò Kvitova ai quarti di finale sull’erba di Stoccarda. Elina ha vinto con le gambe, con un coraggio indimenticabile ma anche grazie agli errori della contendente, mai come oggi priva di killer-instinct e di lucidità nei momenti topici.

La lucidità di Svitolina è derivata dalla consapevolezza di essere decisamente sfavorita in un possibile match alla distanza. Ha moltiplicato gli sforzi e ha saputo intimidire la rivale con la propria presenza di spirito, fino a costringerla a 46 errori non forzati, di cui gli ultimi tre nei punti finali dello jeu decisif.

 

L’ex numero 3 del mondo torna a disputare i quarti di finale a livello Slam per la prima volta dallo US Open 2021, dove perse al tiebreak del terzo da Fernandez, mentre sulla terra di Parigi non raggiungeva questo traguardo dal 2020, quando perse nettamente dalla qualificata Podoroska. Per lei ora nei quarti Stephens oppure Sabalenka. E anche una posizione nel ranking intorno alla sedia numero 70.

Primo set: subito Elina, Daria rientra ma non basta

Svitolina comincia da subito in spinta per evitare di rimanere intrappolata nel palleggio lento e sapiente della russa. Appare calda sin dai primi scambi l’ucraina mentre Kasatkina è imprecisa e fallosa con la prima di servizio; la seconda è inconsistente e per una ribattitrice come mamma Elina è troppo facile contrattaccare. Con due break consecutivi Svitolina sale 4-1 imponendo il suo maggiore punch.

Dopo venti minuti nelle mani dell’atleta di Odessa, il match vira dalle parti di Togliatti: Kasatkina migliora la percentuale di prime palle e prende a disegnare il campo come sa fare, togliendo pazienza e sicurezza alla rivale. Aumentano gli errori della numero 192 del ranking che spesso non ha gli appoggi a posto mentre cerca di anestetizzare il palleggio vicino alle righe della russa.

Il match è ora equilibrato e si apprezzano le trame delle due tenniste, con Kasatkina che allunga lo scambio e sposta l’avversaria e Svitolina che rintuzza e aspetta il momento giusto per piazzare l’attacco.

Daria recupera un break con una risposta incrociata di rovescio vincente ma non si avvicina più sui game di battuta di Elina, cedendo 6-4 la frazione. Quarantasei minuti di tennis piacevole e intelligente, anche se con qualche errore di troppo.

Secondo set: Svitolina stanca ma indomita vince su Kasatkina sprecona e impaurita

Nonostante la sconfitta nel parziale, Kasatkina finisce meglio il set e riprende con decisione la via intrapresa. Inoltre, Svitolina appare provata dal ritmo imposto dalla russa; non dimentichiamo che questo è il settimo match per lei a Parigi e che la settimana precedente ha giocato e vinto a Strasburgo.

Così Daria sale 2-0 imponendo i suoi colpi lenti e liftati che schiacciano Elina oltre la linea di fondo. L’ucraina prova a far ripartire il gioco da posizioni poco agevoli ma non sembra avere energia per dar seguito alle sue intenzioni. In questo quadro generale accade l’improbabile: l’atleta ucraina vince tre game consecutivi e sopravanza di un break la russa.

Kasatkina gioca con intelligenza ma è fallosa al momento di chiudere e sembra subire la personalita della dirimpettaia. Svitolina è ammirevole per come tiene lo scambio e aspetta l’errore dell’avversaria, che conferma di non essere propriamente un cuor di leone. La russa ottiene la parità a 3-3 ma di nuovo la lepre di Odessa scappa a 5-3, mentre il pubblico ne prende le parti, riconoscendo chi sta facendo la partita.

Svitolina serve per il match sul 5-4 e spreca una occasione per vincere. Ma sul 5-5 Kasatkina ne combina di tutti i colori: un doppio fallo, un dritto steccato e due palle oltre la linea di fondo. È prigioniera della paura e di nuovo manda la rivale a servire per i quarti di finale. Ma di nuovo tutto inutile perché Svitolina non ha le gambe per spingere per due game consecutivi. Si va al tie-break che è forse decisivo perché è difficile immaginare Svitolina competitiva in un eventuale terza frazione. Il tredicesimo gioco è il sunto ideale del set: cuore-Svitolina e braccino-Kasatkina. Quattro errori della russa che sale 5-4 per poi commettere tre errori in lunghezza e consegnare la vittoria all’ucraina.

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