Nei dintorni di Djokovic: i mille giorni di Goran Ivanisevic e Marin Cilic

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: i mille giorni di Goran Ivanisevic e Marin Cilic

Qualche giorno fa si è interrotto il rapporto di collaborazione tra Goran Ivanisevic e Marin Cilic. C’è chi parla di divergenze sui metodi di allenamento, chi di due caratteri troppo diversi per proseguire ancora assieme. Forse, semplicemente, era giunto per entrambi il momento di andare avanti

Pubblicato

il

 

Un fulmine a ciel sereno, a giudicare dalle reazioni degli addetti ai lavori, la notizia dell’interruzione del rapporto di collaborazione tra il tennista croato Marin Cilic ed il suo allenatore, il connazionale ex n. 2 del mondo Goran Ivanisevic.

Nel pensare a Cilic e Ivanisevic viene immediatamente in mente la clamorosa vittoria di Marin agli US Open 2014, guidato appunto dall’ex campione di Spalato, ma il loro rapporto nasce da lontano. Il campione di Wimbledon 2001 riconobbe le potenzialità dell’attuale n. 12 del mondo sin da quando questi era ragazzino, tanto da consigliare nel 2004 al 15enne Cilic di affidarsi al suo ex allenatore Bob Brett. E negli anni a seguire non gli fece mai mancare i suoi consigli, addirittura un primo assaggio della loro futura collaborazione ci fu già nel 2010, in occasione dei Zagreb Indoors vinti da Cilic, quando fu Goran ha seguirlo in veste di coach. Separatosi da Brett, a Marin probabilmente sembrò perciò la cosa più logica del mondo affidarsi a colui che in tutti questi anni lo aveva sempre aiutato, anche se era alla prima esperienza come coach ad alto livello.

Ripercorriamo brevemente le tappe principali di questi tre anni di collaborazione tra i due unici due giocatori croati ad avere vinto uno Slam in campo maschile.
Tutto inizia dunque nel settembre 2013 e non inizia certo nei migliori dei modi, dato che proprio in quel periodo Cilic viene squalificato per 9 mesi (poi ridotti a 4) per doping, il famoso caso della “zolletta di zucchero”. Cilic – che non giocava da fine giugno perché accettò di venir sospeso cautelativamente (ma si scoprirà solo al momento della squalifica) e si ritirò prima del match del secondo turno a Wimbledon – torna a giocare solo a fine anno, a Paris Bercy, scivolando al n. 37 ATP, dal n. 12 che occupava prima di Wimbledon.
Si può perciò dire che di fatto sia il 2014 la prima vera stagione in cui il binomio Goran & Marin entra a regime. Ed è la più bella stagione di Cilic: che inizia l’anno con le vittorie di Delray Beach e Zagabria, prosegue la stagione con delle ottime prestazioni negli Slam di Parigi e Londra dove viene fermato solo da Novak Djokovic, che nei quarti di finale di Wimbledon ha bisogno di 5 set per avere la meglio sul croato. Poi arriva la magia, la fantastica vittoria a New York, con le tre prestazioni incredibili sfoderate da Cilic dai quarti in poi, dove batte nell’ordine Berdych, Federer e Nishikori senza perdere un set ed eguagliare così il suo coach vincendo anche lui un torneo del Grande Slam. Nonostante alcuni problemi alla spalla destra, che si erano palesati già prima di New York, Marin riesce a conquistare anche il torneo di Mosca e a concludere la stagione con la sua prima partecipazione alle ATP Finals, piazzandosi al nono posto della classifica ATP di fine anno.

I problemi alla spalla non danno tregua al tennista di Medjugorje, che deve fermarsi all’inizio del 2015 e fa il suo esordio solo a marzo a Indian Wells. Ma non è ancora del tutto a posto e deve fermarsi ancora un mese, per ripartire poi dalla terra battuta di Montecarlo. Ovviamente ritrovare il ritmo partita dopo tanti mesi non è banale e solo a Wimbledon, dove viene fermato nuovamente ai quarti da Djokovic, inizia a carburare. Arriva a New York e sembra che di nuovo il cemento di Flushing Meadows riesca a fare la magia e a far esprimere al tennista di Medjugorje tutto il suo potenziale. Marin arriva in semifinale, ma deve nuovamente fare i conti con un problema fisico: si era procurato un infortunio alla caviglia negli ottavi di finale contro Chardy, che peggiora giocandoci sopra per cinque set contro Tsonga. In semifinale praticamente non è in grado di opporre alcuna resistenza al futuro vincitore Djokovic. Nuovo stop e rientro giusto in tempo per difendere il titolo a Mosca e riuscire così a finire la stagione tra i top15, in 13esima posizione.

Il 2016 non parte con grossissimi squilli, a parte la finale a Marsiglia (sconfitto da Kyrgios), ma quando sembra che i quarti di finale di Indian Wells siano un segnale che sta per tornare il vero Cilic, l’ennesimo infortunio, questa volta al ginocchio destro, lo costringe alla resa contro Simon e gli fa saltare tutti i Masters 1000 sulla terra battuta. Recupera giusto in tempo per il Roland Garros, e la finale disputata la settimana prima a Losanna (battuto da Wawrinka) sembra di buon auspicio, invece a Parigi esce subito per mano dell’argentino Trungelliti.
Poi però si regala delle ottime prestazioni sull’erba: semifinale ai Queen’s e l’incredibile match contro Federer nei quarti di finale dei Championship, dove non riesce a capitalizzare due set di vantaggio e tre match point. In quell’occasione fa il giro del mondo su Internet l’espressione di Ivanisevic stravolta dalla tensione, colta dalle telecamere durante l’emozionante tie-break del quarto set. Che ora diventa l’ultima immagine “ufficiale” di Goran come coach di Marin Cilic.

goran ivanišević

Ivanisevic durante il tie-break tra Cilic e Federer a Wimbledon 2016

Quando un rapporto si interrompe in maniera così improvvisa, senza che nessuno dei protagonisti sia andato oltre ai classici ringraziamenti all’altro e abbia fornito spiegazioni, si scatena la ridda delle ipotesi sui veri – o presunti tali – motivi della separazione.
Caratteri troppo diversi, un impegno diventato troppo oneroso quello di seguire un giocatore in giro per il mondo tutto l’anno, visioni diverse su come proseguire il lavoro assieme.
Sulla questione del carattere, c’è da dire che sin dall’inizio a molti in Croazia il loro binomio erano sembrato strano: da una parte l’esuberante e tutto istinto Ivanisevic, dall’altra il tranquillo, riflessivo e pacato Cilic.
Goran per carattere non è il classico allenatore, come per carattere è anche una persona diversa da Marin, sono quasi all’opposto. Io stesso, quando iniziarono, mi chiesi come avrebbe potuto funzionare. Invece è andata bene. Si è visto che Goran è riuscito a trasmettere a Marin determinate cose, gli ha migliorato il servizio, lo ha spinto a giocare in maniera più aggressiva. Goran è un impulsivo, perciò non mi aspettavo che questa collaborazione durasse in eterno” ha dichiarato ad un giornale croato una persona che li conosce bene entrambi, l’ex direttore del torneo ATP di Zagabria, Branimir Horvat.
E tre anni non sono pochi, soprattutto se si deve seguire un giocatore per 365 giorni l’anno e nel frattempo si presentano nuove opportunità.
“C’è da valutare il fatto che il lavoro del coach obbliga a tante rinunce, a tanti viaggi, a stare lontano dalla famiglia. Senza considerare che Goran è molto richiesto per le esibizioni, forse uno dei più richiesti tra gli ex campioni del circuito” ha aggiunto Horvat.
Altre voci di corridoio riportano che da qualche tempo tra i due ci fossero visioni discordanti sui metodi di allenamento e sulle cose su cui avrebbe dovuto lavorare Marin, anche se – come detto – nulla è trapelato direttamente da loro.

“Sono sorpreso, per prima cosa perché Marin con Goran è diventato un grande giocatore, lo ha aiutato nella tattica di gioco, nel cogliere e lavorare su certi dettagli è stato acuto e scaltro. Non so perché hanno deciso di non lavorare più assieme” ha dichiarato il leggendario allenatore croato Nikki Pilic, riprendendo di fatto la sostanza delle cose dette da Cilic in più occasioni: che era Goran che preparava le tattiche da adottare con i singoli avversari, che ha limato certe aspetti del suo gioco e che soprattutto – e su questo sono in molti a concordare – è riuscito a trasmettergli la capacità di avere fiducia in sé stesso, anche dopo delle dure sconfitte. Pilic ha voluto poi soffermarsi sulla l’attuale situazione di Cilic e sui possibili sviluppi della sua carriera agonistica.
“Per il suo tipo di gioco, Cilic deve essere sempre fisicamente a posto. Ovvio che essendo alto quasi due metri non può essere agile come molti dei suoi avversari, ma ci sono ampi margini di miglioramento in questo senso. Si è visto a Wimbledon, dove ha giocato il miglior tennis sull’erba della sua vita, ma al quinto set non ha potuto tenere il ritmo, sennò sarebbe “saltato”. Inoltre Marin è un giocatore molto brillante quando è in giornata, invece quando le cose non girano per il verso giusto non riesce ad uscire dal “buco nero”. Da questo punto di vista ha troppi alti e bassi per un giocatore di quel livello, questa è una cosa che il nuovo allenatore dovrà trovare il modo di correggere” ha detto il 77enne coach spalatino, che era l’allenatore del suo concittadino Ivanisevic in occasione dell’incredibile vittoria a Wimbledon nel 2001.

“Auguro a Marin tutto il meglio” ha detto Goran quando ha confermato la notizia della fine della collaborazione con Cilic, precisando poi che non aggiungerà altro.
Forse, semplicemente, non ha aggiunto altro perché non c’era veramente niente da aggiungere. Lui e Marin hanno fatto assieme un bel percorso – a tratti difficile, a tratti entusiasmante – durato ufficialmente poco più di 1.000 giorni, ma in realtà iniziato molto tempo prima.
Forse, semplicemente, era giunto il momento che il loro rapporto si evolvesse: che dopo tanti anni Cilic tagliasse quel “cordone ombelicale” che lo legava sin da adolescente all’icona del tennis croato e che Goran a sua volta non si preoccupasse più di quel timido ragazzino di Medjugorje, ormai diventato uomo.
Forse, semplicemente, era il momento giusto per salutarsi.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement