Berdych & Co, niente Masters e un anno in bianco e nero

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Berdych & Co, niente Masters e un anno in bianco e nero

I grandi assenti dal Masters di fine anno. Tra infortuni, sconfitte e il tempo che avanza, che ne sarà del loro 2017?

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Le ATP Finals 2016 saranno celebri per il trionfo e la consacrazione in vetta al ranking di Andy Murray. È stato, a tutti gli effetti, il “suo” Masters, dominando nei mesi precedenti e suggellando nella settimana londinese la leadership tanto sofferta quanto meritata.

Il campionato del mondo tra i migliori otto del circuito verrà ricordato anche per l’assenza di due degli storici Fab Four dell’ultimo decennio, gli infortunati Roger Federer e Rafa Nadal. Tuttavia, oltre alle defezioni di Roger e Rafa, minati da problemi fisici da mesi, altri nomi illustri non erano della partita a Londra. Berdych, Tsonga (anche se entrambi riserve in extremis), Ferrer e Gasquet hanno fallito il rendez-vous del grande evento di fine stagione.

Tomas Berdych, l’eterno incompiuto

Perché non attacca di più? Possibile che si “sciolga” sempre sul più bello? Ma non si arrabbia neanche un po’?. Quante volte abbiamo dato sfogo a queste considerazioni osservando un match di Tomas Berdych… Il ceco diventa spesso perfino esasperante quando è in campo, ma per ragioni diverse da quanto possano far irritare, ad esempio, un Fabio Fognini o un Nick Kyrgios. Non gli si chiederebbe mai di assumere gli atteggiamenti a volte fin troppo sopra le righe dell’azzurro e dell’australiano ma, insomma, un po’ più di quella sana grinta, la capacità di concretizzare nel momento opportuno e un piano B degno del suo tennis sarebbero cosa buona e giusta! Ora Berdych, invece di riuscire a disinnescare la “normalità” della suo rendimento e offrirsi la gloria al pari di altri suoi colleghi trentenni o quasi (vedi Wawrinka e Murray) rimane, per ora, quello di sempre: un tennista dal potenziale altissimo sul piano fisico e atletico ma privo di audacia nel rompere i suoi schemi nella vera offensiva in campo. Ancora troppo fragile dunque, soprattutto sul piano caratteriale. Un vero peccato.

Quest’anno, dopo una stagione alquanto opaca, rimane perfino escluso dalle ATP Finals, lui che era stato tra i magnifici otto per sei anni di fila. Per le defezioni di Federer e Nadal, sarebbe poi stato riserva ma ci rinuncia, allontanandosi dall’ultima ribalta dell’anno per rifiatare al sole delle Maldive. È vero che si è dovuto sottoporre ad un’operazione per appendicite quest’estate ma, a parte il suo unico titolo a Shenzhen (categoria 250) e la semifinale a Wimbledon, il ceco non riesce a emergere veramente, chiudendo, a 31 anni, al n. 10 del ranking. Nel finale di stagione, a Bercy, conferma per l’ennesima volta di non avere quella “cattiveria” necessaria per elevarsi al livello dei top 4. In vantaggio 6-1 nel tie-break del primo set contro il futuro n. 1 del mondo Andy Murray, si fa rimontare per perdere poi 11-9 e soccombere 7-5 anche nel secondo. Ma, la cosa più grave è: ci credeva davvero, Berdych, che avrebbe potuto vincere quel match contro Murray?

Jo-Wilfried Tsonga, 31 anni. E adesso?

Il francese si qualifica come riserva del Masters in extremis. Preferisce però dare forfait (insieme a Berdych) cedendo così il posto a David Goffin. Si tratta per lui di una stagione sotto tono anche se scandita da vari infortuni. Tuttavia, nei momenti di forma, ha mancato l’acuto del campione. A 31 anni, Jo, ex n. 5 del mondo, sembra, almeno per ora, aver esaurito le frecce del suo arco. Al pari di Tomas Berdych, vanta finora una sola finale slam (in Australia nel 2008) e, da allora, nonostante le altre cinque semifinali nei major e i 12 titoli vinti, il suo rendimento in campo non gli ha permesso di integrare il gruppo dei Fab Four, come lasciava presagire il suo tennis e il suo potenziale atletico.

Nel 2016 perde in semifinale a Montecarlo con Monfils; ai quarti di finali a Wimbledon contro Murray; sempre ai quarti a Shanghai contro Bautista-Agut; in finale a Vienna ancora con lo scozzese e nei quarti a Bercy con Milos Raonic. Giocatore altamente esplosivo se sorretto da un’ottima condizione fisica, è però caratterizzato da un rovescio bimane poco fluido e troppo spesso “strappato” che non ha mai veramente raggiunto i livelli del rovescio, ad esempio, di un Cilic o di un Nishikori. A 31 anni e mezzo, si ha la sensazione che sia tatticamente che dal punto di vista tecnico, il francese difficilmente possa estrarre dalle proprie corde quell’elemento in più in grado di permettergli di compiere l’impresa “accarezzata” nel 2008 a Melbourne.

David Ferrer, la macchina si inceppa

A quasi 35 anni – e per la prima volta dal 2004 – David Ferrer chiude la stagione fuori dalla top 20 (n. 21). Anch’egli minato da alcuni infortuni quest’anno, David ha faticato non poco a tenere alto lo standard delle prestazioni a cui ci aveva abituato negli ultimi anni. Tennista infaticabile e dalla volontà di ferro, ricordiamo che Ferrer è comunque entrato nella rosa dei migliori raggiungendo la 3a posizione mondiale nel 2013 e vantando nel suo palmares una finale slam, altre 5 semifinali major, un Masters 1000 e un totale di 26 titoli ATP.

Paga però un tennis altamente dispendioso nonché il tempo che avanza. E, per questo, è certamente il più “scusabile” di tutti gli altri tennisti che hanno fallito il rendez-vous con la storia. Quest’anno, non solo è stato travolto più volte dal rullo compressore Andy Murray e dal ritrovato del Potro, ma è caduto sotto i colpi di racchette meno illustri come quella di Julien Benneteau, Evgeny Donskoy, Alberto Ramos Vinolas e Kyle Edmund. In carriera, il tennista di Valencia partecipa sette volte al Masters di fine anno, ininterrottamente dal 2010 al 2015, raggiungendo la finale nel 2007 e la semifinale nel 2011.

Richard Gasquet, che ne è de l’enfant prodige?

Il francesino dal magico rovescio nel 2016 mette in cantiere alcuni successi. Ma, purtroppo, senza brillare più del solito. Titolo a Montpellier e ad Anversa; semifinale a Shenzhen. Con i quarti di finale al Roland Garros per la prima volta in carriera, sembrava finalmente che l’ex enfant prodige di Francia, grazie al suo tennis delizioso, riuscisse finalmente a realizzare il tanto agognato exploit in un major. Invece, ancora una volta, dopo una performance da urlo, l’indomani Richie si sveglia dal suo sogno dorato e sembra “accontentarsi” di un solo attimo di gloria.

Capace di incantare con il suo rovescio irresistibile, non è però altrettanto capace di dare una vera svolta alla sua carriera. Al Masters di fine anno si era qualificato solo due volte, nel 2007 e nel 2013. Ma, ormai 30enne – e dopo la semifinale a Wimbledon nel 2015 e i quarti al Roland Garros quest’anno – ci saremmo aspettati finalmente non solo un consolidamento nella top 10, ma la conferma di saper terminare la stagione tra i grandi.

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