40 anni dal trionfo in Davis. Panatta: "Triste vedere oggi la competizione trascurata" [AUDIO]

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40 anni dal trionfo in Davis. Panatta: “Triste vedere oggi la competizione trascurata” [AUDIO]

L’ESCLUSIVA – Per chiudere la giornata dedicata al trionfo dell’ItalDavis nel ’76, Adriano Panatta ricorda con il nostro direttore quella storica vittoria e si rammarica di come oggi i big disertino la competizione

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Santiago: quarant’anni dopo tanta ipocrisia. E oggi tanta nostalgia per l’unica Davis

40 anni dal trionfo in Davis. Bertolucci: “Finora se ne sono fregati, ora fanno festa”

Davis ’76: “Fu un’impresa, ma l’Italia non lo capì” (Crivelli). L’orologio della Coppa Davis (Azzolini). Una vittoria costruita 10 anni prima a Formia (Bertolucci)

Quell’Italia che fece la storia. Davis, un trionfo lungo 40 anni (Semeraro). “Quella Coppa completò il mio riscatto” (Ferrero). Una Coppa e due Italie: quella che vinse in Cile e l’altra che perse a casa (Tauceri)

Intervista di Ubaldo Scanagatta, introduzione a cura di Stefano Tarantino

Era il dicembre del 1976, la nazionale italiana di tennis formata da Adriano Panatta (quell’anno salito fino alla posizione nr.4 del mondo), Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, aveva raggiunto la terza finale di Coppa Davis della sua storia (le altre due erano state conquistate da Pietrangeli & Co. sul finire degli anni ’50, in entrambi i casi battuti dall’invincibile Australia di quel periodo). Quell’anno l’Italia si era fatta largo agevolmente nei turni preliminari del raggruppamento europeo (non esisteva ancora il World Group, entrato in vigore nel 1981), eliminando senza problemi Polonia, Jugoslavia e la Svezia orfana di Bjorn Borg senza perdere nemmeno un singolare. La prima prova del fuoco arrivò nella finale della Zona Europea dove fummo chiamati alla trasferta in terra britannica, non tanto per la consistenza dei nostri avversari (su tutti Roger Taylor, semifinalista a Wimbledon, ed i fratelli Lloyd), quanto per il fatto che si giocò sul campo nr.1 di Wimbledon e quindi sull’erba.

Nell’occasione capitan Pietrangeli trovo il jolly Zugarelli, schierato come secondo singolarista al posto di Corrado Barazzutti, poco avvezzo alla superficie. Nonostante la sconfitta in doppio di Panatta e Bertolucci (con annessi 3 match point sprecati) l’Italia chiuse la contesa 4-1 e volò nella finale Interzonale, giocata poi al Foro Italico contro l’Australia. Quella forse fu la vera finale e nonostante l’ostico Alexander (che batté prima Panatta e poi Barazzutti), fu alla fine decisivo il singolare (oltretutto giocato il lunedì mattina a causa della maratona tra Alexander e Barazzutti nel primo singolare dell’ultima giornata) tra Adriano Panatta e John Newcombe, che l’azzurro si aggiudicò in 4 set dopo aver faticato nei primi due.

La finale ci propose la famosa trasferta in Cile, un avversario di medio livello che era giunta all’atto conclusivo anche per la rinuncia della Russia (squadra sicuramente temibile) che per protesta nei confronti del dittatore Pinochet non volle affrontare la trasferta in terra sudamericana. Anche per gli azzurri la vigilia della partenza non fu semplice, anzi. Si aprì come tutti sappiamo un dibattito infinito sull’opportunità o meno di affrontare la trasferta, ma Pietrangeli e Panatta (“Mi devono stracciare il passaporto se non mi vogliono far partire”) su tutti lottarono fino all’ultimo per giocare (a ragion veduta) quella finale tanto agognata e meritata.

Alla fine andammo in Cile e come da pronostico vincemmo la finale e la Coppa Davis, grazie al doppio nel quale Panatta e Bertolucci (dopo le vittorie di Adriano e Barazzutti nei due singolari della prima giornata) batterono il 18 dicembre i cileni Cornejo e Fillol in 4 set per il 3-0 definitivo.

Da allora sono passati esattamente 40 anni e sono state tante le celebrazioni di quella vittoria nell’occasione dell’importante anniversario. Anche Ubitennis non si è sottratta al doveroso omaggio agli autori di quell’impresa, con due interviste fatte dal nostro direttore ad Adriano Panatta e Paolo Bertolucci, coppia d’oro del tennis italiano e come detto protagonisti di quell’evento.

Adriano Panatta, di cui di seguito potete sentire l’intervento, ha ricordato non solo la vittoria di allora ma ha anche fatto un paragone tra quanto la manifestazione fosse sentita allora dai migliori tennisti del circuito al contrario di oggi (“Il fatto che dicano che la Davis rovini la loro programmazione è una stupida scusa, cosa possono cambiare due o tre week-end all’anno”). Ha però anche evidenziato come forse il format andrebbe rivisto e di conseguenza anche la programmazione della Davis (“Ma tanto l’ITF e l’ATP non troveranno mai un accordo” ha sottolineato Adriano). Insomma, un Panatta che come al solito non ha avuto peli sulla lingua, anche se siamo sicuri che tutte queste celebrazioni non gli siano dispiaciute, a lui soprattutto che visse nel ’76 un anno d’oro, con la vittoria a Roma, al Roland Garros e la conquista per l’appunto della Coppa. E probabilmente sa anche quanto il suo tennis e le sue vittorie manchino agli appassionati italiani

Sintesi dell’audio a cura di Raoul Ruberti

Ti sorprende che se ne parli più quest’anno che vent’anni, trent’anni fa?
Mah, non lo so. È tutto l’anno che parlano dei quarant’anni della nostra Coppa Davis… per carità, fa piacere eh. Poi magari il fatto che in tutto questo tempo non sia successo nient’altro può aver ispirato a parlarne così tanto e a domandarci cosa ricordiamo. Ricordiamo che abbiamo vinto in Cile, come tutti sanno, con la complicazione per la trasferta e le contestazioni… siamo andati e abbiamo vinto e basta, si è risolto tutto, in una partita di tennis – anzi tre, tre a zero (si sono giocati anche altri due incontri ininfluenti, ndr).

Pensi che le “feste” di quest’anno siano state procurate, favorite anche dal fatto che sei stato celebrato per il Roland Garros vinto nello stesso anno 1976, e l’organizzazione di Parigi ti ha chiamato a consegnare la coppa al vincitore (Djokovic, ndr)?
Il fatto che mi abbiano chiamato al Roland Garros mi ha fatto molto piacere, i francesi sono maestri in queste cose qua (polemica con la italianissima FIT? ndr). Ha avuto molto risalto indubbiamente, e quindi diciamo che è stato preso spunto… sono usciti due o tre libri, forse anche troppi secondo me (Ride).

Più facile vincere la Davis all’epoca?
Fino a tanti anni fa non è che la vincessero tutti quanti, la vincevano quasi sempre le stesse squadre. Adesso la vincono un po’ tutti, anche perché ci sono defezioni da parte di tutti i migliori giocatori. Mi dispiace perché la Davis è particolare, è l’unica gara a squadre del tennis che è una disciplina assolutamente individuale. Quando c’è una squadra come la Svizzera che ha Federer e Wawrinka, e nessuno dei due gioca, dispiace. Molti giocatori non danno più importanza alla Davis; quando dicono che gli rovina la programmazione sono tutte quante stupidaggini, la pura verità è che non hanno voglia di giocarla. Si tratta di due, tre settimane all’anno.

E sul formato? Ad esempio il campione lo diventa a dicembre, e già a febbraio rischia di perdere lo status. Oppure le final eight…
Sono d’accordo su una formula nuova che dia più importanza alla Coppa Davis, ma la ATP e la ITF non si accorderanno mai. Se si desse importanza alla Davis sia in termine di punti che di prize money, invece di lasciare le proposte economiche ai giocatori a discrezione della singola federazione; se si potessero giocare due settimane in una sede unica sarebbe molto meglio. E poi quarant’anni fa chi vinceva la Coppa Davis non poteva perderla al primo turno. E per far giocare in tutte le nazioni, si potrebbero giocare le qualificazioni. Poi il mondo ora è globalizzato, ci sono le televisioni…

Sono stato recentemente a Palermo, e ancora tutti ricordano quando contro l’Italia giocarono Sampras e Agassi. Oggi quando mai potrebbe capitare?
Riguardo ai diritti TV alcuni dicono che la Davis non è più quella del 1900, e bisogna allargare il numero degli incontri, ma le TV sono interessate a trasmettere soltanto i numeri uno. Ma no, penso che la formula di quattro singolari e un doppio possa andare bene com’è oggi. Tanto vince sempre l’eccellenza, non è che se con quattro giocatori mediocri fai due punti susciti chissà quale interesse. Anche tanti tornei ATP che non sono i 1000 o gli Slam soffrono lo scarso livello e lo scarso interesse, la gente non va a vederli.

Ora che fai il telecronista ti dispiace esserti allontanato dal campo?
Il telecronista mi piace farlo, ma a differenza di Paolo è un impegno limitato. Però non ho nostalgia del tennis, ho tanti interessi. Uno dei motivi per cui si è parlato così tanto è che l’Italia non ha più vinto, e più passano gli anni più diventa storica quella. L’interesse all’epoca fu molto mediatico, le polemiche, la maglietta rossa… se avesse vinto qualcun altro tu non saresti a parlare qui con me adesso.

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