Nei dintorni di Djokovic: la Croazia si è fermata a Zagabria

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic: la Croazia si è fermata a Zagabria

Quattro mesi fa, a Zagabria la Croazia sfiorava la sua seconda Coppa. Cilic e compagni sono rimasti con la testa lì

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Zagabria, domenica 27 novembre 2016.
Marin Cilic si porta meritatamente in vantaggio due set a zero contro Juan Martin del Potro nel primo singolare dell’ultima giornata delle finale di Coppa Davis tra Croazia e Argentina. La nazionale balcanica, in vantaggio per 2-1 dopo le prime due giornate, è ad un solo set dalla conquista della seconda insalatiera della sua storia. E per quanto visto fino a quel momento alla Zagreb Arena, sembra l’epilogo più logico dell’atto finale della Davis 2016.

Invece, sei ore dopo, la storia da raccontare è completamente diversa.
Perché in quelle sei ore prima del Potro si è ritrovato, ha rimontato e ha vinto al quinto, e subito dopo Federico Delbonis, sulle ali dell’entusiasmo per la vittoria del compagno, ha spazzato via in tre set un Ivo Karlovic attanagliato dalla tensione.
Zagabria si tinge di albiceleste: i gauchos vincono la loro prima Coppa Davis. Mentre i croati tutti, a partire dal ct Krajan e dai giocatori, escono a capo chino dal palazzetto, provando una sensazione che è un misto tra delusione e incredulità per l’incredibile “remuntada” subita.

Sono passati quattro mesi da quella domenica di fine novembre, ma a giudicare da quanto visto in campo in questo primo spicchio di stagione sembrerebbe quasi che tutti i giocatori croati protagonisti in un modo o nell’altro di quella finale, siano rimasti ancora lì, a Zagabria. Delusi ed increduli per quella insalatiera sfuggita proprio quando sembrava ad un passo, ripensando ancora a quello che poteva essere e non è stato. Può sembrare esagerato, ma se si pensa a come la vittoria della Davis nel 2005 abbia consegnato alla storia dello sport croato gli artefici di quella vittoria e che molto probabilmente sarebbe accaduto lo stesso anche stavolta, a giudicare da quanto fosse attesa la finale di Zagabria dai croati, forse non lo è poi così tanto. E allora diventa plausibile pensare che il dispendio di energie nervose (oltre a quelle fisiche, legate al prolungamento della stagione e alla conseguente riduzione del periodo di riposo di fine anno) per la squadra croata sia stato talmente elevato che la ricarica delle batterie è ancora in corso.

Si diceva protagonisti in un modo o nell’altro, perché pare sia rimasto mentalmente sull’uscio della Zagreb Arena sia chi quella finale l’ha giocata, Marin Cilic, Ivan Dodig e Ivo Karlovic, e sia chi proprio all’ultimo – a 24 ore dall’inizio è stato sostituito da Skugor – ne è stato escluso, Borna Coric, dopo aver contribuito in maniera fondamentale a raggiungerla (sua la vittoria nel match decisivo contro Jack Sock nei quarti di finale vinti 3-2 contro gli USA).
Vediamo allora nel dettaglio quanto male è andato questo primo trimestre 2017 per i quattro tennisti croati.

Partendo da quello messo peggio in classifica, Ivan Dodig. Del 32enne di Medjugorje e delle sue scadenti performance in singolare avevamo già parlato un paio di settimane fa, dopo l’eliminazione nelle qualificazioni di Indian Wells.  Nulla è cambiato in questi 15 giorni, dato che nel frattempo il 32enne tennista di Medjugorje è stato eliminato al primo turno delle qualificazioni di Miami ed è sprofondato al n. 233 della classifica, lui che fino a sei mesi fa era top 100. E tra meno di un mese deve difendere, tra Barcellona e Monaco di Baviera, ben 65 dei suoi attuali 231 punti ATP. Come detto due settimane fa, sarà durissimo risalire per lui, considerato che ora deve passare per i tabelloni di qualificazione dei tornei ATP e giocare i Challenger.

Il ventenne Borna Coric, che aveva iniziato l’anno al n. 48 ATP, si ritrova invece oggi fuori dalla top 50 (è n. 59) e con alcune brutte sconfitte sul groppone. Perdere con tre giocatori fuori dalla top 100 (Bedene, Chung e Laaksonen) rappresenta infatti un grosso campanello d’allarme per il giovane talento croato, dal quale gli addetti ai lavori in questa stagione si attendono il definitivo salto di qualità. La vittoria a Miami contro Thiem non tragga in inganno: il risultato è stato più demerito dell’austriaco, falloso all’inverosimile, che merito di Coric, che si è limitato a fare il suo compitino in campo. E difatti non ha poi superato la tommasiana prova del nove, uscendo subito dopo per mano di Mannarino.
C’è da dire che dei quattro Borna è sicuramente quello che ha più attenuanti, reduce com’è da una seconda metà di stagione veramente difficile. In primis per l’infortunio al ginocchio, che di fatto ha posto fine al suo 2016 a Cincinnati, a fine agosto, proprio quando le vittorie su Kyrgios e Nadal sembravano essere il segnale che il ragazzo stesse per spiccare il volo. Invece per lui in quel momento è iniziato un piccolo calvario professionale: l’infortunio, la conseguente operazione a fine settembre dopo che la terapia conservativa non aveva sortito alcun effetto, l’ennesimo cambio di allenatore – Ivo Ancic è il quinto coach di Borna da quanto nel 2013 è passato professionista – proprio poco prima di operarsi, la faticosa riabilitazione per cercare di essere pronto per la finale di Davis, l’esclusione all’ultimo minuto dalla stessa con annessa polemica nei confronti del ct Krajan. E come se non bastasse, anche in ambito personale le cose non sono andate bene, con la rottura a dicembre della relazione con la fidanzata.
Insomma, quello da Ferragosto a Natale è stato un periodo veramente da dimenticare per Coric. Che probabilmente deve ancora metabolizzarlo del tutto, a giudicare dall’insolito eccessivo nervosismo che mostra in campo (vedasi la spropositata reazione ad Irving dopo il punto perso contro Dustin Brown).
Il tempo però inizia a stringere. A breve infatti comincia la stagione sulla terra rossa, dove dovrà difendere i buoni risultati della scorsa stagione: prima la finale di Marrakech ed i quarti di Estoril, un po’ più avanti il terzo turno di Madrid e Parigi. In termini di punti ATP, si tratta di 330 dei suoi 780 punti complessivi. Considerato che il tennista di Zagabria in questi primi tre mesi ne ha racimolato solo 185 (in questo momento è n. 90 nella Race), o cambia marcia o rischia seriamente di uscire dalla top 100 tra un paio di mesi.

Se guardiamo invece la classifica di Ivo Karlovic, che dall’inizio dell’anno è sceso solo di un gradino, dal n. 20 al n. 21, non sembrerebbe poi che per lui le cose vadano così male. In realtà il gigante croato sfrutta il fatto che lo scorso anno era stato fermo parecchio a causa di problemi al ginocchio e di conseguenza ha pochi punti da difendere. Ma se andiamo a vedere i risultati, notiamo che dopo una discreta partenza, con i quarti a Doha ed un terzo turno agli Australian Open dove si è tolto lo sfizio di vincere 22-20 al quinto quella che è diventata la partita con il maggior numero di game nella storia degli Australian Open, dr. Ivo si è fermato. È uscito quattro volte di file al primo turno (Quito, Memphis, Delray Beach e Indian Wells) e solo a Miami ha bloccato temporaneamente l’emorragia di sconfitte con la vittoria su Kuznetsov, perdendo peraltro subito dopo (anche se con il Kyrgios di questo periodo ci sta). Uno stop in termini di risultati che la classifica della Race certifica impietosamente: n. 83. Per Karlovic le cambiali pesanti in termini di punti scadranno solo dopo Wimbledon: tra Newport, Washington e Los Cabos (due vittorie e la finale nell’ATP 500 della capitale statunitense per lui lo scorso anno) dovrà difendere ben 800 dei suoi 1.840 punti. Quindi ha ancora un po’ di tempo per rimettersi in carreggiata, sebbene qualcosina dovrà fare anche prima, visto che tra il terzo turno a Parigi e la semi a s-Hertogenbosch, ha in scadenza 180 punti. Non si può nascondere il fatto che ripetere la pazzesca estate dello scorso anno con un anno in più sulle spalle – e sono 38 in tutto – sembra una “mission impossible”, anche se la carriera di Ivo è da sempre tutto uno smentire giudizi e pronostici…

“Voglio essere tra i primi cinque al mondo” aveva detto Marin Cilic lo scorso novembre, proprio poco prima della finale di Coppa Davis.
Un obiettivo che in quel momento sembrava obiettivamente alla portata del n. 1 croato, reduce da una sfavillante seconda parte di stagione: quarti a Wimbledon (con anche il rimpianto per i match point non sfruttati nella grande partita giocata contro Federer, primo Masters 1000 (Cincinnati) e primo ATP 500 (Basilea) vinti in carriera, seconda qualificazione in carriera alle ATP Finals e infine – ciliegina sulla torta proprio grazie alla vittoria a Londra su Nishikori – best ranking al n. 6. Sembrava un obiettivo raggiungibile anche perché lo scorso anno a causa di un problema al ginocchio non aveva giocato molto fino a metà maggio e di conseguenza aveva pochi punti da difendere nel primo semestre.
Invece Marin è riuscito nell’impresa di non farcela e di scivolare addirittura in classifica: oggi è ottavo, ma gli è andata di lusso perché probabilmente senza l’infortunio di Monfils, la paternità di Tsonga e la scriteriata prestazione di Thiem di Miami, a quest’ora sarebbe persino fuori dalla top ten. Per lui in questo di inizio stagione 5 vittorie e 7 sconfitte, 41esima posizione nella Race. Fanno sensazione soprattutto le sconfitte, ben cinque, contro giocatori fuori dalla top 50: Kovalik, Evans, Brown, Fritz e Chardy (Kovalik e Fritz fuori anche dai top 100). C’è stato anche qualche buon risultato, nell’ordine i quarti a Rotterdam e la semifinale ad Acapulco, ma più per effetto di tabelloni non particolarmente impegnativi – delle cinque vittorie complessive tra Olanda e Messico solo una è stata ottenuta su un top 30, il n. 26 Johnson – che non per particolari meriti del 28enne di Medjugorje. Tanto che in entrambi i casi al primo serio ostacolo è uscito di scena: in Olanda ha lottato, perdendo dopo due tie-break contro l’ispirato Tsonga di meta febbraio, ma ad Acapulco con Nadal ha racimolato solo tre game.
Sulla terra rossa nei prossimi mesi Cilic dovrà difendere solo la finale di Ginevra: pur non trattandosi della sua superficie preferita, è il caso che ci racimoli qualche vittoria, soprattutto per mettere un po’ di benzina nei serbatoi della fiducia e dell’autostima, che al momento sembrano parecchio in riserva. Per un giocatore come lui, non proprio un mostro dal punto di vista della solidità mentale, sarebbe pericoloso arrivare agli appuntamenti estivi del Queen’s (fece semifinale l’anno scorso), di Wimbledon e di Cincinnati – dove dovrà difendere 1.540 dei suoi 3.385 punti – con poca serenità e tanti dubbi. Insomma, per coach Bjorkman il lavoro non manca.

Visti i risultati, Ivan, Borna, Ivo e Marin sono tutti rimandati dopo il primo trimestre. In situazioni come queste, il fatto che il calendario tennistico sia così denso di appuntamenti rappresenta probabilmente un vantaggio, perché concede a tutti e quattro la possibilità mettersi tutto alla spalle e di puntare ad una immediata ripresa.
Ma a condizione di mettersi alle spalle proprio tutto, compresa quella domenica di fine novembre. Chiudendo definitivamente, dietro e dentro di sé, la porta della Zagreb Arena.

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