International Tennis Symposium: internazionale di nome e di fatto

Focus

International Tennis Symposium: internazionale di nome e di fatto

Nonostante le assenze dell’ultim’ora, in primis quella di Toni Nadal, l’evento organizzato da Pro Camp MGM Italia e GPTCA è stato un successo. Grazie ai coach di tutto il mondo scesi in campo, ai racconti di Josè Perlas e ad un Stefano Galvani in versione “Rocky”

Pubblicato

il

 

dal nostro inviato a Milano

Alla fine è andata benissimo, ma le premesse non erano state certamente delle migliori. Anzi. Gli organizzatori della 19esima edizione dell’International Tennis Symposium tenutasi sabato 11 e domenica 12 novembre nel Palazzetto dello Sport del Centro Pavesi di Milano, la Pro Camp MGM Italia e la GPTCA – l’associazione internazionale dei coach di tennis che in contemporanea organizzava il corso per l’ottenimento della qualifica di “Tennis coach certifed by ATP”, di cui il Simposio era parte integrante – a ridosso dell’inizio della manifestazione si erano infatti ritrovati improvvisamente senza ben tre dei relatori previsti. E che relatori. Il primo a dare forfait era stato uno dei nomi più attesi, se non il più atteso: Toni Nadal, che doveva anche venir insignito della Laurea Honoris Causa in Sport Coaching della Newport Research University. Poco dopo arrivava anche la rinuncia di chi avrebbe dovuto almeno parzialmente coprirne l’assenza: Claudio Pistolesi era stato fermato dalla bronchite, mentre Robert Davis (storico coach del giocatore pakistano Qureshi, già top 10 in doppio, che ha ricoperto anche il ruolo di Direttore Tecnico in diverse federazioni asiatiche) aveva dovuto lasciare Milano venerdì sera per un improvviso impegno personale.

Ma Alberto Castellani (presidente GPTCA), Mauro Campanelli e Massimo Rossi (rispettivamente presidente e presidente Onorario della Pro Camp MGM Italia) non si sono persi d’animo ed insieme ai loro collaboratori hanno saputo fare di necessità virtù, riuscendo a far sì che, come si suol dire in gergo sportivo, le riserve non facessero rimpiangere i titolari. Anche se visti i nomi che hanno calcato alla fine il parquet del palazzetto milanese non si può certo parlare di riserve: Jean-Philippe Fleurian – ex n. 37 ATP  -, Laura Golarsa – ex top 50 WTA, oggi affermata coach e telecronista Sky – e Patricio Remondegui – storico coach delle sorelle Serra Zanetti e di Stefano Galvani. E non solo loro, come leggerete nel seguito.

 

Ma procediamo con ordine e raccontiamo come è andata. L’inizio del Simposio, nella mattinata di sabato, ha visto i previsti interventi su nutrizione ed integrazione alimentare del nutrizionista sportivo Massimo Rapetti della Enervit, sponsor dell’evento, e quello sulla prevenzione degli infortuni di un preparatore atletico di fama internazionale come il rumeno Dragos Luscan, fino a poche settimane nello staff della n. 1 del mondo Simona Halep. A seguire, come da programma, la cerimonia di consegna del Master Degree in Sport Coaching della Newport Research University a Dick Hordorff – coach di fama mondiale che ha lavorato, tra gli altri, con Rainer Schuttler e Janko Tipsarevic, già vicepresidente della federtennis tedesca e capitano di Coppa Davis di Taiwan – e al suo ex allievo Ranier Schuttler – ex top 5 ATP e finalista Slam, oggi anche lui allenatore oltre che organizzatore del torneo ATP di Ginevra. A seguire, sono scesi in campo i relatori “last minute”. Prima Patricio Remondegui, supportato proprio dal suo ex allievo Stefano Galvani, oggi anche lui dall’altra parte della barricata dato che allena al C.T. Rimini, e poi Laura Golarsa. Entrambi hanno parlato di tecnica: il coach di origine argentina ha mostrato alcuni degli esercizi che utilizzava quando lavorava con Stefano, mentre la ex n. 39 del mondo ha indirizzato il suo intervento su esercitazioni e correttivi nell’allenamento a livello giovanile.

Dopo la pausa pranzo, ad aprire la sessione pomeridiana è stato Jean-Philippe Fleurian che ha presentato il metodo TIGA, finalizzato ad accelerare il miglioramento della performance del giocatore. Il metodo verte sull’importanza di definire puntualmente gli obiettivi di breve, medio e lungo termine e di stilare il relativo piano di lavoro e poi monitorarlo periodicamente. Di tali argomenti su Ubitennis ne avevamo parlato in tre due degli articoli della rubrica sul mental coaching, quelli sugli obiettivi (1 e 2)  e quello sul piano d’azione. Il metodo di Fleurian, in estrema sintesi, è di fatto una implementazione di tale approccio che coinvolge tutte e tre le macro-aree necessarie ai fini del raggiungimento della massima performance sportiva: preparazione tecnico-tattica, fisica e mentale. L’ex top 40 ha voluto sottolineare – e non è stato l’unico, come vedremo, tra i relatori della manifestazione – l’importanza di parlare e ragionare sempre in termini di obiettivi di performance e non di risultato.

La seconda sessione del pomeriggio, che completava così la sostituzione del secondo intervento di Toni Nadal, è stata veramente particolare e coinvolgente per i partecipanti al Simposio. Considerato che alcuni dei coach presenti erano di assoluto livello internazionale, dato che erano a Milano per conseguire la massima qualifica GPTCA, il livello A, per la quale uno dei prequisiti previsti– a meno di deroghe autorizzate dalla GPTCA in accordo con l’ATP – è quello di aver allenato giocatori almeno a livello Challenger, Castellani e gli altri organizzatori hanno pensato bene di coinvolgerne circa una decina, tutti rigorosamente di paesi diversi, con il compito di presentare almeno tre degli esercizi che utilizzano con i propri giocatori. Tanto per capirci, tra questi, oltre hai già citati Hordorff, Remodengui, Fleruian e Golarsa, anche i capitani di Coppa Davis tunisino ed iraniano e l’ex coach peruviano dell’ex top ten argentina Paola Suarez.

A concludere in bellezza quella prima giornata, che solo ventiquattro ore prima era avvolta da un grosso punto interrogativo, è stato di nuovo Luscan, che ha parlato del tema dell’allenamento della forza esplosiva di un giocatore. L’intervento, già di per sé interessante per la molteplicità di esercizi proposti dall’ex nazionale rumeno di pallamano, alla fine ha coinvolto tutti i presenti, che si sono ritrovati a fare il tifo per Stefano Galvani. La giornata aveva infatti visto alternarsi in campo diversi giocatori per effettuare le dimostrazioni degli esercizi presentati dai relatori, ma in molti casi il “protagonista” principale era stato proprio Galvani. Questo perché, pur in presenza di altri buonissimi giocatori, avere dall’altra parte della rete un ex top 100 ancora in ottima forma consentiva di valorizzare al meglio la dimostrazione dell’esercizio ed evidenziarne bene gli aspetti più importanti. Ebbene, nella sessione di Luscan la cosa è “degenerata”. Con l’andare dell’intervento ed il susseguirsi degli esercizi, pian piano sulle tribune aumentavano i commenti di stupore e ammirazione sulle notevoli capacità fisiche del 39enne originario di Padova. Anche al confronto dell’altro giocatore coinvolto nelle dimostrazioni, un seconda categoria con parecchi anni in meno e quindi in teoria più allenato, e considerato che erano ore che Galvani era in campo, dato che erano quasi le 19 e lui era lì praticamente dalle 10 di mattina. Ad un certo punto anche Luscan si è lasciato trasportare dall’entusiasmo di avere un atleta così reattivo fisicamente ed ha proseguito ad illustrare gli esercizi lavorando esclusivamente con Galvani e  aumentandone la difficoltà.

Galvani ha avuto un attimo di perplessità solo quando l’ex giocatore di pallamano della Steaua Bucarest gli ha chiesto di mettere un pallone medico da 5 kg in mezzo ai piedi per poi saltare cercando di lanciarlo il più in alto possibile dietro la schiena: “Con quello da 2 kg no?”. “No, 5kg” ha risposto Luscan, che in quel momento ha ricordato a molti il sergente Foley di “Ufficiale e gentiluomo (ed il pensiero di molti a quel punto è andato immediatamente a Simona Halep, che con Luscan ci lavorava ogni giorno). Ma Stefano, ormai entrato in modalità “Non fa male” in stile Rocky IV, a quel punto non ha più battuto ciglio: un paio di tentativi per capire bene e poi ha eseguito perfettamente l’esercizio. Con i partecipanti al corso che dalle tribune gli chiedevano addirittura di fare un sombrero alla Messi. Alla fine ci abbiamo anche scherzato su con Stefano, chiedendogli se per caso dopo una giornata così non fosse il caso di tornare a giocare ed iscriversi ad un Challenger (con Remondegui che, sentendoci, è stato subito al gioco: “Sì, sì, torna a giocare, dobbiamo trovare uno sponsor!”). Lui stesso in realtà ci ha confidato di essere rimasto stupito, reduce com’è da un intervento al menisco questa estate e senza tanto allenamento alle spalle. Insomma, una chiusura con il sorriso per una giornata iniziata con un po’ di preoccupazione.

Galvani esegue gli esercizi di Luscan (il primo a sx), davanti a Castellani e Remondegui

La seconda giornata è cominciata con Carlo Rossi, maestro della Pro Patria Milano, che ha parlato di Easy Tennis, di esercizi e giochi per i bambini finalizzati allo sviluppo di tutta una serie di abilità e capacità motorie da parte dei bambini, funzionali al successivo insegnamento del tennis. Subito dopo una sorpresa: la presentazione di una applicazione di realtà virtuale, VR-Brain Tracker, che con l’utilizzo del MOT (Multiple Object Tracking) consente di valutare e allenare tutte e quattro le componenti dell’attenzionesostenuta, che permette di selezionare degli obiettivi in modo costante e duraturo resistendo alla fatica prolungata, selettiva, la capacità di mettere a fuoco degli oggetti in movimento escludendo le distrazioni, distribuita, che divide contemporaneamente l’attenzione in oggetti più punti del campo visivo, e dinamica, cioè mantenere la concentrazione sulla posizione di oggetti in continuo movimento -, la memoria visiva e la visione periferica. I vantaggi sono molteplici: ad esempio, migliora la capacità di concentrazione nell’esecuzione delle esercitazioni quando è richiesta alta capacità attentiva, aumenta e migliora la capacità di memoria visiva a breve termine che è utile nelle azioni di gioco in cui la pressione è elevata ed in generale, aumentando le sue capacità percettive e cognitive, consente all’atleta di avere una maggiore sicurezza nei mezzi nelle azioni sotto pressione e quindi aumentare il massimo livello di performance. L’intervento ha suscitato molto interesse tra gli allenatori, come dimostrato dal numero di persone che al termine della presentazione hanno testato l’applicazione nelle due postazioni a disposizione.

Tanto da far iniziare con qualche minuto di ritardo l’ospite clou del Simposio, José Perlas. L’ex coach di – tra gli altri – Carlos Moya, Albert Costa, Juan Carlos Ferrero e Fabio Fognini, ha suddiviso il suo intervento in due parti, una teorica al mattino e una pratica nel pomeriggio, dopo il break. In mattinata l’allenatore spagnolo ha prima ripercorso i passaggi più importanti della sua carriera di allenatore di alto livello, per poi soffermarsi ad analizzare più in dettaglio il percorso che ha portato Carlos Moya e Albert Costa alla vittoria di uno Slam, rispettivamente il Roland Garros 1998 e 2002. Ma, seppur più brevemente, anche quello che ha consentito a Fabio Fognini di conquistare il titolo del doppio insieme a Stefano Bolelli agli Australian Open 2015 (“Anche se non ha il lustro di quelli in singolare, per me è comunque il mio terzo Slam da allenatore” ha voluto sottolineare). Con l’obiettivo di far capire all’auditorio – grazie anche ad alcune videointerviste registrate con gli stessi Moya e Costa, che hanno ripercorso quelle loro cavalcate vincenti a Porte d’Auteuil – quanto sia importante curare ogni dettaglio affinché “Tutti i pianeti siamo allineati”. Metafora utilizzata da Perlas per far capire che affinché tutto il lavoro svolto (“Noi lavoriamo per migliorare la performance, il risultato è una conseguenza” ha ribadito anche lui) si trasformi in un successo è necessario che tutto si incastri alla perfezione (“Basta che il giorno prima del match litighi al telefono con la fidanzata ed ecco che qualcosa si può incrinare“).

Nel caso di Moya, il fatto di aver già giocato una finale Slam in precedenza (a Melbourne l’anno prima) gli permise di affrontare quella finale di Parigi conoscendo già tutte le sensazioni che si provano a disputare un match di quella importanza. Perché, come ha voluto sottolineare il coach iberico “Tutte le partite in un torneo del Grande Slam sono difficili, ma la finale è veramente una cosa a parte”. Esperienza che invece non aveva mai provato il suo avversario Alex Corretja, che al massimo era arrivato ai quarti allo US Open 1996, e che indubbiamente sentì il peso e l’emozione di disputare la sua prima grande finale in carriera. Per quanto riguarda invece la vittoria del 2002 di Albert Costa, fu essenziale invece il fatto che inizialmente la stampa spagnolo non si interessò a lui, dato che tutte le attenzioni erano rivolte al grande favorito Juan Carlos Ferrero. Negli anni precedenti Costa aveva sofferto molto la pressione legata alle aspettative che molti in Spagna avevano su di lui dopo che aveva raggiunto i quarti a Parigi nel 1995, a soli vent’anni. Per lui perciò fu molto importante non essere al centro dell’attenzione perché poté concentrarsi su di sé, sul suo gioco e scendere in campo con maggiore serenità. Perlas al riguardo ha rivelato un curioso retroscena. Per Albert fu anche fondamentale la vittoria nei quarti in rimonta su Guillermo Canas, che era in vantaggio due set a uno e di unbreak nel quarto: per la prima volta riuscì a superare il fatidico scoglio dei quarti di finale in un torneo Slam e interiormente cominciò a credere di poter veramente arrivare sino in fondo. Ma a quel punto la stampa iberica si accorse di lui. Ecco che Perlas allora dovette intervenire per evitare che qualcosa interferisse con un meccanismo che stava girando alla perfezione. Riunì i giornalisti spagnoli e chiese loro di continuare a non puntare i riflettori sul suo allievo, che continuassero pure a parlare di Ferrero. Un aneddoto che fa capire come ad alto livello sia importante che il coach faccia veramente attenzione a tutto. Significativo in questo senso una dichiarazione di Carlos Moya nella videointervista, nella quale ha evidenziato di aver imparato proprio da Perlas come sia necessario essere coach ventiquattro ore al giorno. Un ringraziamento al suo vecchio coach, ma in realtà un messaggio agli allenatori presenti.

José Perlas durante l’intervento della domenica mattina al Simposio

Nella sessione pomeridiana, l’attuale allenatore del tennista serbo Dusan Lajovic ha poi mostrato in campo molti degli esercizi tecnico-tattici che usa con i suoi giocatori, soffermandosi a spiegare nel dettaglio le finalità di ogni specifica esercitazione. Il Simposio si è concluso così, con gli applausi dei presenti al grande allenatore spagnolo, mentre agli iscritti GPTCA veniva chiesto l’ultimo e più importante sforzo: il test di esame per ottenere la qualifica GPTCA (o salire di livello) e chiudere nel migliore dei modi questa intensa cinque giorni di formazione, dato che per loro il corso era iniziato mercoledì.

Sceso il sipario sull’evento milanese, la GPTCA prosegue la sua attività formativa a livello internazionale (i prossimi corsi si terranno in Polonia), mentre la Pro Camp MGM Italia comincia già a pensare alla prossima edizione del Simposio, quella del ventennale. Una ricorrenza importante, che Massimo Rossi, Mauro Campanelli e tutta la squadra dell’associazione meneghina hanno già preannunciato voler festeggiare nel migliore dei modi. Appuntamento perciò a tutti al prossimo anno.

Continua a leggere
Commenti

Flash

WTA Miami: Kvitova, prima finale al Sunshine Double

Petra Kvitova vince in rimonta il primo set poi chiude di slancio il secondo sconfiggendo Sorana Cirstea. Per lei l’ostacolo Rybakina per tentare il ritorno in Top 10

Pubblicato

il

Petra Kvitova - Miami 2023 (foto Ubitennis)

(da Miami il nostro inviato)

[15] P. Kvitova b. S. Cirstea 7-5 6-4

Nella sua novantanovesima apparizione in un torneo WTA 1000 Petra Kvitova è riuscita a raggiungere la sua prima finale al Miami Open sconfiggendo in due set una delle giocatrici più calde di questo periodo di stagione, la rumena Sorana Cirstea.

 

Un irresistibile strappo tra la fine del primo set e l’inizio del secondo che le ha permesso di vincere sette giochi consecutivi ha deciso la partita in favore della ceca, che dopo aver iniziato il match sbagliando un po’ troppo alla ricerca di angoli molto accentuati, ha poi messo a fuoco il mirino ed è stata assolutamente irresistibile facendo letteralmente a brandelli la seconda dell’avversaria (2 punti su 13 per un 15% nel primo set, per poi chiudere con un globale 26% a fine match).

PRIMO SET – Inizio di partita molto equilibrato tra due giocatrici che si conoscono molto bene, essendosi incontrate già 10 volte in oltre un decennio a tutte le latitudini e su tutte le superfici. Kvitova provava a sfruttare le sue traiettorie mancine tagliando il campo con angoli molto acuti. La ceca arrivava per prima alla palla break, ma Cristea rispondeva alla situazione molto bene. Sul 3-2 era Cirstea che con tre splendide risposte vincenti (o quasi) si conquistava tre palle break, tutte però annullate da colpi lungolinea di Cirstea che mancavano il bersaglio. Sulla quarta però il suo rovescio incrociato finiva in corridoio concedendo il primo allungo alla rumena.

Kvitova continuava imperterrita a cercare gli angoli, ma la precisione le faceva difetto, e Cirstea, dopo che i suoi fan erano stati redarguiti dall’agente di Kvitova per aver fatto rumore tra la prima e la seconda di servizio, rimontava da 0-30 issandosi 5-2.

Nel game in quale Cirstea serviva per il set sul 5-3, Kvitova trovava tre splendidi colpi risalendo da 40-15 a palla break, ma mancava poi la risposta sul punto decisivo. Due punti più tardi le andava meglio, affondando il rovescio dell’avversaria con un lungolinea e recuperando il break di svantaggio per il 5-4.

Con un parziale di 13 punti a 1, Kvitova rivoltava il set come un calzino recuperando il break di svantaggio e mettendosi nella posizione di servire per il set sul 6-5. Anche per la ex campionessa di Wimbledon servire per il set non era una cosa banale: un doppio fallo e un gratuito da fondo la portavano 0-30, ma quattro punti consecutivi le consentivano di chiudere il parziale 7-5 dopo 58 minuti di gioco, 16 minuti più tardi rispetto ai set point avuti da Cirstea.

SECONDO SET – La furia di Kvitova non si arrestava anche nel secondo parziale: portava a sette i giochi consecutivi vinti sprintando subito sul 2-0. Petra sembrava incapace di sbagliare, tutti i suoi colpi finivano sulla riga, tanto da indispettire un po’ Cirstea che chiamava “il falco” per controllare il punto di rimbalzo della palla. Sullo 0-2 15-40, con due chance del secondo break, la rumena aveva un’impennata d’orgoglio e metteva a segno quattro vincenti per rimanere in scia dell’avversaria.

Da lì in poi però Kvitova diventava sempre meno trattabile sui suoi servizi, arrivava a servire per il match sul 5-4 quando sciupava il primo match point con un doppio fallo, ma sul secondo una micidiale curva mancina le consegnava la sua prima finale a Miami per tentare di conquistare il suo nono titolo WTA 1000.

Con questo risultato Kvitova è sicura di risalire almeno al n.11 del ranking WTA lunedì prossimo, e potrà rientrare nelle Top 10 in caso di vittoria del torneo. Nel match decisivo di sabato (ore 15 locali, le 21 in Italia), Kvitova affronterà Elena Rybakina, contro la quale ha disputato due incontri, peraltro piuttosto recentemente (a Ostrava a fine stagione nel 2022 e lo scorso gennaio ad Adelaide), portando a casa una vittoria nell’ultima occasione.  

Continua a leggere

ATP

ATP Miami: discontinuo ma cinico, Medvedev batte Khachanov ed è in finale

Khachanov prova a prendere l’iniziativa ma Daniil prende il controllo del match nei momenti importanti: affronterà Sinner o Alcaraz

Pubblicato

il

Daniil Medvedev - Miami 2023 (foto Ubitennis)

[4] D. Medvedev b. [14] K. Khachanov 7-6(5) 3-6 6-3 

 

Fra alti e bassi, errori e blackout, un discontinuo ma cinico Daniil Medvedev ha la meglio su Karen Khachanov, amico-rivale che ha disputato un match coraggioso, tentando di spezzare la ragnatela del suo avversario, riuscendoci, per altro, soprattutto nel secondo set; Ma non basta: Daniil raggiunge la prima finale a Miami, Karen manca il ritorno in top ten. L’avversario del numero cinque del mondo verrà deciso stanotte nel nuovo capitolo della recente ma promettente saga Sinner-Alcaraz

Primo set 

Prima semifinale del Miami Open. Nel giorno dell’annuncio della revoca del bando a Wimbledon, in campo due tennisti russi: Daniil Medvedev, in striscia positiva (se si esclude la finale contro l’intoccabile Alcaraz ad Indian Wells) dal torneo di Rotterdam, parte nettamente favorito contro l’amico Karen Khachanov, tornato dopo anni a battere un top ten (23 le sconfitte consecutive dalla vittoria a Bercy 2018 su Djokovic) e di nuovo a ridosso dei primi dieci dopo la recente semifinale slam in Australia. Daniil è in vantaggio 3-1 negli h2h, l’ultimo quest’anno ad Adelaide. Chi vince trova Jannik Sinner o Carlos Alcaraz, in campo nella notte italiana. 

Dopo umide giornate di pioggia, il clima di Miami sembra quasi apprezzabile (al 62 per cento l’umidità). E sembra Khachanov il giocatore in grado di approfittare delle favorevoli condizioni climatiche: la testa di serie numero 14 si procura subito due palle break, ma Medvedev è bravo ad annullarle con i primi due ace della partita. I suoi turni al servizio rimarranno macchiati da qualche sbavatura, mentre intonsi saranno quelli di Khachanov, che tiene a zero i primi tre. Escluse alcune magie (non andate a buon fine) da parte di Medvedev, è calma piatta sul centrale, finchè sul 3-4, con le palle nuove, la striscia di Khachanov si interrompe all’improvviso: all’improvviso Daniil si accende, intrappola Karen nella sua tela, e basta qualche seconda che il numero cinque del mondo si prenda tutto il braccio, si procuri due palle break e si trovi a servire per il primo set.  

Come si accende in un attimo, basta poco perché l’attenzione di Medvedev cali: un doppio fallo e un nastro sfortunato non arridono al campione dello US Open 2021, che si fa recuperare immediatamente il vantaggio, mancando fra l’altro un set point sul quale commette un doppio fallo. Ora Khachanov prova a sciogliere la trama del suo avversario, prende più volte l’iniziativa e tiene con autorità i turni successivi, nonostante l’esasperata difesa di Medvedev: è tiebreak. Qui fa tutto Daniil: si prende un minibreak, lo getta via con un errore di rovescio, se lo riprende e infine, nonostante il coraggio e i tentativi di Khachanov, chiude 7-5 dopo un’ora e due minuti. I numeri sono a favore di chi rincorre: 75 percento di seconde palle contro il 33 dell’avversario, addirittura tre punti in più, ma chi passa a condurre è col suo solito cinismo Medvedev, che ora si dirige verso il bagno dove sosterà per ben sette minuti e mezzo. 

Secondo set 

Il toilet break, in realtà, sembra favorire Khachanov piuttosto che Daniil: Il vincitore di Parigi Bercy 2018 parte forte, brekkando a 15 Medvedev, scomparso dal campo (a volte letteralmente: la telecamera fatica a inseguire le sue stoiche difese). La tattica del logoramento non sortisce più alcun effetto su Khachanov, che ora esce in maniera relativamente agevole dallo scambio: dopo i primi tre giochi in cui vince 12 punti su 15, Karen tiene il suo avversario a debita distanza, sia nel punteggio che dalla linea di fondo, e chiude in breve tempo, senza particolari patemi ed in completo controllo, per 6-3. Si va al terzo e decisivo set. Medvedev è chiamato a riaccendersi un’altra volta. 

Terzo set 

Il buon momento di Khachanov continua anche in apertura di terzo set: subito palla break nel game d’apertura, ma Medvedev alza le percentuali al servizio e suggella col nono ace un game molto complicato. È la svolta: i turni di battuta di Khachanov sono ora un lontano ricordo di quelli del primo set, e, probabilmente accusando la stanchezza fisica e mentale a cui il suo avversario l’ha inevitabilmente condotto, concede due palle break e con ben tre gratuiti perde il servizio e torna a inseguire. Per la prima volta, Medvedev è davvero in controllo della partita: i suoi game di battuta seguono trame predefinite e, nonostante alcuni caparbi colpi di coda di Khachanov in scambi da venticinque punti, il numero cinque chiude 6-3 e dopo due ore e diciassette si qualifica per la quinta finale consecutiva. Un Khachanov sfinito ci prova fino all’ultimo punto ma alla fine si avvicina alla rete con il sorriso sportivo dello sconfitto. Chiunque vinca stanotte, sarà una bella finale. 

Sinner in semifinale: la diretta Facebook di Luca & Vanni

Seguici su Instagram:

Continua a leggere

Flash

WTA Miami, Rybakina oltre la stanchezza: “Avevo poche energie ma sono riuscita a tirarle fuori”

Elena ringrazia l’allenatore per il supporto durante il match con Pegula e si prepara alla terza finale stagionale: “Spero di riuscire a fare quest’ultimo sforzo”

Pubblicato

il

Solo Kim Clijsters, Vika Azarenka, Iga Swiatek e Steffi Graf (quest’ultima due volte) sono riuscite a fare doppietta tra Indian Wells e Miami nella storia del tennis femminile. Non può quindi stupire che Elena Rybakina, a una sola vittoria dall’entrare, mostri a parole (e non solo) tutta la sua stanchezza in sala stampa dopo la vittoria su Jessica Pegula in due set molto equilibrati e con varie interruzioni per pioggia. In totale sono diventate oltre 20 le ore passate in campo dalla kazaka nelle 11 partite disputate tra la California e la Florida e così, come lei stessa ha ammesso, le energie residue sono tutt’altro che abbondanti: “Oggi è stata una partita difficile, e in realtà le due settimane sono state davvero dure. Forse non avevo abbastanza energia. Quando ero sotto nel punteggio, però, mi sono arrabbiata un po’ e così ho cercato di spingere me stessa oltre il limite. E anche il mio box, il mio allenatore mi ha aiutato”.

Elena potrà però sfruttare il giorno di riposo per ricaricare almeno parzialmente le batterie in vista di una finale in cui partirà in ogni caso da favorita. Contro Cirstea o Kvitova (in campo stasera non prima delle 21 italiane), infatti, sarà lei, che è diventata la sesta donna a raggiungere l’ultimo atto a Melbourne, Indian Wells e Miami nello stesso anno (dopo Seles, Graf, Davenport, Hingis e Sharapova), ad avere in mano le sorti del match: se servizio e dritto funzioneranno come nelle ultime settimane, difficilmente la stanchezza potrà diventare un fattore.

D: Non sono molti i giocatori che hanno fatto il cosiddetto Sunshine Double. Quanto è difficile affrontare un torneo per due settimane e poi andare da un’altra parte e rifare tutto da capo?

 

RYBAKINA: È davvero difficile, anche a causa delle condizioni diverse in queste due settimane, dalle partite si può vedere che è molto più difficile per me qui che a Indian Wells. La doppietta sembra vicina ma allo stesso tempo è ancora lontana. Farò del mio meglio e spero di farcela.

D: Hai detto di non essere al 100% dal punto di vista fisico, in termini di stanchezza e cose del genere ma sei riuscita a reagire dopo essere stata in svantaggio di un break. Ti sei accorta che dopo aver subito il break hai iniziato a colpire più forte, quasi più liberamente?

RYBAKINA: Sì, credo di aver iniziato a essere un po’ più aggressiva, anche perché sapevo che se si fosse arrivati al terzo set sarebbe stato molto più difficile. Quindi forse ho rischiato un po’ di più anche alla fine del secondo set. Ho cercato di spingere sulle sue seconde di servizio. Sapevo di poter vincere in questo modo nonostante i possibili errori. Pensavo che fosse l’unico modo per sfondare.

D: Quando sei arrivata a Miami dopo Indian Wells, prima di giocare il tuo primo match, se avessi saputo che saresti arrivata in finale, sarebbe stato un risultato sorprendente per te, visto come ti sentivi, o è quello che ti aspetti da te stessa ora?

RYBAKINA: No, non mi aspettavo di arrivare in finale. Sapevo che sarebbe stata molto dura fin dall’inizio, fin dalla prima partita. E così è stato, in effetti. I primi due incontri sono stati molto duri. Non mi aspettavo nulla. Ho cercato di giocare un match alla volta, di concentrarmi, di spronarmi e di lottare fino alla fine, quindi anche quando ero sotto, ho cercato di trovare una soluzione. Per ora ci sono riuscita.

D: La prossima avversaria sarà Petra Kvitova [1-1 i precedenti] o Sorana Cirstea [2-0 per Elena]. Puoi dirci quali sarebbero le difficoltà con l’una e con l’altra e quanto l’esperienza di queste grandi finali può aiutarti sabato?

RYBAKINA: Penso che entrambe siano avversarie molto difficili. Entrambe colpiscono forte, sono aggressive e hanno ottimi colpi. Contro Petra ho giocato all’inizio dell’anno [ad Adelaide, vittoria in due set per la ceca, ndr] e lei ha giocato molto bene, ma lì i campi erano molto più veloci. Penso che sarà diverso se giocherò di nuovo contro di lei, ma di sicuro sarà molto importante l’aspetto fisico, perché qui i campi sono piuttosto lenti, soprattutto dopo la pioggia. Quando è così umido, non è facile. In ogni caso sarà una finale molto dura. Spero di riuscire a fare l’ultimo sforzo e che le cose vadano per il verso giusto [sorride, ndr].

Continua a leggere
Advertisement
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement