Tennis e mental coaching: il goal setting minuto per minuto

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Tennis e mental coaching: il goal setting minuto per minuto

Nuovo appuntamento con la rubrica mensile sul mental coaching: approfondiamo il goal setting, ovvero la definizione degli obiettivi. Come definirli e dare il massimo per realizzarli. Ottenendo così anche un altro risultato

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Come anticipato la volta scorsa, questo mese continuiamo a parlare di obiettivi. Soprattutto di come si definiscono, cioè di goal setting. Lo faremo andando a vedere un po’ più nel dettaglio le sei caratteristiche del modello di definizione degli obiettivi presentato quattro settimane fa, partendo dalla sintetica descrizione che ne avevamo fatto. Per capire ancora meglio come si struttura un obiettivo ben formato e quanto sia importante farlo se vogliamo veramente raggiungere i nostri obiettivi.

Espresso in forma positiva
L’attenzione deve essere focalizzata su quello che si vuole che accada, non su quello che si vuole evitare, di conseguenza l’obiettivo deve venir espresso in forma positiva.

Dell’importanza di esprimersi in positivo e del fatto che per il nostro inconscio c’è una enorme differenza tra il dire “Non voglio perdere di nuovo” e “Questa volta vincerò io” abbiamo già parlato negli articoli precedenti, non c’è molto da aggiungere. La mente si focalizza su quello che vuole (vincere) e non su quello che non vuole (perdere): perciò se vogliamo vincere allora sarà meglio pensare alla vittoria e non alla sconfitta.

 

Specifico e misurabile
Per essere motivati e determinati, per avere la forza mentale di puntare con tutte le proprie forze ad un obiettivo, bisogna essere chiari e precisi nel formularlo, non si può essere generici. L’obiettivo inoltre deve essere misurabile perché solo così si potrà verificare di averlo effettivamente raggiunto.

Per la nostra mente la frase “Voglio di più” non ha molto significato. Cosa intendiamo? Quanto di più? “Vorrei essere più felice” oppure “Vorrei essere più sicuro di me” sono senza dubbio degli ottimi propositi da porsi, ma non consentono alla nostra mente di attivarsi al meglio per realizzarli. Un classico esempio in ambito tennistico è il proposito di migliorare un determinato colpo. Sentiamo infatti spesso dire: “Voglio migliorare la mia seconda palla di servizio”. Bene, è sicuramente un’ottima idea, ma non è che dicendola, anche se ad alta voce e in presenza di testimoni, si è formulato correttamente un obiettivo. Si è solo espresso un desiderio. Se decidiamo veramente che migliorare il nostro secondo servizio è un nostro obiettivo, allora dobbiamo decidere come quantificare il nostro miglioramento e quanto vogliamo migliorarlo. Anche perché solo così sapremo di aver raggiunto veramente l’obiettivo. Dobbiamo perciò partire dalla situazione as is, dal cosiddetto stato attuale: in questo momento la nostra seconda palla raggiunge a fatica i 60 km/h e supera la rete solo se giochiamo all’aperto in favore di vento oppure il problema è che facciamo due doppi falli a game mentre un ace è un evento che si verifica ad ogni cambio stagione? E poi definire con precisione cosa vogliamo ottenere, cioè lo stato desiderato: riuscire a far andare la palla almeno a 100 km/h, magari mettendoci un po’ di taglio a uscire per renderla ancora più difficile da colpire per il nostro avversario, nel primo caso oppure arrivare a limitare i doppi falli ad un paio a set, puntando anche a fare almeno un ace a partita, nel secondo caso.

Le persone molto spesso non osano definire con chiarezza quello che vogliono perché temono di non riuscire a raggiungerlo e di rimanere delusi. “Che tu creda di farcela o di non farcela avrai comunque ragione”, diceva Henry Ford. Ma in realtà una parte di noi, nel profondo, sa che non avevamo ragione e rimarrà delusa lo stesso: perché stare fermi per paura di non farcela, alla fine significa comunque non farcela. Significa lasciare che un altro sogno, piccolo o grande che sia, ammuffisca nel cassetto. In un’intervista pubblicata su Ubitennis un paio di giorni fa, il tennista serbo Janko Tipsarevic parlava con chiarezza e onestà proprio di questo argomento, spiegando cosa gli ha permesso di dare una svolta alla sua carriera e diventare un top ten a 27 anni. “Fino ad allora non mi ero mai detto: ‘Voglio questo e questo’. Ero un fifone. Il 99% dei giovani giocatori, e in generale delle persone che non hanno successo, hanno soprattutto paura di se stessi. Non vogliono porsi degli obiettivi per poi rischiare di non raggiungerli.“ Solo definendo chiaramente il proprio obiettivo la mente riesce ad attivarsi per realizzarlo.

Acquisito e mantenuto sotto la propria responsabilità
L’obiettivo deve essere raggiungibile attraverso le azioni e le iniziative della persona, non deve dipendere dall’esterno o quantomeno il meno possibile.

Dobbiamo essere in grado di raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissati grazie alle nostre azioni, l’influenza dei fattori esterni non deve essere determinante. Facciamo anche qui un esempio in campo tennistico: il tennista che si pone come obiettivo la vittoria di un torneo a squadre. Che sia la Coppa Davis, il campionato di serie A o quello di D2, con le dovute proporzioni il ragionamento non cambia: l’obiettivo non è sotto il totale controllo del giocatore perché dipende anche da vari fattori esterni, come gli avversari, gli arbitri ed i suoi stessi compagni di squadra. Lui infatti potrà giocare benissimo, come mai prima, ma se i suoi compagni invece forniranno delle prestazioni negative gli impediranno di realizzare il suo obiettivo. Ciò non significa che non sia un obiettivo da porsi, ma solo che dobbiamo essere coscienti del fatto che non è sotto il nostro controllo. A tale proposito, può essere utile andare a ridefinire l’obiettivo in termini di livello di prestazione che vorremo raggiungere in quella competizione, dato che questo invece sarebbe sotto il nostro controllo.

Ecologico
L’obiettivo deve essere coerente con la vita della persona, bisogna valutare l’impatto che il suo raggiungimento avrà in tutte gli ambiti della sua vita.

Una delle definizioni dell’aggettivo ecologico è “fatto in modo da rispettare l’ambiente“. Nel goal setting il significato è sostanzialmente lo stesso: l’obiettivo che ci poniamo non deve creare disequilibri nella nostra vita ed in quella delle persone a noi vicine, deve essere in linea con i nostri valori. L’ecologia di un obiettivo non di rado viene sottovalutata. Capita spesso infatti di non aver analizzato in profondità il proprio obiettivo e le ripercussioni che avrà negli altri ambiti della nostra vita. Nel dichiarare un obiettivo del tipo “Quest’anno mi alleno quattro volte a settimana, faccio una decina di tornei e divento 3.4” dobbiamo assolutamente considerare l’impatto che avrà sulla nostra vita. Sarà compatibile con tutto il resto? Se non sono uno sportivo professionista, ma lavoro e magari sono sposato/a con figli, riuscirò far collimare tutti i tasselli della mia vita? Il discorso non è poi così diverso ad alto livello, anche se chiaramente “il peso” degli obiettivi agonistici nella vita di uno sportivo professionista è molto maggiore: a questo tipo di domande devono comunque trovare una risposta anche i grandi campioni, come dimostrano le recenti dichiarazioni di Novak Djokovic su come sono cambiate le priorità della sua vita dopo la nascita del figlio.

Nell’esempio in questione, se ho un lavoro in cui mi sveglio presto tutti i giorni, se devo accompagnare i figli ai scuola o ai loro allenamenti, se ho altri obblighi ed impegni, avrò il tempo per allenarmi quattro volte in sette giorni e per andare poi a disputare i tornei, magari finendo tardissimo la sera dopo essere arrivati al tennis club direttamente dal lavoro? Ci sono cose che si danno spesso per scontate – come il fatto di avere tutto il tempo necessario per allenarsi o che chi vive con noi accetterà tranquillamente di vederci a casa praticamente solo a colazione da maggio a settembre – per poi scoprire invece che quando c’è da declinare le attività necessarie per raggiungere il nostro obiettivo nella quotidianità così scontate non sono. Nel rispondere alla domanda “Lo vuoi veramente?”, che prima o dopo nel processo di goal setting deve arrivare (o meglio, dovrebbe arrivare), dovremo dare anche una risposta a questo tipo di domande. Oltre a capire se l’obiettivo che ci siamo posti è effettivamente importante per noi (può magari accadere di scoprire che non lo sia più, che era qualcosa che in realtà volevamo tempo addietro e a cui continuiamo a pensare invece di lasciarla andare) oppure scoperchiare un vaso di Pandora – come avevamo accennato la volta scorsa parlando di Andre Agassi e del padre – perché ci rivela che è in realtà puntiamo a raggiungere un obiettivo impostoci da qualcun altro. A tale proposito è interessante notare come sia accaduto spesso, a diversi livelli, che infortuni o “sfortunati eventi” che si ripresentavano ciclicamente e non permettevano di raggiungere gli obiettivi non si siano più verificati dopo che le persone hanno iniziato a fare un puntuale e corretto di lavoro di valutazione dell’ecologia dei propri obiettivi. Questo perché il nostro inconscio è molto sensibile all’ecologia dei nostri obiettivi, se c’è un conflitto interiore con gli altri ambiti della nostra vita o con i nostri valori in qualche modo lo fa emergere. Un importante motivo in più per rispondere con attenzione e sincerità alla domanda “Lo vuoi veramente?”. E soprattutto per farci sempre questa domanda quando ci poniamo un obiettivo.

Con una data di scadenza
Un obiettivo deve avere una scadenza. Stabilire un termine innesca un “timer” a livello mentale, che aiuterà a dettare i tempi delle azioni analizzate a raggiungere quell’obiettivo.

Bisogna mettere una data di scadenza al nostro obiettivo. Riprendiamo l’esempio citato alla fine dello scorso articolo, quello del tennista che assicura i suoi amici che “Quest’anno cambia tutto: mi rimetto in forma, perdo 5 kg, torno ad allenarmi 3 volte a settimana e vedi che come minimo arrivo in finale in un torneo di quarta”. Dire di voler perdere 5 kg non è sufficiente, anche se già è un primo passo (l’obiettivo è specifico ed è misurabile) rispetto ad un generico “voglio dimagrire.” Ma non basta. Devo anche stabilire entro quando voglio perderli, devo definire in quanto tempo voglio raggiungere il mio obiettivo. La scadenza attiva un timer nel nostro cervello, una specie di “sveglia mentale” che ci stimola a muoverci entro i tempi stabiliti. Gestire bene le scadenze ci permette di attivare il cosiddetto Eustress, lo stress positivo che ci permette di adattarci alle pressioni della vita e ci supporta nell’affrontare al meglio e nei tempi prestabiliti gli impegni importanti.

Ambizioso e fattibile
Un obiettivo, una volta definito, di fatto diventa mentalmente un tetto, un limite. Ecco perché è importante sia ambizioso, ma allo stesso tempo fattibile.

Ambizioso e fattibile, può sembrare una contraddizione. Ma non lo è. Un obiettivo ben formato deve possedere il giusto mix tra queste due caratteristiche. Deve poterci motivare ma anche poter essere realizzato. Se è ambizioso ma pressoché impossibile da raggiungere, poco alla volta ci demotiveremo invece di motivarci. Se invece è troppo facile da raggiungere accadrà che, magari inconsciamente, non ci impegneremo al massimo per perseguirlo. Per questo nel definire un obiettivo è fondamentale chiedere molto a noi stessi, ma essere anche estremamente obiettivi e coerenti. Dobbiamo sfidarci, ma anche darci l’oggettiva possibilità di farcela. Sapendo questo, è interessante andare a rileggere certe dichiarazioni di alcuni tennisti, perché possiamo vederle sotto un’altra luce. Ad esempio si sente dire ad un giocatore, che magari non è mai stato neanche top 30, “Punto ad entrare nella top 20”. A molti verrà spontaneo pensare che sia un po’ troppo ottimista (o magari presuntuoso). Invece c’è una frase, usata spesso nel coaching, che chiarisce bene cosa c’è alla base di quelle parole dal punto di vista motivazionale: “Mira alla luna. Anche se sbagli, atterrerai tra le stelle”. Come detto, quando fissiamo un obiettivo automaticamente stiamo fissando anche un limite mentale, perché a quel punto canalizzeremo le nostre energie per arrivare fino a lì, non oltre. Cosa sarebbe successo se invece ci fossimo posti l’obiettivo un po’ più in là?

Quel giocatore che vuole entrare tra i primi venti del mondo non sta quindi facendo lo sbruffone, non sta dicendo che il suo obiettivo è quello di battere i Fab Four nel prossimo Slam e poi vincerlo, ma si sta dando un obiettivo in cui sa di poter mettere veramente tutto se stesso nel raggiungerlo. È andato un po’ più il là. Magari l’obiettivo più “logico” era puntare ad entrare tra i primi trenta al mondo, ma definendo come obiettivo quello di diventare un top 20 – sicuramente molto più sfidante ma ancora fattibile – ha alzato l’asticella al massimo possibile. Nell’esempio in questione, in termini pratici – cioè di punti ATP – Ia differenza tra il n. 30 ed il n. 20 la fanno un quarto di finale di uno Slam ed una finale di un Masters 1000 in più. Guarda caso, proprio i risultati che un certo Albert Ramos-Vinolas ha ottenuto nell’ultimo anno e che gli hanno permesso di diventare un top 20 a ventinove anni suonati, lui che fino a un anno fa era entrato a malapena tra i primi quaranta. Lo avesse dichiarato esplicitamente come obiettivo dodici mesi fa, probabilmente molti avrebbero sorriso ironicamente. Invece lo spagnolo ha dimostrato, in silenzio, che si può mirare alla luna e talvolta anche centrarla. Facciamolo anche noi: senza esagerare, non accontentiamoci quando definiamo il nostro obiettivo. Facciamo quel passo in più. Mal che vada finiremo tra le stelle.

Da quanto descritto, risulta evidente l’importanza del coach nella fase del goal setting: il coach deve porre al coachee tutta le domande necessarie a definire puntualmente ogni singola caratteristica dell’obiettivo. Una volta completata la definizione degli obiettivi, il coach accompagnerà la persona nel successivo passaggio fondamentale: la definizione del piano d’azione per il loro raggiungimento. Ne parleremo la prossima volta.

In conclusione, una “pillola” che spesso viene trascurata. Alla fine del percorso, qualsiasi sia stato l’obiettivo raggiunto (la top 20, la promozione a 3.4, la finale del torneo di quarta, tornare a giocare un’oretta a settimana dopo quattro anni di inattività), ricordiamoci di fermarci un attimo e prenderci un momento per noi. E a quel punto fare quello che fece Novak Djokovic dopo aver vinto agli Australian Open del 2012 la più lunga finale di sempre di un torneo del Grande Slam, battendo Rafa Nadal 7-5 al quinto set dopo quasi sei ore di gioco. Negli spogliatoi della Rod Laver Arena Nole si concesse – lui che l’adora ma non la può mangiare in quanto intollerante al lattosio – un pezzo di cioccolata al latte. Guardiamoci allo specchio e congratuliamoci con noi stessi. Quando si raggiunge un obiettivo, è importante darsi “una pacca sulla spalla” per suggellare il fatto che ce l’abbiamo fatta. Spesso invece capita che raggiunto l’obiettivo iniziamo subito a pensare al domani. Ci abbiamo magari messo mesi di impegno e di sacrifici per ottenere quel risultato e voltiamo subito pagina. Al domani ci penseremo, ma dal giorno dopo. Riconoscere a se stessi di avercela fatta ha una importante valenza interiore, anche ai fini della motivazione inconscia che ci spingerà a raggiungere il nuovo obiettivo che ci prefiggeremo. Perché sarà molto probabile che punteremo ad un nuovo obiettivo, a realizzare un altro sogno: perché abbiamo imparato a farlo e nel farlo abbiamo anche scoperto, come già accennato la volta scorsa, qualcosa in più di molto importante. Abbiamo scoperto che lungo la strada che ci porta all’obiettivo impariamo a conoscerci un po’ di più. Per questo sarà difficile non puntare ad un nuovo obiettivo, visto che sarà un’opportunità per poter conoscere ancora qualcosa di noi stessi. Perché, come diceva lo scrittore e filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson, “quel che abbiamo alle spalle e quel che abbiamo davanti sono piccole cose se paragonate a ciò che abbiamo dentro”.

Ilvio Vidovich è collaboratore dal 2014 di Ubitennis, per cui ha seguito da inviato tornei ATP e Coppa Davis. Personal coach certificato, ha conseguito un Master in Coaching, una specializzazione in Sport Coaching e tre livelli di specializzazione internazionale in NLP (Programmazione Neuro Linguistica): NLP Practitioner, NLP Master Practitione ed NLP Coach. È anche istruttore FIT e PTR.

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WTA Miami: Rybakina batte Mertens, ai quarti troverà Trevisan. Avanti pure Sabalenka

Jessica Pegula supera Magda Linette e ritorna ai quarti in Florida dove affronterà Anastasia Potapova

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Elena Rybakina - Indian Wells 2023 (foto Ubitennis)

[10] E. Rybakina b. E. Mertens 6-4 6-3

La testa di serie n. 10 del WTA 1000 di Miami Elena Rybakina prosegue la sua striscia vincente iniziata a Indian Wells, vincendo l’undicesima partita consecutiva contro la belga Elise Mertens, sconfitta 6-4 6-3 in 1h46′, ed ora affronterà in quarti l’azzurra Martina Trevisan che ha estromesso a sua volta la n. 24 del main-draw Jelena Ostapenko: la campionessa di Wimbledon e la mancina fiorentina si scontreranno per la prima volta, con la posta in palio rappresentata dalla semifinale in Florida. Con il successo ai danni della n. 39 WTA, dunque, rimangono intatti i sogni della kazaka di poter completare il Sunshine Double dopo la conquista nel deserto californiano del primo alloro in carriera in un evento ‘mille’. Un’eventuale conquistache ha rischiato seriamente di passare agli archivi come mera ipotesi svanita nel nulla al turno precedente, quando la classe ’99 di passaporto kazako ha dovuto cancellare un match point a Paula Badosa.

Rybakina dà seguito al suo eccezionale periodo di forma

Nel suo entusiasmante inizio di stagione, quest’ennesima affermazione della 23enne di Mosca la proietta ad un meraviglioso differenziale tra le vittorie raccolte e le sconfitte in questa prima parte di 2023: 19-4. Ciononostante Elena, che attualmente occupa il proprio best ranking alla piazza n. 7 delle classifiche, non vuole fermarsi e dopo i viaggi che l’hanno condotta in finale sia a Melbourne Park che all’IW Tennis Garden vuole inserire nella sua personale cartina tornasole anche la vacanza tra le spiagge di Miami.

 

Primo set: Elena rimonta da un break di svantaggio

La prima a rompere gli indugi è stata Mertens che convertendo la quarta palla break della sua partita ha spezzato l’equilibrio nel settimo game salendo 4-3. Tuttavia la 27enne di Lovanio non è riuscita a consolidare il vantaggio offrendo sul piatto d’argento il contro-break a causa di un paio di sanguinosi doppi falli. Elena non se l’è fatto ripetere due volte, e attraverso un winner di dritto si è portata 4-4. Poco dopo, un altro game in risposta incisivo della kazaka ha fatto sì che al terzo set point Rybakina potesse lasciare andare le sue sbracciate da fondo, in grado di forzare l’errore rivale e completare la rimonta da un break di svantaggio.

Secondo set: dominio Rybakina

Nel secondo set è stato poi ancora un combattuto turno di servizio belga a dare il là al sorpasso kazako, Elena infatti è volata subito 2-0 concretizzando la quarta chance per fare suo il game grazie ad un’ottima presa della rete con conseguente volée profonda che ha costretto Elise ha mandare lungo il suo tentativo di lob. Questo è stato l’ultimo break del match, ma non l’ultimo sussulto visto che la finalista dell’Happy Slam ha dovuto annullare quattro palle per il 3-2 prima di inerpicarsi sul punteggio di 4-1. Dieci ace messi a referto dalla n. 7 WTA ma anche 25 vincenti, a fronte di 22 errori non forzati. Stessi gratuiti per Mertens, ma meno vincenti: solo 19. Grazie alla vittoria odierna, siamo 3-1 negli H2H a favore della più giovane delle due giocatrici.

[3] J. Pegula b. [20] M. Linette 6-1 7-5

La bandiera statunitense continua a sventolare al Miami Open Presented By Itaù grazie alle prestazioni della n. 3 della classifica Jessica Pegula.

La 29enne di Buffalo ha infatti estromesso dalla gara la n. 20 al mondo, nonché semifinalista in Australia nel primo Slam dell’anno, Magda Linette, con il punteggio di 6-1 7-5 in quasi un’ora e venti di partita per ritornare così a far parte del lotto delle ultime otto giocatrici che competeranno, a partire già dalla giornata di domani – martedì 28 marzo -, per la conquista del titolo dopo essersi spinta sino a questo punto dell’evento già nel 2022.

Un’affermazione, quella della tennista di casa sulla polacca, portata a compimento dalla n. 1 a stelle e strisce in modalità “cruise control”. Le due non si erano mai affrontate prima in un match ufficiale del Tour, tuttavia nelle ultime stagioni hanno instaurato un ottimo rapporto d’amicizia e di intesa fuori dal rettangolo di gioco allenandosi assieme spesso e volentieri proprio in Florida a Boca Raton e condividendo alcune attività non primariamente tennistiche essendo entrambe membri del WTA Players’ Council.

Nonostante comunque una gestione della sfida tutto sommato agevole da parte di JP, non sono mancate le difficoltà come si intuisce facilmente dallo score del secondo set. Complessità nella risoluzione del problema, che trovano conferma nelle parole rilasciate a caldo dalla vincitrice a Tennis Channel: “Tutto stava funzionando per il meglio, poi però le cose nel secondo set si sono fatte difficili. Ho avuto la sensazione, in quel frangente di gara, che stessi esprimendo il mio tennis talvolta ad un ritmo eccessivo, troppo alto che mi costringeva ad andare fuori giri. Tuttavia sono molto contenta, di essere riuscita alla fine in qualche modo a ritrovare le energie necessarie per chiudere in due ed evitare che la partita si prolungasse“.

La prossima avversaria di Pegula sarà la russa Anastasia Potapova, vittoriosa per 6-4 7-6(4) sulla n. 23 del seeding Qinwen Zheng. Il confronto con la testa di serie numero 27 del draw sarà una remake del loro match di terzo turno andato in scena appena 16 giorni fa al BNP Paribas Open e che ha visto il successo di Jessica in tre parziali.

Proprio in ottica quarti di finale, l’americana si è così espressa: “Sarà davvero una sfida dura, l’ho affrontata recentemente a Indian Wells ed è stata una grande battaglia. Nell’ultimo periodo [Potapova, ndr] sta giocando ad un livello molto alto, gli ultimi tre tornei a cui ha preso parte l’hanno vista esprimere davvero un ottimo tennis. Dunque certamente mi attende una partita contro una giocatrice che in questo momento gode di tanta fiducia nei suoi mezzi. Inoltre, credo che le condizioni di gioco rapide che ci sono qui le piacciano tanto. Per poterla affrontare al meglio delle mie possibilità, dovrò trarre insegnamento dai segnali emersi durante l’ultima sfida in cui ci siamo date battaglia e migliorare così quegli aspetti del mio gioco che non hanno funzionato nel nostro ultimo confronto; ma allo stesso tempo penso che lei farà altrettanto. Quindi di sicuro, ci sarà da soffrire“.

La nativa della città che è capoluogo della Contea di Erie nello Stato di New York, durante questa settimane di tennis all’Hard Rock Stadium sta confermando di essere nel bel mezzo dell’ennesimo, dando uno sguardo alle ultimissime stagioni, grande inizio di anno tennistico. Pegula ha difatti finora raccolto la bellezza di 18 vittorie nel 2023. Meglio di lei, in questo primo scorcio di stagione, solo Aryna Sabalenka ed Elena Rybakina appaiate a quota 19 successi: la bielorussa però potrebbe sganciarsi assestandosi alla cifra di 20 vittorie, qualora superasse nel suo ottavo quella Krejcikova che a Dubai l’è stata fatale.

Se poi si decide di analizzare più nello specifico la capacità di essere continui negli appuntamenti di spicco presenti all’interno dei 12 mesi di competizioni sparse nelle più svariate località del globo, Jessica svetta su tutte le altre concorrenti avendo ottenuto negli ultimi tre anni 12 volte il pass per i quarti di eventi WTA 1000: più di tutte le sue rivali. Dal 2009 ad oggi, solo Serena e Venus Williams sono riuscite a fare di meglio con – rispettivamente – 30 e 21 quarti di finale. E’ pur vero che poi solamente in due circostanze, sulla dozzina complessiva, Jes sia stata in grado di raggiungere l’ultimo atto: sempre nel 2022, prima perdendo nel mese di maggio in altura sulla terra di Madrid da Ons Jabeur e dopo andando a conquistare quello che è sinora l’alloro più luccicante della sua carriera, la vittoria del ‘mille‘ di Guadalajara nell’ottobre scorso avendo la meglio in finale su Maria Sakkari – un cavalcata che si rivelò decisiva nel testa a testa con la greca per staccare l’ultimo biglietto valido per le Finals di Fort Worth -.

Perciò, nell’ultimo triennio ci sono state certamente tenniste che hanno vinto di più in termini di tornei di tale categoria messi in bacheca, ma quanto a costanza di rendimento non ce n’è per nessuna: una convinzione ulteriormente avvalorata anche dai cinque quarti ottenuti a livello Slam, a Melbourne addirittura tripletta tra il 2021, il 2022 e il 2023; al Roland Garros nel 2022 e nel Major di casa dello US Open sempre nel 2022.

Ora l’obiettivo più immediato è quello di, quantomeno, pareggiare il risultato fatto registrare nel torneo lo scorso anno: dove a sbarrarle la strada fu quella Iga Swiatek che in questa edizione è fuori dai giochi per infortunio.

Per quanto riguarda invece la 31enne di Poznan, si tratta della 19esima sconfitta in carriera contro una Top Ten di fronte alle quali è riuscita nell’impresa di vincere soltanto in 4 occasioni. Il suo avvio di 2023 rimane comunque positivo, con la prima semifinale Slam conquistata all’Australian Open ed un record complessivo che recita 12-7 tra vittorie e KO. Questa prima parte di stagione ci sta sicuramente mostrando la miglior versione mai ammirata di Magda, che tuttavia quest’oggi ha sofferto l’atmosfera ventilata di Miami.

Tornando a trattare l’incontro più in profondità, l’aspetto del proprio tennis che certamente dà più soddisfazioni a Pegula nella performance odierna è la grande uscita dai blocchi mostrata. Qualcosa che al contrario non era andata totalmente per il verso giusto in California dove si era resa protagonista di alcune false partenze. Mentre contro Linette, dopo che erano appena passati 9 minuti aveva già messo a segno quasi 7 vincenti per salire pronti via 3-0. Dopo 19 minuti, il tabellino addirittura comunicava un perentorio 5-0 con il set inaugurale che andava a concludersi al termine di soli 28 minuti.

Alla ripresa dei giochi l’andatura dell’incontro, inversamente, ha preso una direzione totalmente contraria con la n. 19 del ranking che incredibilmente si era portata in vantaggio per 5-2. Ma successivamente, sul più bello, è crollata fragorosamente mancando per due volte l’opportunità al servizio di trascinare la sfida alla frazione finale e permettendo così il rientro della beniamina di casa che, difatti, si è intascata gli ultimi cinque games del match.

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ATP

Italiani in campo oggi martedì 28 marzo: Sinner, Sonego e Trevisan sognano a Miami, a che ora e dove vederli

Jannik se la vedrà con Rublev, Lorenzo avrà davanti Cerundolo, mentre Martina sarà chiamata all’impresa contro Rybakina

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Sara un martedì ad alta tensione per il tennis italiano. Il numero di azzurri rimasti in tabellone a Miami tra maschile e femminile è rimasto a tre grazie alla grande vittoria di Sonego contro Tiafoe. Oggi scenderanno tutti in campo per raggiungere rispettivamente due quarti di finale e una semifinale. Sarà infatti il turno del numero uno azzurro sia per quanto riguarda il circuito maschile, con Jannik Sinner pronto ad una sfida ardua contro Andrey Rublev, che per il circuito femminile, con Martina Trevisan alla ricerca di un risultato storico contro Elena Rybakina. Infine, Lorenzo Sonego sarà impegnato con Francisco Cerundolo, in una sfida tra outsider pronti a stupire ancora.

Nel primo match di giornata sul Grandstand, alle ore 17 italiane (11 locali), Sinner si troverà davanti un avversario molto ostico come il numero due russo in un ottavo di finale che ha il sapore di qualcosa in più, considerando anche il possibile prossimo avversario del vincente di questa sfida, che uscirà dall’incontro tra Ruusuvuori e Van de Zandschulp: chi vincerà tra l’altoatesino e il russo sarà favorito. Si tratta del quinto incontro tra Jannik e Andrey, con il russo che ha vinto solamente due delle quattro partite disputate contro l’azzurro, entrambe grazie ad un ritiro dell’altoatesino, come successo al Roland Garros nel 2022. Nei due scontri che non sono terminati a causa del ritiro di uno dei due, Jannik ha sempre avuto la meglio, con l’ultima vittoria risalente all’ottavo di finale del Master 1000 di Montecarlo nel 2022. I bookmakers vedono favorito l’azzurro, tanto che un suo passaggio del turno è quotato 1,50 da Bet365, contro i 2,63 di Rublev.

Non vuole fermarsi nemmeno Sonego, che viene dalla grande prestazione contro Tiafoe della notte di lunedì. Per lui ci sarà un avversario sulla carta abbordabile, come l’argentino numero 31 del mondo Cerundolo. Si tratta del primo incontro tra i due, in un palcoscenico importante come gli ottavi di finale di un 1000, con l’argentino che difende i punti dell’exploit che lo ha portato alla semifinale del 2022. I bookmakers vedono l’azzurro come favorito, tanto che Eurobet quota un successo di Sonego 1,67, contro i 2,16 di Cerundolo. Il match andrà in scena come ultimo di giornata sul Grandstand, ed è previsto per l’una di notte italiana (19 locali). Il vincitore di questa sfida se la vedrà ai quarti di finale con uno tra Khachanov e Tsitsipas.

 

Dopo il fantastico successo nel pomeriggio di lunedì contro Jelena Ostapenko, Trevisan sarà chiamata ad un’impresa contro Elena Rybakina, kazaka numero 7 WTA. La azzurra parte contro i favori del pronostico, anche considerando lo stato di forma dell’avversaria, alla ricerca del Sunshine Double dopo il trionfo ad Indian Wells. Sarà il primo scontro tra le due, e la posta in palio prevede una semifinale in un Master 1000 contro la vincente della sfida tra Pegula e Potapova. Il match andrà in scena sull’Hard Rock Stadium ed è previsto per le 20 italiane (14 locali), dopo il termine della sfida tra Fritz e Rune. I bookmakers parlano di una vera e propria mission impossible per Martina, con il successo di Rybakina quotato 1,03 da SNAI, mentre il trionfo dell’azzurra raggiunge l’8,25.

ITALIANI IN CAMPO MARTEDI 28 MARZO:

ATP Miami, Jannik Sinner – Andrey Rublev: dalle ore 17 italiane sul Grandstand. Diretta Sky Sport Tennis e in streaming su Sky Go, Now TV e Tennis TV.

ATP Miami, Lorenzo Sonego – Francisco Cerundolo: dalle ore 01 italiane sul Grandstand. Diretta Sky Sport Tennis e in streaming su Sky Go, Now TV e Tennis TV.

WTA Miami, Martina Trevisan – Elena Rybakina: dalle ore 20 italiane sull’Hard Rock Stadium. Diretta SuperTennis e in streaming su SuperTennix.

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ATP

ATP Miami: un gran Mannarino sorprende Hurkacz e punta i quarti. Affronterà la rivelazione Eubanks

Prestazione di lusso del francese per eliminare il campione del 2021. Ora può sperare in un posto tra i primi 8, contro l’americano vincitore di Barrere

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Adrien Mannarino - Coppa Davis 2023 (foto: twitter @daviscup)

A. Mannarino b. [8] H. Hurkacz 7-6(5) 7-6(0)

E così, degli ultimi 4 campioni del Miami Open, contando che Roger Federer (trionfatore nel 2019) si è ritirato, e John Isner (campione nel 2018) ha perso all’esordio da Emilio Nava, è rimasto il solo Carlos Alcaraz, l’attuale detentore. Già, perché in una giornata non proprio ricca di emozioni e grandi match, anche Hubert Hurkacz, che alzò il trofeo nel 2021, è stato mandato a casa. Regolato da un Adrian Mannarino apparso in grandissimo spolvero, nonostante attimi di nervosismo e lanci di racchetta e una barba che comincia ad avere qualche pelo bianco di troppo. Il francese, abile nel non dare riferimenti e piegare il gioco alle sue condizioni di noia e attesa per colpire, ha intrappolato il polacco, infliggendogli specie nei tie-break una bella lezione. Mannarino ha così colto il decimo ottavo di finale in un 1000, terzo qui a Miami (ultima volta, nel 2017, perse da Berdych). Il record è però decisamente poco incoraggiante: 1-8, con la sola vittoria ottenuta ai danni di Hyeon Chung in Canada, sempre sei anni fa.

Il match – non brillantissima la partenza di Hurkacz, con tanti errori da fondo sinceramente evitabili, che regalano tre palle break a Mannarino in tre giochi, sempre annullate da un servizio che è l’unica arma che ben sta rispondendo per il polacco. E, in realtà, anche il francese si deve aggrappare alla battuta oltre che alle proverbiali palle senza peso per rimanere in scia e annullare le 4 chance di break concesse in due game. Dopo un inizio altalenante di entrambi la partita comunque stenta a decollare, procedendo a spezzoni e con ben poco spettacolo espresso a causa dei troppi errori che caratterizzano entrambi. Mannarino tradisce un certo nervosismo, dato che tra i due è quello che corre maggiori rischi e pur trovando qualche vincente in più sembra incapace di applicare contromisure alle badilate al servizio di Hubi. Eppure, alla fine, il primo set va nelle casse del francese, che più cerca variazioni e affondi. Il solco lo scava sul 5-4 nel tie-break, vince due punti a rete giocati magistralmente, da vero attaccante e giocatore puro qual è, per poi chiudere con un errore di un Hurkacz che ha sofferto l’altro sulla diagonale di rovescio.

 

Il polacco, sfruttando un calo di tensione da parte di Mannarino, porta a casa un break immediato in apertura di secondo parziale. Ciò sembra restituire fiducia al n.8 del tabellone, che da fondo campo trova una rinnovata costanza che gli permette di tenersi avanti. Ma, come spesso capita nelle partite di Hurkacz, dalla quiete velocemente si passa alla tempesta. Hubi sembra accusare un po’ di tensione e i colpi si accorciano, spesso non trovando il campo, consentendo al francese di ritrovare lo spirito visto nel tie-break sull’onda degli errori altrui, attaccando e prendendo i punti con foga, così da ritrovarsi avanti 4-3. Il secondo set gode di molta più qualità del primo, qualche errore in meno ma tanti bei punti, con Mannarino sugli scudi, bravo a cambiare col rovescio lungolinea sfidando (spesso con successo) il polacco sul suo lato forte. E infine la tattica del francese, contando su un gioco che non offre tanto margine di manovra a uno grande e grosso come Hurkacz, paga eccome. Il tie-break del secondo set è un monologo di Mannarino, che vince 7-0 limitandosi a gestire le ultime ceneri di un avversario degno del suo nome solo a tratti, falloso e nervoso, mai capace di imporre le proprie qualità. Adrian affronterà ora, da favorito per un insperato posto ai quarti di Miami, Christopher Eubanks.

C. Eubanks b. G. Barrere 6-3 7-6(9)
Il nativo di Atlanta, che da lunedì irromperà per la prima volta in carriera in top 100 (n.96), ha avuto la meglio per 6-3 7-6 su Gregoire Barrere, nel terzo turno delle grandi occasioni. La partita ha visto un’interruzione di quasi due ore per pioggia, lasciando il francese avanti 5-2 nel tie-break; al rientro si è spinto a 4 set point di fila, e poi un quinto, tutti sprecati (tra cui un fortunatissimo nastro a stelle e strisce sul primo che rimarrà negli occhi di Barrere almeno per stanotte). Ciò nulla toglie a una prestazione solidissima di Eubanks, in controllo dall’inizio alla fine, costante alla battuta e solido da fondo, facendo anche sfoggio di un dritto profondo e incisivo, che potrebbe essere una buona chiave contro un giocatore estroso come Mannarino. Sarà solo il sesto ottavo di finale della carriera a livello ATP (primo in un torneo del genere) per l’attuale n.119, sempre rimasto un po’ nelle retrovie, incapace del grande salto…fino a questo torneo di Miami. L’americano, partendo infatti dalle qualificazioni, giocherà sì da sfavorito ma non battuto, addirittura per un posto nei quarti di finale in un Master 1000. Lui, che in carriera si è spinto solo una volta tra gli ultimi otto, da wild card ad Atlanta nel 2017.

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