Tennis italiano in vero progresso, o è fuffa?

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Tennis italiano in vero progresso, o è fuffa?

I numeri della FIT testimoniano una netta crescita del movimento, ora arrivano anche i risultati. Di chi i meriti? Quanto è vero boom e quanta propaganda? I pro e i contro… dei nostri avvocati

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Le ultime quattro recenti vittorie del tennis maschile azzurro (Fognini a Bastad e Los Cabos, Cecchinato a Umago e Berrettini a Gstaad) hanno portato l’Italia a quota sei successi ATP nel 2018 (prima c’erano state le vittorie di Fabio a San Paolo e Cecchinato a Budapest). Erano 41 anni che non si arrivata a questi livelli: nel 1977 l’Italia di Panatta, Barazzutti e Bertolucci aveva collezionato sette successi (Panatta a Houston, Barazzutti a Charlotte, Bastad e al Paris Open di Parigi, Bertolucci a Firenze, Amburgo e Berlino). In mezzo i tre titoli del 1991 (Camporese a Rotterdam, Canè a Bologna e Pozzi a Brisbane), poi non più di due successi all’anno. A questi risultati si aggiunge la semifinale Slam di Marco Cecchinato al Roland Garros, 40 anni dopo quella di Barazzutti nel 1978 – la famosa mattanza contro Bjorn Borg 6-0 6-1 6-0). Insomma, fatte le dovute proporzioni i risultati si stanno avvicinando a quelli dell’epoca d’oro del tennis azzurro, culminata nell’indimenticabile 1976 di Panatta campione a Roma e Montecarlo e dell’Italia vincitrice in Coppa Davis a Santiago del Cile.

A questi risultati si affiancano le performance economiche della FIT e la crescita dei tesserati, che testimoniano una società economicamente in salute (come sarà chiaro a breve) e un movimento in espansione. Dall’altra parte della barricata, c’è chi sostiene che molti dati positivi non riflettono una crescita reale del numero di praticanti in grado di dare qualcosa al movimento agonistico (molti sono tesserati ben oltre i 30 anni), specie ad alti livelli, e che i risultati veri devono ancora arrivare. Ma allora chi ha ragione? Il movimento è in salute o no? Vediamo le ragioni dei sostenitori di entrambe le parti.

L’AVVOCATO DEI PRO

L’ESPANSIONE DEL MOVIMENTO

Da un articolo de IlSole24Ore e dal sito della Federtennis si evince che dal 2001 al 2016 i tesserati sono aumentati di oltre il 150% (a fine 2016 erano 334.123, a fine 2012 129.797, per un aumento del 157,4%). Sappiamo bene cosa sostengono i detrattori FIT, ossia che il numero è gonfiato, perché ora devono essere tesserati tutti quelli che frequentano un circolo, anche se ci vanno per giocare a briscola o per giocare una sola ora di tennis. Vero, ma intanto la federazione opera una suddivisione tra tesserati agonisti e non agonisti e poi non va dimenticato che chiunque contribuisce economicamente alla vita del circolo ne permette l’espansione. E se il circolo cresce, può arrivare a organizzare un torneo agonistico, dove partecipano i giocatori di prospettiva, ossia i ragazzini under 16. Prova ne sia il fatto che il numero di tornei organizzati sotto la FIT è cresciuto di oltre il 200% (erano 7.662 a fine 2016), mentre i tesserati under 16 sono passati da 38.000 nel 2001 a 150.000 a fine 2016 (+295%), inoltre le scuole tennis nel quadriennio 2012-2016 sono passate da 1.200 a 1.800 (e questo dimostra che la gente a tennis gioca, non va ai circoli per giocare a briscola).

LE RISORSE DELLA FEDERAZIONE

Spesso, per giudicare la FIT, si paragonano i risultati azzurri a quelli dei giocatori francesi, essendo la Francia un esempio di movimento senza campioni assoluti ma con moltissimi buoni giocatori, piazzati nei primi 50 e 100 del mondo. Non si può però non tenere conto del fatto che la Francia ha un fatturato di 254 milioni di euro, l’Italia di meno di 60. Di quei 254 milioni, l’80% derivano dal Roland Garros: avere in casa uno Slam dà un chiaro vantaggio competitivo. Insomma, è enorme il divario tra le due federazioni. Se noi facciamo peggio delle altre quattro federazioni Slam è assolutamente normale. Escludendo queste, quindi, a quali siamo dietro? Di sicuro alla Spagna e alla Germania, per esempio, ma anche i tedeschi possono contare su risorse maggiori. I nostri risultati sono perfettamente in linea con le risorse che abbiamo. Risorse che peraltro la FIT è riuscita a incrementare notevolmente, portando il fatturato da 38,2 milioni nel 2012 a 58,6 nel 2016 (+53,4%), attraverso due leve spesso ingiustamente criticate.

  1. IL MASTER 1000 di ROMA – Spesso la FIT è accusata di aumentare ogni anno i prezzi dei biglietti. Per l’appassionato questo aspetto è certamente sentito, ma se la Federazione francese ricava come detto l’80% del suo fatturato (l’80%!) dal Roland Garros, perché la Federazione Italiana non può cercare allo stesso modo di ricavare il massimo dal suo evento più importante?
  2. SUPERTENNIS – Il canale tv della FIT porta nelle case degli italiani tornei di alto livello (Coppa Davis e Fed Cup, tutti gli ATP 500 e 250 e moltissimi Premier 5 WTA), contribuendo a diffondere il tennis in Italia. L’ascolto medio è cresciuto in tre anni (2021-2015) del 242%. Una tv che cresce porta soldi nelle casse della federazione, contribuendo ad aumentarne le risorse.


I RISULTATI AD ALTO LIVELLO

Il movimento (tornei, tesserati, scuole tennis) cresce e ora i risultati si cominciano a vedere: 6 tornei ATP vinti finora più la semifinale al Roland Garros di Cecchinato. Dal 1977 non vincevamo così tanti tornei (e l’anno deve ancora finire) e Berrettini e Cecchinato con Fognini possono dar vita a una squadra Davis forte come non avevamo da tempo. Senza contare Lorenzo Sonego e giocatori di sostanza come Fabbiano e Giannessi. In campo femminile attualmente la situazione è molto meno rosea, ma Camila Giorgi sta finalmente trovando continuità (lo dimostrano gli ultimi Roland Garros e Wimbledon) e le ragazze di Fed Cup riescono comunque a restare a galla tra World Group I e World Group II (la serie B).

Suvvia, si può davvero sostenere che la FIT faccia acqua da tutte le parti come vanno in giro a dire i soliti noti?

Nella pagina seguente, l’avvocato dei contro

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