Roland Garros: largo alle giovani - Pagina 4 di 5

Al femminile

Roland Garros: largo alle giovani

Ashleigh Barty, Marketa Vondrousova, Amanda Anisimova: lo Slam francese ha avuto come dato costante la prevalenza delle tenniste di giovane generazione

Pubblicato

il

Marketa Vondrousova e Ashleigh Barty - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Ashleigh Barty
La maturità di Ashleigh Barty”: questo era il titolo dell’articolo che le avevo dedicato poco più di due mesi fa, il 2 aprile, subito dopo la vittoria a Miami. La scelta del titolo era mia, ma ugualmente avevo avuto il dubbio che non fosse appropriata: parlare di maturità per una giocatrice che aveva ancora 22 anni (è nata il 24 aprile 1996) poteva sembrare esagerato, quasi paradossale. Il senso era questo: mi sembrava che Ashleigh stesse finalmente mettendo insieme le tessere del suo tennis in un mosaico coerente, che faceva emergere tutte le qualità mentali, fisiche, tecniche e tattiche. Al punto da permetterle di vincere un torneo importante come Miami ed entrare per la prima volta in Top 10.

Ragionando con il senno di poi, forse davvero quel titolo era prematuro, e sarebbe stato giusto aspettare ancora, magari in vista di momenti come questi. Oggi sì, senza alcun dubbio si può parlare di maturità, dopo l’ulteriore grande progresso rappresentato dalla conquista del Roland Garros. Non solo per la straordinaria importanza che assume la vittoria in uno Slam, ma soprattutto per le implicazioni mentali e tecniche del successo: una tennista australiana, cresciuta su campi veloci, che si afferma nel Major su terra battuta, una superficie che prima delle ultime due settimane non le aveva mai portato grandi risultati, nemmeno negli ITF. Ricordo che lo scorso anno, durante il torneo di Charleston 2018, Barty aveva scherzosamente dichiarato tutto il proprio disagio verso la terra in questo modo: “Ogni settimana trascorsa su terra significa avvicinarsi di una settimana all’erba” (“Every week on clay is a week closer to grass”).

La sua impresa parigina è stata dunque una sorpresa assoluta? A leggere precedenti e statistiche, sembrerebbe di sì. Ma analizzando il suo tennis sul piano tecnico-tattico, direi proprio di no. Il percorso di crescita di Barty sul rosso è stato forse sorprendente per la rapidità con cui è avvenuto, ma Ashleigh ha sempre avuto le caratteristiche per potersi adattare bene alla superficie. Il problema era a mio avviso soprattutto legato a due aspetti: l’atteggiamento mentale e la mancanza di esperienza.

Qualcosa di simile era accaduto anche a Samantha Stosur, che nei primi anni di circuito WTA mal sopportava la terra europea salvo poi rendersi conto che il rosso sembrava concepito esattamente per valorizzare le sue doti. E anche se il più grande risultato di Stosur è arrivato sul cemento (la vittoria agli US Open 2011), di sicuro è sulla terra che Samantha ha espresso con più regolarità il meglio di sé.

Pur con le differenze evidenti fra le due giocatrici (Barty è meno potente di Stosur, ma più completa tecnicamente), c’erano molti elementi che facevano presagire un percorso simile. Avevo scritto a proposito di Barty alla vigilia del torneo: “I numeri della sua carriera ci dicono che sul rosso ottiene risultati inferiori rispetto alle altre superfici, ma la mia impressione è che il suo tennis abbia molti aspetti che potrebbero essere valorizzati dalla terra: lo slice di rovescio, le smorzate, ma anche una certa potenza nel dritto in topspin, adatta a trovare vincenti quando le condizioni di gioco sono medio-lente. In cinque partecipazioni al Roland Garros non è mai andata oltre il secondo turno, ma sono convinto che quando comincerà a capire di più la superficie potrà fare bene anche a Parigi”.

Nello poche righe di una scheda di presentazione al torneo non c’era la possibilità di sviluppare il tema, qui c’è più spazio per argomentare pro e contro rispetto alla superficie. Contro: sulla terra diminuisce l’importanza del servizio, e l’ottima prima palla è invece un punto di forza di Barty (stabilmente nella top 10 WTA per numero di ace stagionali).
D’altra parte nella colonna dei pro sta un aspetto fondamentale: quando la parabola avversaria è indirizzata verso l’angolo sinistro, i tempi più dilatati della terra battuta consentono più spesso di girare intorno alla palla e colpire con il dritto anomalo, permettendole di essere più aggressiva anche da una zona di campo dove altrimenti non potrebbe essere altrettanto incisiva.

Apprezzo molto il gioco di Ashleigh, soprattutto per la ricchezza di soluzioni che è in grado di proporre: offre davvero un tennis a tutto campo, a 360 gradi. Ma credo si debba essere obiettivi: nel suo arsenale c’è un deficit in uno dei colpi-base, il rovescio in topspin. Il suo colpo bimane, di stampo “baseball”, non ha la stessa solidità degli altri. Ecco allora il ricorso molto frequente allo slice.
Questo comporta un handicap nell’equilibrio complessivo del suo tennis. Non tanto per le geometrie, quanto per i tempi di gioco. Con il fidato slice di rovescio, infatti, è perfettamente in grado di indirizzare la palla dove vuole, ma non ha la possibilità, per esempio, di punire l’avversaria in ritardo nel coprire alcuni spazi di campo, perché inevitabilmente il backspin non permette alla palla di accelerare a sufficienza. Altro limite dello slice: l’impossibilità di eseguire passanti potenti per rendere più complicata la volèe di chi scende a rete. Ecco allora che poter sostituire lo slice di rovescio con il dritto anomalo diventa una opzione importante per aumentare l’aggressività complessiva e aggiungere una ulteriore insidia all’avversaria.

In sostanza la domanda è questa: per Barty risulteranno più vantaggiosi i campi rapidi, oppure quelli in terra battuta?

a pagina 5: Ashleigh Barty tra campi rapidi e terra battuta

Pagine: 1 2 3 4 5

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement