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Al femminile

Vincitrici Slam in crisi

Ostapenko, Muguruza, Stephens, Kerber: giocatrici capaci di vincere di recente i titoli più importanti del tennis stanno attraversando un periodo di appannamento. Perché è accaduto e cosa succederà in futuro?

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Garbine Muguruza - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Jelena Ostapenko
Jelena Ostapenko ha vissuto nel 2019 la crisi che i suoi detrattori avevano erroneamente descritto come già avvenuta nel 2018. Capisco che questa apertura suoni un po’ criptica: per spiegare il concetto occorre ripercorrere alcuni avvenimenti delle ultime stagioni, dal 2016 in poi.

Nata l’8 giugno del 1997, Ostapenko era una giovane promessa che sin da teenager aveva fatto intravedere notevoli potenzialità. Ecco cosa avevo scritto su di lei nel marzo 2016, quando era una giocatrice poco conosciuta, appena entrata fra le prime 50 del mondo: Ostapenko è soprattutto una colpitrice in grado di fare punto con i due fondamentali da fondo campo in qualsiasi momento dello scambio, ma non sempre è ponderata la scelta su quando affidarsi a soluzioni definitive e quando invece interlocutorie. Il servizio è forse un po’ inferiore a dritto e rovescio: una buona prima, precisa e varia nelle direzioni, ma una seconda migliorabile, con a volte la tendenza al doppio fallo”.

Era difficile pensare che, poco più di un anno dopo, quella teenager avrebbe conquistato uno Slam. E invece nel giugno 2017 la sua vita sportiva era cambiata radicalmente nel giro di quindici giorni. Arrivata al Roland Garros da numero 47 del ranking e senza avere ancora vinto un torneo WTA, Ostapenko aveva sorpreso il mondo sbancando Parigi. Nei turni finali aveva sconfitto Stosur, Wozniacki, Bacsinszky e Halep. tutti successi al terzo set, con finali di match decisi a suon di vincenti, di dritto e di rovescio. Addirittura 299 vincenti complessivi nel torneo.

La sua vittoria aveva suscitato pareri differenti. Era nata una nuova stella o si era trattato di una impresa irripetibile? Cosa sarebbe accaduto a quella campionessa Slam a sorpresa? Jelena aveva compiuto 20 anni il giovedì della semifinale contro Timea Bacsinzky (curiosamente quello era anche il giorno del compleanno di Timea, nata ugualmente l’8 giugno, ma del 1989). Due giorni dopo, fresca ventenne, Ostapenko era diventata Slam Winner: proprio nel momento in cui era uscita dal periodo da teenager si preparava ad affrontare una fase di carriera completamente nuova e inaspettata.

Sarebbe stata all’altezza di quel titolo? Lasciamo parlare i numeri e i risultati. Nel corso dell’anno e mezzo successivo Jelena ha dimostrato che se rimaneva fra le tenniste di vertice non era solo grazie ai 2000 punti conquistati a Parigi. Qualche dato: vittoria a Seul, semifinali a Wuhan e Pechino, partecipazione al Masters. E poi nel 2018 la finale al Premier Mandatory di Miami e la semifinale a Wimbledon. Punti pesanti, e risultati da non sottovalutare per una giocatrice che doveva affrontare il difficilissimo periodo della improvvisa notorietà.

Se in occasione della vittoria al Roland Garros 2017 era apparsa una Terminator senza paura, con il tempo le cose hanno cominciato ad assumere sfaccettature differenti e più complesse. Si erano cominciati a intravedere anche i timori e le incertezze, che prima o poi qualsiasi giocatrice deve affrontare e provare a sconfiggere. Per esempio Jelena aveva difeso malissimo il suo titolo parigino l’anno dopo, perdendo al primo turno del Roland Garros 2018 in due set da Kateryna Kozlova: 6-3, 6-2, un punteggio inequivocabile.

Eppure anche senza i 2000 punti di Parigi, ormai scaduti, nell’agosto 2018 si era presentata da Top 10 agli US Open. Insomma, a dispetto dei suoi detrattori, i punti aveva saputo farli anche al di fuori di quel magico Roland Garros.

Però qualche scricchiolio cominciava ad emergere. Su tutto, la grande difficoltà al servizio. Quella “tendenza al doppio fallo”, di cui avevo parlato nell’articolo del 2016 si era trasformata in qualcosa di serio. Un mix di difficoltà tecniche e ansie psicologiche che sarebbe diventato una costante nel periodo più difficile della carriera, con periodi in cui ha raggiunto e a volte superato i 15-20 doppi falli a match. Ma a questo si sono aggiunti altri problemi che hanno contribuito a portare nel 2019 Ostapenko quasi al di fuori delle prime 100 della classifica.

Un aspetto mai risolto della sua carriera rimane quello della relazione con i coach. La collaborazione con la allenatrice che la seguiva in occasione della sua più grande vittoria, Anabel Medina Garrigues, era già finita nel 2017, ma nessuna alternativa è stata duratura, con continui cambi di guida tecnica: David Taylor (lo “storico” coach di Samantha Stosur), Andis Juska (anche hitting partner), Glenn Schaap. Alla fine la presenza costante a fianco di Ostapenko è la madre Jelena Jakovleva Jakovleva non è il classico genitore che si improvvisa coach: è una maestra di tennis e da giovane è stata ottima tennista, Top 10 dell’URSS; tanto è vero che ha fatto da prima guida tecnica alla figlia in alcune stagioni da junior.

Di recente però Ostapenko ha avuto anche una serie di problemi fisici che non l’hanno certo aiutata a mantenere la condizione. E così la crisi che in molti avevano cercato di “appiccicarle” frettolosamente nel 2018, è davvero arrivata. Tutto è cominciato con uno dei peggiori guai per una tennista: il polso.

Dopo gli US Open dello scorso anno (come detto affrontati ancora da Top 10) il dolore al polso sinistro aveva compromesso lo swing asiatico. Così si spiega per esempio il 6-0, 6-0 subito dodici mesi fa a Pechino da Wang Qiang, e la rinuncia al “Masters B” di Zhuhai, a cui avrebbe avuto titolo per partecipare. Non solo: il guaio aveva inciso anche sulla preparazione in off-season, con ricadute inevitabili nell’avvio di 2019.

Poi nel corso del 2019 sono arrivati diversi ritiri per malanni vari. A Roma per una febbre da influenza, a Eastbourne per un dolore all’anca sinistra, e la scorsa settimana a Tashkent per una infezione intestinale che l’ha anche costretta a esami ospedalieri.

A poche ore da quest’ultimo guaio non si poteva immaginare sarebbe riuscita a onorare la wild card ricevuta dagli organizzatori di Pechino; e invece non solo ha giocato, ma lo ha fatto addirittura battendo Karolina Pliskova. Grazie a questo risultato è risalita nella Race: numero 71. Soprattutto i circa 780 punti racimolati le garantiscono la sicurezza di un posto ai prossimi Australian Open, altrimenti a rischio.

Ma rimane il fatto che anche nel giorno in cui ha sconfitto la numero 2 del ranking ha totalizzato 25 doppi falli (a fronte di 11 ace). Subito dopo questo successo, però, in piena continuità con gli alti e bassi del recente passato, è arrivata la sconfitta per 6-2, 6-1 da Katerina Siniakova.

Allo stato attuale Ostapenko è quindi una tennista parzialmente da ricostruire, con problemi fisici, mentali e anche tecnici. Sperando che possa ritrovare presto la salute, probabilmente la fiducia tornerà quando avrà recuperato un po’ di consistenza tecnica. In sintesi, direi che sono due gli aspetti tecnici su cui lavorare: il servizio innanzitutto, con gli arcinoti problemi di solidità sulla seconda.
Secondo aspetto: molte avversarie si sono rese conto di quanto soffra nel colpire in avanzamento sulle palle a rimbalzo basso; gli slice senza peso in molti match le procurano un numero di gratuiti fuori controllo. Anche su questo penso dovrebbe cercare di trovare delle soluzioni, in modo da contenere gli errori non forzati.

Malgrado tutto, prima di vedere solo nero nel futuro di Ostapenko credo si debba ricordare che stiamo parlando di una tennista ancora molto giovane (22 anni appena compiuti) e con una capacità di far viaggiare la palla, sia di dritto che di rovescio, eguagliata da pochissime. Sono basi non da poco, su cui provare a edificare la sua ricostruzione tennistica.

a pagina 3: Garbiñe Muguruza

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