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Al femminile

Vincitrici Slam in crisi

Ostapenko, Muguruza, Stephens, Kerber: giocatrici capaci di vincere di recente i titoli più importanti del tennis stanno attraversando un periodo di appannamento. Perché è accaduto e cosa succederà in futuro?

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Garbine Muguruza - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Garbiñe Muguruza
Gli ultimi anni in WTA sono stati caratterizzati da un grande equilibrio, che ha portato alla distribuzione dei titoli, Major inclusi, su un ventaglio di molti nomi. Ma rispetto a diverse One Slam Winner Muguruza già oggi può vantare una carriera di livello superiore: 2 Premier vinti, il numero 1 del mondo, e 3 finali Slam raggiunte, di cui 2 vinte. E il record, finora ineguagliato, di essere l’unica giocatrice capace di sconfiggere entrambe le sorelle Williams in una finale Slam: Serena al Roland Garros 2016, Venus a Wimbledon 2017.

Muguruza non ha vinto moltissimi titoli, in totale sette, ma nel suo caso la qualità conta più della qualità, con due Slam nel palmarès. A 26 anni ancora da compiere (fra pochi giorni, dato che è nata l’8 ottobre 1993), ha comunque raggiunto traguardi tali da entrare nella storia del tennis. Traguardi che però cominciano a essere datati, visto che è reduce da un paio di stagioni difficili. Dopo il titolo vinto a Doha nel febbraio 2018, Garbiñe è riuscita a vincere soltanto all’International di Monterrey, che da due anni a questa parte è diventato la sua oasi felice. Ma non ha più raggiunto finali in eventi davvero importanti.

Le conseguenze si sono fatte sentire sulla classifica: a lungo in Top 5, nell’estate 2018 Muguruza si è ritrovata numero 9.  quando sono “scaduti” i punti della vittoria a Wimbledon 2017. E poi è scesa ancora, perdendo definitivamente la Top 10. Alla fine dello scorso anno era numero 18; in questa stagione è arretrata ulteriormente, fino all’attuale numero 28 (32 nella Race).

E così nel luglio 2019 è arrivata la separazione da Sam Sumyk. Il coach francese con residenza negli USA. Dopo aver collaborato con Azarenka (quando Vika era diventata bicampionessa Slam e numero 1 del ranking fra il 2012 e il 2013), Sumyk dal 2015 era al fianco di Garbiñe.

Il legame tecnico fra Muguruza e Sumyk ha suscitato molte discussioni, perché alcuni loro On Court Coaching sono rimasti memorabili per l’elettricità che lasciavano trasparire, a volte sfociando in veri e propri litigi. In più la mancanza di Sumyk per ragioni familiari (la gravidanza della moglie) proprio durante la vittoria di Muguruza a Wimbledon 2017 aveva dato argomenti a chi sosteneva che la loro collaborazione, dopo l’avvio positivo, non fosse più fruttuosa.

A Wimbledon 2017 all’angolo di Garbiñe sedeva Conchita Martinez, e c’era chi aveva suggerito dovesse diventare lei la allenatrice a tempo pieno. Ma poi Sumyk aveva ripreso il suo posto, e le frizioni durante gli On Court Coaching erano ricominciate. Tanto che, prima del loro divorzio, in molti si chiedevano come mai continuassero a lavorare insieme a fronte di tutte le diatribe che emergevano durante i match.

La mia interpretazione è che, al di là delle frizioni pubbliche, doveva esserci una stima reciproca profonda, che li portava ad andare al di là dei momenti difficili; una radicata convinzione che il loro legame tecnico avrebbe comunque portato risultati positivi.

Entrambi hanno provato a resistere di fronte delle difficoltà, poi però le cose non si sono più risolte e a quel punto la separazione è diventata, se non inevitabile, quantomeno comprensibile. Resta comunque un sodalizio significativo, tanto che scrivere di Muguruza oggi significa in un certo senso provare a fare un bilancio della loro collaborazione.

Che cosa si può dire di positivo e che cosa di negativo? Di positivo considero il fatto che Sumyk abbia sempre cercato di assecondare la naturale tendenza alla aggressività e alla verticalizzazione del gioco di Muguruza. Ha dunque cercato di rispettare quella che a mio avviso è una qualità particolare di Garbiñe, una sua indole profonda che la rende una giocatrice speciale (ne ho parlato nel dettaglio in questo articolo: Garbiñe Muguruza e la terra di nessuno).

E Sumyk ha deciso di fare questo anche se l’indole si scontrava con la tecnica: sul piano esecutivo, infatti, Garbiñe ha sempre avuto poca naturalezza nelle volèe. Ma lavorandoci ha sicuramente migliorato l’efficacia; non sarà mai una Navratilova, e probabilmente continuerà a compiere errori clamorosi, ma ciò che conta è il bilancio finale; e quando Muguruza è in condizione, la sua tendenza a verticalizzare si risolve in un complessivo vantaggio sull’avversaria.

Spesso questo lavoro di Sumyk è stato paragonato a quello svolto insieme ad Azarenka. Ed effettivamente tra Vika e Garbiñe ci sono delle somiglianze. Ma, secondo me, ci sono anche delle differenze: mentre l’aggressività di Azarenka si esprimeva più in termini di ritmo, con la tendenza a colpire in controbalzo per sottrarre tempo all’avversaria, alla ricerca di un tempo sempre più vorticoso (una specie di continuo accelerando musicale), in Garbiñe è più spiccata la tendenza a esprimere l’aggressività in termini di conquista del territorio. E la migliore Muguruza dava realmente la sensazione di essere una giocatrice implacabile in questa sua trasformazione del tennis in qualcosa di simile alla pressione territoriale, appena l’avversaria gliene dava la possibilità.

Questi gli aspetti positivi. Fra quelli negativi da considerare nel bilancio Sumyk-Muguruza, vanno però ricordate le crescenti difficoltà nella esecuzione del dritto in topspin; un colpo che con il tempo invece che migliorare è diventato più incerto. Tanto che oggi ci sono avversarie che impostano la partita su uno schema piuttosto banale, ma efficace: far colpire il più possibile Garbiñe di dritto, aspettando i suoi errori.

Mai come in questo periodo il dritto è diventato la cartina di tornasole del livello di forma di Muguruza; e spesso la cosa che le accade è che quando si trova ad affrontare una partita molto lottata, il colpo che fa la differenza, purtroppo per lei in negativo, è proprio il dritto. È, per esempio, ciò che è accaduto negli ultimi giorni in occasione delle sconfitte contro Svitolina a Wuhan e contro Kenin a Pechino. E così negli ultimi due anni (2018 e 2019) Garbiñe si è ritrovata con record negativi al terzo set. Per ritrovare un saldo stagionale negativo al terzo set occorre risalire al lontano 2011, quando Muguruza era ancora una teenager in cerca di affermazione.

Personalmente non mi aspettavo che alle difficoltà attraversate nel 2018 facesse seguito una stagione ancora più complicata. Al contrario, ero convinto che il 2019 sarebbe stato l’anno del recupero ad alti livelli di Muguruza. Invece la fiducia di Garbiñe nel proprio tennis è scesa ulteriormente, e oggi appare vulnerabile sul piano mentale.

Negli ultimi tornei (da Cincinnati in poi) Muguruza ha cominciato a lavorare insieme a Anabel Medina Garrigues, che ricordiamo come la coach della Ostapenko campionessa Slam a Parigi. La stessa Garbiñe ha però definito la loro collaborazione ancora non definitiva. Vedremo se questo periodo di prova darà frutti e si trasformerà in qualcosa di più duraturo. Anche se, dopo la sconfitta a Pechino, sono rimaste poche occasioni prima della fine della stagione e il rischio è quindi dover rimandare al 2020 il momento del riscatto.

a pagina 4: Sloane Stephens

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