WTA, diario di un decennio: il 2015 - Pagina 3 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2015

Sesta puntata dedicata agli anni ’10 in WTA: la caccia al Grande Slam di Serena Williams, l’impresa di Roberta Vinci, la vittoria con ritiro di Flavia Pennetta e altro ancora

Pubblicato

il

Roberta Vinci e Serena Williams - US Open 2015
 

Wimbledon 2015
Rispetto al 2014, il calendario degli Slam ha subito una micro-riforma: Wimbledon è stato ritardato di una settimana, e questo è un piccolo aiuto per chi, come Serena, è arrivata in fondo al Roland Garros. Sono diventate quattro le settimane a disposizione per recuperare le forze fisiche e soprattutto mentali, ma anche per ritrovare l’impostazione tecnica più appropriata all’erba.

Williams è alla caccia del cosiddetto “Serena Slam”, cioè la conquista di quattro Major consecutivi, impresa che le è già riuscita a cavallo del 2002-2003, ben dodici anni prima.

A Wimbledon 2015 lascia per strada due set: nei quarti contro Azarenka, che anche da posizioni di rincalzo (al via è testa di serie numero 23) non si dimentica di aver dato filo da torcere alla numero 1 del mondo, e soprattutto al terzo turno contro una giocatrice di casa, Heather Watson, in un match in cui Serena si salva in extremis.

S. Williams b. Watson 6-2, 4-6, 7-5 Wimbledon, 3T
Più che un incontro di tennis, un crescendo di emozioni, capace di trasformare il Centre Court di Wimbledon: da stadio esempio di fair play a catino incandescente popolato di ultras. Se vi fidate del parere di Gianni Clerici, che di tennis a Wimbledon un po’ ne ha visto, per trovare un tifo altrettanto acceso occorre risalire addirittura al 1977, quando l’inglese Virginia Wade vinse i Championships del centenario.

Heather Watson non rappresenta solo la tennista di casa, ma riassume in sé anche il ruolo dell’underdog. E da giocatrice sfavorita (numero 59 del ranking), mano a mano che si sviluppa il confronto riesce prima a renderlo credibile e poi addirittura a portarsi a un passo dalla impresa.

Sino alla fine del secondo set per Serena sembra una partita di ordinaria amministrazione. Ma sul 6-2, 4-4 le cose si complicano: invece che dare il colpo di grazia al match, perde la battuta; Watson comincia a crederci, e il pubblico con lei. Grazie soprattutto a un gioco difensivo di alta qualità (dote che non le si conosceva a tali livelli), Heather pareggia i conti nel secondo set e sullo slancio si porta avanti nel terzo. Qui, letteralmente sospinta dagli spettatori, conquista un doppio break di vantaggio (3-0) e sfiora il 4-0.

Spalle al muro, Serena risale: da 0-3 conquista quattro game di fila e sul 4-3 sembra avere di nuovo in pugno la situazione. Ma Heather reagisce, tiene la battuta (chiedendo l’applauso del pubblico, con un gesto sorprendentemente simile a quello che compirà Roberta Vinci a Flushing Meadows) e poi strappa a zero il servizio a Serena: sul 5-4 è il momento di servire per il match.

Watson non arriverà mai al match point (il massimo sarà 5-4, 40 pari), perché Serena cresce di livello quanto basta per strappare gli ultimi tre game, e chiudere il confronto sul 7-5. La favola della giocatrice di casa termina a un passo dal lieto fine, fermata dalla capacità di reazione di una fuoriclasse come Serena Williams.

Verso la finale di Wimbledon
In semifinale Williams batte, come “al solito” Sharapova e trova come ultimo ostacolo una giovane, ma vecchia conoscenza: la testa di serie numero 20, Garbiñe Muguruza, che ha già sconfitto Serena in uno Slam, al Roland Garros 2014.

Per arrivare in finale Muguruza non ha avuto sconti, visto che ha affrontato quattro teste di serie lungo il percorso: Kerber, Wozniacki, Bacsinszky e Radwanska. Tabellone per nulla semplice: anche se le ha affrontate sull’erba, Kerber, Wozniacki e Radwanska sono forse le tre tenniste più dotate nel gioco di contenimento del periodo.

Nella semifinale contro Radwanska è apparso evidente perché Muguruza ha fatto tanta strada sui prati inglesi: riesce a giocare molto raccolta, ha gambe fortissime che le consentono di piegarsi molto (l’erba lo richiede più delle altre superfici) e colpire con potenza anche le traiettorie più basse, raccogliendosi in un movimento compatto ed efficace. E poi sul piano della pura forza fisica e della corporatura è una delle tenniste che concede meno a Serena. Ci si chiede se saprà ripetere l’impresa di un’altra spagnola, Conchita Martinez, arrivata in finale a Wimbledon 1994 a sorpresa, e poi capace di sconfiggere Martina Navratilova.

Ma Serena invece conquista il suo 21mo Slam in una partita tutto sommato tranquilla, anche se con qualche brivido conclusivo. Dopo aver vinto il primo set 6-4, sale 5-1 e poi si fa prendere dal braccino. Un po’ come accaduto contro Safarova, qualche settimana prima a Parigi. Solo che questa volta Garbiñe comincia a rimontare, ma non riesce a completare il recupero: sul 5-4, al momento di servire per pareggiare i conti, si fa brekkare da Williams che chiude così con un doppio 6-4.

Tatticamente non è stata una partita molto varia, visto che si è giocato quasi esclusivamente da fondo e con prevalenza di scambi sulla diagonale dei dritti. A conferma che Serena ormai studia con attenzione le sue avversarie e cerca di sfruttare i loro potenziali punti deboli.

a pagina 4: Dalle US Open Series allo Slam americano

Pagine: 1 2 3 4 5

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement