WTA, diario di un decennio: il 2015 - Pagina 5 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2015

Sesta puntata dedicata agli anni ’10 in WTA: la caccia al Grande Slam di Serena Williams, l’impresa di Roberta Vinci, la vittoria con ritiro di Flavia Pennetta e altro ancora

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Roberta Vinci e Serena Williams - US Open 2015
 

Lo sviluppo del torneo
Il tabellone degli US Open 2015 era partito zoppo a causa del ritiro in extremis di Sharapova per un problema alla gamba. Non solo: una dopo l’altra, tutte le teste di serie della parte alta, quella di Serena Williams, si perdono per strada. Tanto che nei quarti si affrontano da una parte le sorelle Williams e dall’altra due giocatrici che non sono teste di serie: Mladenovic e Vinci. Venus non ferma il cammino della sorella Serena che in semifinale se la vedrà con Roberta, vincitrice al terzo su Mladenovic.

La parte bassa invece è meno sorprendente. Nei quarti arrivano tutte teste di serie: Kvitova e Pennetta insieme ad Halep e Azarenka. Pennetta sconfigge in tre set Kvitova in una giornata caldissima, nella quale Petra si scioglie alla distanza. Ugualmente in tre set la vittoria di Simona su Vika.

A questo punto del torneo fra Serena e il Grande Slam ci sono solo due partite: una contro Roberta Vinci e una contro la vincitrice dell’altra semifinale, che uscirà dal confronto fra Simona Halep e Flavia Pennetta. Comunque la si guardi, sono tre giocatrici con cui ha precedenti ampiamente rassicuranti. 6-1 contro Halep, battuta fra l’altro venti giorni prima nella finale di Cincinnati. 7-0 contro Pennetta, e 4-0 contro Vinci, ugualmente sconfitte nel mese di agosto a Toronto.

Le semifinali sono previste per giovedì 10 settembre, la finale per sabato 12. In vista della apoteosi di Serena i biglietti sono andati esauriti, e il maggiore timore viene dalle previsioni del tempo, che non sono favorevoli. Dato che l’impianto di Flushing Meadows non ha ancora il tetto, il programma è in balia del meteo. Giovedì 10, non si terrà alcuna semifinale: piove tutto il giorno. Per forza di cose i due ultimi turni saranno compressi nell’arco di 24 ore.

Venerdì 11. Prime a scendere in campo sono Pennetta e Halep. Simona dimostra ancora una volta di soffrire il tennis di Flavia (1-3 i precedenti in quel momento), a maggior ragione nella ultima versione: da quando collabora con Salvador Navarro (che ha sostituito lo storico coach Gabriel Urpi), Pennetta gioca un dritto più carico di spin, che rimbalza alto e mette in difficoltà Halep, a disagio con le parabole all’altezza della spalla. Il 6-1, 6-3 fotografa una partita in cui Simona non riesce ad accendersi di fronte a una avversaria in grande giornata e concentratissima, che offre un’ora di tennis vicina alla perfezione.

In soli 61 minuti Pennetta è la prima finalista, e i giornalisti cominciano a chiederle della futura partita contro Serena Williams. Questo è lo scambio di battute che avviene in sala stampa:

“Serena ha appena vinto il primo set. La partita non è finita, ma è abbastanza probabile che vi ritroverete in finale”.
PENNETTA: Contro Serena?
Beh, si. È una buona possibilità.
PENNETTA: Voglio dire, non si sa mai. Stanno ancora combattendo, stanno ancora giocando…

Seconda semifinale. Come detto, la partita tra Williams e Vinci si disputa l’11 settembre. Per Serena non è una data positiva: l’ultima volta che era scesa in campo a New York nel giorno che tutti ricordano per l’attentato alle Twin Towers, era stato nel 2011, e aveva perso a sorpresa contro Samantha Stosur. Però Stosur era una Top 10, Vinci è numero 43 del ranking.

Roberta Vinci b. S. Williams 2-6, 6-4, 6-4 US Open, SF
Un match che va considerato e valutato su piani diversi. Sul piano strettamente tecnico ci sono stati incontri migliori in quello stesso torneo. Ma la partita si colloca in una posizione fuori categoria per quanto riguarda l’importanza storica. E anche tutto ciò che accade in campo (questioni tecniche comprese) va commisurato alla rilevanza unica del match. Ricordo che Serena era alla 33ma vittoria consecutiva in uno Slam, e gliene mancavano solo due per conquistare il Grande Slam eguagliando l’impresa riuscita per l’ultima volta nel 1988 a Steffi Graf.

Quando, subito dopo gli US Open, ho scritto l’articolo di commento (a cui rimando per una analisi più approfondita) avevo definito il match “La sconfitta del secolo”. A distanza di tempo non ho cambiato idea: è stato un upset che nella storia recente dello sport trova pochi eguali.

Eppure l’avvio sembra tranquillo per Serena: un 6-2 in cui perde una volta la battuta ma strappa tre volte il servizio a Roberta.
Nel secondo set le cose si complicano: il tennis particolare di Vinci, con un rovescio slice infido e difficile da controllare, e un dritto più potente e in spinta, comincia a insinuarsi sotto pelle a Serena. Un solo break indirizza il set e pareggia i conti: 6-4 Vinci.

Terzo set. Williams reagisce e si porta avanti di un break. Ma ormai Vinci si è resa conto di potersi misurare alla pari contro una avversaria che gioca gravata dall’impresa da realizzare; a conti fatti il Grande Slam si rivela un peso insostenibile per Serena se lo si aggiunge al coraggio di Roberta. Vinci affronta gli ultimi game con una grinta e una intensità definitive: ottiene il contro break e poi, a partire dal settimo gioco, va ancora oltre.

Nemmeno uno stadio che tifa compattamente per la fuoriclasse di casa ferma Roberta, che in piena trasfigurazione agonistica conquista un punto eccezionale e reclama per sé gli applausi:

Un momento di tennis incancellabile per chi l’ha vissuto in diretta, e che ha davvero inciso sull’andamento del match. Roberta infatti si aggiudica anche i due quindici successivi e ottiene quel break di vantaggio che saprà conservare sino alla fine. Anche perché rispetto ad altre giocatrici può sempre contare su una risorsa in più: le discese a rete. E nel game conclusivo due dei quattro punti decisivi arriveranno proprio grazie a delle demivolèe.

Vinci elimina Williams e affronterà per il titolo un’altra giocatrice italiana. Di questa giornata rimane da ricordare l’intervista in campo a fine match, con quel “Pffffrrr” in apertura che suona eloquente come non mai:

La finale italiana
Le semifinali sono state rinviate di 24 ore per la pioggia. Significa quindi che non c’è giorno di riposo prima del match conclusivo. L’ultima partita di Flushing Meadows che doveva vedere il trionfo di Serena Williams si trasforma in un derby fra due giocatrici che stanno per chiudere la loro carriera: a 32 anni (Vinci) e 33 anni (Pennetta) danno vita alla più “anziana” finale Slam dell’era Open (record superato in Australia nel 2017). Una partita che si può considerare il canto del cigno di una generazione forse irripetibile di tenniste italiane.

Il titolo è di Flavia Pennetta, per 7-6(4), 6-2. Comprensibilmente Vinci non può ripetere nel giro di poche ore un’altra performance come quella contro Serena. Flavia in entrambi i set si porta avanti di un break; nel primo Roberta reagisce e resiste fino al tiebreak, nel secondo invece le distanze si dilatano.

Mentre sulle tribune dell’Arthur Ashe si è presentato perfino il presidente del Consiglio Renzi, e per un giorno il tennis femminile ha conquistato i titoli di apertura di tutti i media nazionali, rimane nella memoria il modo in cui le due finaliste attendono la premiazione: sedute una accanto all’altra a chiacchierare, come ai tempi dei raduni da ragazzine, quando erano semplici promesse del tennis provenienti dalla Puglia.

L’ultima sorpresa di questo Slam imprevedibile la riserva Flavia Pennetta, quando nel discorso da vincitrice annuncia che con la fine dell’anno chiuderà con il tennis.

Gli ultimi match di Pennetta saranno al Masters di Singapore, vinto da Radwanska in finale su Kvitova; un Masters a cui Williams ha deciso di non partecipare. Dopo la partita di New York, Serena tornerà in campo solo nel 2016.

Le puntate precedenti:

WTA, diario di un decennio: il 2010
WTA, diario di un decennio: il 2011
WTA, diario di un decennio: il 2012
WTA, diario di un decennio: il 2013
WTA, diario di un decennio: il 2014

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