WTA, diario di un decennio: il 2015

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WTA, diario di un decennio: il 2015

Sesta puntata dedicata agli anni ’10 in WTA: la caccia al Grande Slam di Serena Williams, l’impresa di Roberta Vinci, la vittoria con ritiro di Flavia Pennetta e altro ancora

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Roberta Vinci e Serena Williams - US Open 2015
 

Sesto articolo dedicato agli anni ’10 del tennis femminile, che tratterà del 2015. Per la illustrazione dei criteri adottati, rimando alla introduzione del primo articolo, pubblicata martedì 26 novembre.

ANNO 2015

2015, l’anno di Serena Williams
Il 2015 è l’anno in cui Serena Williams si staglia sul circuito WTA come giocatrice a sé stante. Con tre Slam vinti (quattro consecutivi dagli US Open 2014) e appena tre sconfitte sul campo, è assolutamente la figura centrale dei principali avvenimenti della stagione. Inevitabilmente raccontare questo anno significa concentrarsi soprattutto su di lei.

Ma credo non sia possibile capire il 2015 di Serena senza tenere conto di ciò che accade nell’anno precedente. Williams aveva impostato il 2014 come il 2013, cioè con una agenda piuttosto fitta, ma a conti fatti aveva vinto meno del previsto (per le sue aspettative) e soprattutto aveva faticato negli Slam.

Negli Slam probabilmente aveva anche sentito il peso della conquista del 18mo Major, e forse per questo aveva fallito tre volte (Melbourne, Parigi, Londra) prima di riuscire a vincere a New York. Il 18mo titolo è infatti quello che le permette di raggiungere il record di due giocatrici come Evert e Navratilova. Si può immaginare che un traguardo così prestigioso abbia pesato sulla sua tranquillità in campo.

Ma non c’è solo questo. Sulla scorta delle delusioni vissute nel 2014, Serena sceglie di giocare meno, e di farlo solo quando è in condizione di competere ad alto livello. Quindi nel 2015 elimina dal suo programma Brisbane, Doha, Charleston, Stanford e in più darà forfait per tre volte a torneo in corso, al primo accenno di scricchiolio fisico. È evidente l’intenzione di non correre rischi e preservarsi per gli Slam. Del resto va per i 34 anni e si capisce che debba adeguare gli impegni alla età che avanza.

Con questa nuova impostazione, nel 2015 Williams chiude un bilancio di 50-3. Quindi meno vittorie rispetto alle due stagioni precedenti, ma anche meno sconfitte. Solo tre: a Madrid da Petra Kvitova, a Toronto da Belinda Bencic e agli US Open da Roberta Vinci. E dopo lo choc newyorkese, a dimostrazione che ormai pensa solo agli Slam, rinuncerà non solo ai tornei in Cina, ma anche al Masters di fine anno. Del resto con i tre Slam vinti in stagione è salita a 21: ha messo nel mirino il numero 22 di Steffi Graf, e tutto il resto è diventato trascurabile.

Il cambiamento di programmi del 2015 è chiaro sin da gennaio: Serena rinuncia ad affrontare un torneo ufficiale prima degli Australian Open preferendo una partenza più soft. Partecipa alla Hopman Cup dove se la prende comoda in tutti i sensi: durante il match contro l’Italia di Pennetta ordina un caffè:

In Hopman Cup viene battuta da Bouchard (addirittura per 6-2, 6-1) e Radwanska. Ma il vero tennis per lei non è ancora cominciato. Farà sul serio quando cominceranno gli Australian Open.

Australian Open 2015
Al via del primo Slam le teste di serie 1 e 2 sono Serena Williams e Maria Sharapova, e proprio Serena e Maria si ritrovano in finale.
Lungo il percorso Williams perde due set, contro giovani emergenti come Svitolina e Muguruza. Serena è attenta a non farsi sorprendere e dopo aver perso il primo set risale con autorità nei due set successivi: 4-6 6-2 6-0 a Svitolina, 2-6 6-3 6-2 a Muguruza, prendendosi la rivincita dopo la sconfitta al Roland Garros 2014.

Sicuramente rischia di più Sharapova. Perchè se vince in due set cinque match su sei, in quello di secondo turno contro la connazionale Alexandra Panova deve addirittura fronteggiare due match point. Una situazione del tutto imprevedibile, visto che Panova, 25 anni, è una qualificata numero 150 del ranking. Ma Alexandra vive una giornata di grazia a cui manca solo un quindici per trasformarla in una impresa eccezionale: per due volte ha un match point sul 5-4 terzo set, non riesce a chiudere il punto (Sharapova sforna due vincenti di dritto) e finirà per perdere gli ultimi tre game. 1-6, 6-4, 7-5 il punteggio finale per Maria.

In semifinale Williams supera la giovane Madison Keys (che aveva eliminato la testa di serie n. 4 Kvitova), Sharapova batte Ekaterina Makarova (che aveva eliminato la testa di serie n. 3 Halep). Si arriva così a uno dei confronti più classici del millennio, Williams contro Sharapova.

S. Williams b. Sharapova 6-3, 7-6(5) Australian Open, Finale
Sul piano strettamente tecnico una delle migliori partite dell’anno. Merito del fatto che si trovano di fronte due atlete fresche e in buone condizioni fisiche, senza il logorio e gli infortuni che spesso il procedere della stagione determina.

Molto lineare l’andamento del punteggio. Nel primo set, con un break in apertura, Serena si mette subito al comando. Poi conquista un altro break che la porta avanti 5-2 e servizio, Sharapova reagisce: controbreak che però rinvia solo di un game la conclusione del set sul 6-3.

Nel secondo set entrambe tengono il servizio sino al tiebreak decisivo, vinto a 5 da Williams. Lungo il cammino Sharapova sul 4-5 salva un match point.

Controllo, velocità e pesantezza di palla mostrate in questa partita sono veramente da tenniste top class. Un match in cui le giocatrici si spingono reciprocamente a dare il massimo e che si conclude per entrambe con un saldo (vincenti/errori non forzati) ampiamente positivo: Serena +13 (38/25), Sharapova +6 (21/15).

Quello che forse manca in questa finale è, almeno per quanto mi riguarda, il pathos, la sensazione che la vincitrice possa essere davvero in discussione. Ormai è dal 2005 che nel confronto diretto prevale sempre Serena e il break subito da Sharapova nel primo game dell’incontro di sicuro non contribuisce ad alimentare l’incertezza.

Però questa volta risulta difficile rimproverare qualcosa a Maria che riesce anche a fare più punti negli scambi. La differenza è determinata dal servizio di Serena: addirittura 18 ace in due set, di cui ben 15 nel secondo, quando la partita diventa più serrata.

Per esempio sul 2-2 secondo set, Williams si trova sotto 0-30: a quel punto piazza tre ace e rimette le cose a posto. In ogni frangente difficile o minimamente rischioso la numero uno del mondo sfodera un ace o un servizio vincente.  Sotto questo aspetto torna in mente la Serena del 2012, capace di servire oltre 100 ace nell’edizione di Wimbledon “normale” e poi di annichilire la concorrenza nel Wimbledon-bis disputato per le Olimpiadi.

a pagina 2: La stagione su terra

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