WTA, diario di un decennio: il 2019 - Pagina 3 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2019

Decima e penultima puntata dedicata agli anni ’10 in WTA: il secondo Slam di Naomi Osaka e Simona Halep, l’avvento di Bianca Andreescu, le vittorie e il numero 1 di Ashleigh Barty. E altro ancora

Pubblicato

il

Elina Svitolina e Ashleigh Barty - WTA FInals 2019 Shenzhen
 

Roland Garros 2019
Se si valuta il Roland Garros 2019 dai nomi delle quattro semifinaliste, non si può che giudicarlo come uno degli Slam più sorprendenti e difficilmente pronosticabili degli anni ’10. Barty, Vondrousova, Anisimova e Konta: due giovanissime e due “australiane”, che si sono avvicinate alla terra con dubbi e timori, e invece si sono scoperte adatte alla superficie al di là di ogni aspettativa. Persi per strada tutti i nomi più accreditati, vediamo come sono arrivate in semifinale le quattro protagoniste.

Forse solo Marketa Vondrousova era considerata una abile interprete della terra, ma si tratta pur sempre di una diciannovenne con un bagaglio di esperienza limitato. Nei quarti di finale ha eliminato Petra Martic (7-6, 7-5).
L’altra teenager è la diciassettenne Amanda Anisimova. Ha affrontato per la prima volta in carriera la stagione europea sul rosso, e ha dimostrato di avere imparato in fretta, visto che nei quarti ha eliminato addirittura la campionessa in carica Simona Halep (6-2, 6-4).

La terza semifinalista Johanna Konta (che gioca per la Gran Bretagna ma è nata e si è formata tennisticamente in Australia) ha confermato l’improvviso adattamento al rosso che le ha permesso di raggiungere le finali di Rabat e Roma. Nei quarti ha superato nettamente la finalista del Roland Garros 2018 Sloane Stephens (6-1, 6-4).

Ashleigh Barty nelle cinque precedenti partecipazioni a Parigi ha vinto appena due match, ma dopo la vittoria a Miami affronta ogni torneo con una convinzione differente. Nei quarti di finale ha sconfitto la semifinalista del Roland Garros 2018 Madison Keys (6-3, 7-5).

Insomma, i quarti di finale hanno avuto esiti inattesi, ancora di più se si pensa che si sono tutti conclusi in due set. Sono più combattute le semifinali, che si disputano in una giornata con un clima complicatissimo. Il vento e la pioggia rendono il campo molto pesante, e in questa situazione la palla diventa difficilissima da spingere. Ricordo che nel Roland Garros 2016 al termine di due settimane costantemente umide e piovose, erano approdate in semifinale solo tenniste molto forti fisicamente.

Per questo Vondrousova sembra spacciata di fronte a un’avversaria come Johanna Konta, ben più attrezzata muscolarmente di lei. A Marketa non rimane altro che fare di necessità virtù: lavora al meglio in difesa e, quando possibile, punge grazie alla smorzata che è il modo più logico di ottenere vincenti per una tennista non strapotente. In sostanza l’obiettivo è quello di provare a mandare fuori giri Johanna, che parte con i favori del pronostico e potrebbe sentire la pressione di dovere vincere il match. Ed effettivamente in tutti e due i set Konta arriva a servire per il set sul 5-4. ma poi non riesce a chiudere e subisce il contraccolpo nei game successivi. Vondrousova finisce per prevalere 7-5, 7-6.

L’altra semifinale è Barty-Anisimova. All’avvio Barty domina: 5-0 e servizio, e raggiunge anche due set point sul 40-15. Quando il set sembra irrimediabilmente perso, Anisimova reagisce: aggiusta la mira dei suoi colpi potenti e filanti e riesce incredibilmente a recuperare, sino al 6-5 e servizio. In una giornata con un clima al limite della regolarità, sembra che anche le giocatrici per dare il meglio debbano ugualmente sentirsi al limite, sull’orlo del baratro. Barty si riassesta, forza il set al tiebreak, ma finisce per perderlo. 7 punti a 4 Anisimova.

Secondo set. Amanda sembra ormai inarrestabile. Sull’onda dell’entusiasmo sale 3-0 con un parziale da KO: dodici punti a zero. A Parigi si comincia a ipotizzare una finale fra teenager: Vondrousova contro Anisimova. Ma questa semifinale è una partita che, proprio come il meteo di giornata, si sviluppa a folate: improvvisamente è il momento di Ashleigh di infilare sei game consecutivi e pareggiare i conti; da 0-3 a 6-3.

Terzo set. Di nuovo avanti Anisimova sul 2-1 e servizio, prima che Barty ottenga lo strappo decisivo. Il 6-3 raggiunto al sesto match point vale l’ingresso nella finale Slam. Troverà come avversaria un’altra teenager, Marketa Vondrousova.

Barty b. Vondrousova 6-1, 6-3 Roland Garros, Finale
Purtroppo la finale è una “non-partita”, vista la disparità di rendimento delle protagoniste. Un match deludente non solo per mancanza di incertezza, ma anche perché non si costruisce mai un vero legame tra le protagoniste e gli spettatori, che assistono distaccati agli scarni eventi del campo.

Durante il primo set, Vondrousova sembra quasi sperduta nella vastità dello Chatrier. Di sicuro non è stata aiutata delle scelte degli organizzatori che, alle prese con le mille traversie dei giorni precedenti, l’hanno portata ad affrontare la prima finale Slam della carriera in uno stadio mai sperimentato prima.

Per chi basa il proprio tennis sulla fluidità e sulla grande sensibilità esecutiva (indispensabile per i drop-shot) la tensione è una nemica terribile, che può penalizzare in modo particolare. A 20 anni ancora da compiere, Marketa non riesce a sciogliersi e cede il passo a una avversaria come Barty che, al contrario, dimostra una sicurezza e una tranquillità assolute: gioca senza strafare, non commette errori tattici e raccoglie il più grande successo della carriera quasi con facilità. La vittoria a Parigi è un altro passo fondamentale verso la conquista del numero 1 del ranking.

E così la giocatrice che solo un anno prima durante il torneo di Charleston 2018, aveva scherzosamente dichiarato tutto il proprio disagio verso la terra dicendo: “Ogni settimana trascorsa su terra significa avvicinarsi di una settimana all’erba”. (“Every week on clay is a week closer to grass”), diventa la campionessa del Roland Garros.

Wimbledon 2019
Se una australiana ha vinto a Parigi dando prova di nuovo adattamento alla terra, anche a Wimbledon accade qualcosa di simile: il titolo lo conquista la tre volte finalista del Roland Garros Simona Halep, che sta vivendo una stagione piuttosto diversa dal passato. Perso il primato nel ranking (ceduto prima a Osaka e poi a Barty) Simona ha giocato meno e si presenta a Londra senza particolari pressioni.

Rispetto agli altri Slam del 2019, a Wimbledon torna a emergere l’esperienza: in semifinale arrivano nomi collaudati come Serena Williams, Elina Svitolina e Simona Halep. Un dato che vale anche per la sorpresa Barbora Strycova, che ottiene il miglior risultato Slam della carriera, ma lo fa a 33 anni compiuti.

Le novità ci sono ma non approdano ai turni decisivi. Si è fermata ai quarti Karolina Muchova (22 anni appena entrata in top 100), che ha firmato l’impresa del torneo quando ha sconfitto Pliskova per 4-6, 7-5, 13-11. Ha concluso la sua corsa agli ottavi la qualificata Coco Gauff, che di anni ne ha appena 15 (è nata il 13 marzo 2004), e che nei primi turni ha sconfitto Venus Williams, Rybarikova ed Hercog. Ma quando ha incrociato la solida tranquillità di Halep, si è dovuta fermare con un doppio 6-3.

Le semifinali propongono quindi Williams contro Strycova e Halep contro Svitolina. E si risolvono in due partite fotocopia a favore delle più titolate: 6-1, 6-2 per Serena, mentre a Simona occorre un game in più (6-1, 6-3).

Halep b. Williams 6-2, 6-2 Wimbledon, Finale
Williams è favorita, sulla scorta dell’ottima vittoria contro Strycova e della enorme esperienza di altre dieci finali già disputate a Wimbledon (sette vinte). Halep invece è all’esordio: in pratica il bilancio di finali Slam sull’erba è 11 a 1. E invece il confronto, nel senso di partita in equilibrio, non esiste. Simona sale 4-0 e non si fa più raggiungere. Due break per set, e servizio mai perso. Senza nemmeno particolari momenti di lotta: solo il sesto game del primo set e il settimo del secondo vanno ai vantaggi, e sono entrambi vinti da Halep.

Tutto si risolve in 56 minuti: è la seconda più breve finale Slam degli anni ’10. Solo Kvitova contro Bouchard nel 2014 (6-3, 6-0, sempre a Wimbledon) era stata più rapida, di appena un minuto. E così Halep dimostra che anche l’erba può fare per lei, migliorando il risultato del 2014, quando era arrivata in semifinale.

All’opposto la situazione di Serena Williams, che da quando è tornata dopo la maternità ha raggiunto tre finali Slam perdendole tutte, e senza vincere un set. Per quanto possa essere stata efficace Halep, alcuni numeri si commentano da soli: su otto game di servizio giocati, Williams è riuscita a racimolare solo 2 ace, e ha commesso 26 errori non forzati in 16 game.

Con questo successo Halep ottiene la accoppiata Slam “terra+erba”, riuscita in anni recenti anche a Garbiñe Muguruza. Fra l’altro con la stessa scansione temporale: prima il Roland Garros, l’anno successivo Wimbledon. Garbiñe l’aveva raggiunta fra il 2016 e il 2017, Simona fra il 2018 e il 2019.

a pagina 4: Il nordamerica di Bianca Andreescu

Pagine: 1 2 3 4 5

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement