ATP Cup: Djokovic doma un grande Shapovalov, Serbia-Russia in semi

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ATP Cup: Djokovic doma un grande Shapovalov, Serbia-Russia in semi

Il serbo si è dovuto superare a Sydney per battere il 20enne canadese, regalando il punto decisivo alla Serbia dopo il successo iniziale di Lajovic

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Novak Djokovic - ATP Cup 2020 (via Twitter, @ATPCup)
 

In una Ken Rosewall Arena tinta di blu, bianco, e rosso, la Serbia ha aperto l’ottava giornata dell’edizione inaugurale della ATP Cup battendo il Canada al termine di due singolari molto diversi fra loro: mentre Dusan Lajovic non ha sofferto particolarmente contro Felix Auger-Aliassime, Nole Djokovic è rimasto in campo per oltre due ore e mezza per aver ragione di Denis Shapovalov, ormai a un livello da Top 10. 

I nord-americani erano stati ripescati letteralmente all’ultimo minuto grazie agli harakiri della Croazia e della Francia all’ultima giornata, ma sono reduci dalla finale di Davis di novembre contro la Spagna, e promettono di rimanere ai vertici per tutto il decennio, con due giovani di questa portata, e perciò non sono partiti battuti, ma non sono riusciti a trascinare la sfida al doppio decisivo. La Serbia sarà dunque attesa da una rivincita contro la Russia, da cui è stata eliminata nei quarti di Davis a Madrid dopo aver avuto match point nel doppio decisivo. I russi non hanno ancora perso un match in singolare, con Medvedev e Khachanov in grande spolvero, e promettono battaglia nel primo tie della manifestazione che proporrà un match fra Top 5, quello fra Nole e Daniil.

DJOKOVIC AL FOTOFINISH – Novak Djokovic, accolto come una rockstar nel Paese che gli ha dato più soddisfazioni Slam, ha regalato il punto decisivo alla sua nazionale, battendo Denis Shapovalov 4-6 6-1 7-6 (4) in 2 ore e 39 minuti, in un match che potrebbe aver definitivamente lanciato la stella del mancino canadese.

4-0 nei precedenti fra i due, tutti del 2019, con da ultima la finale di Bercy. Perdere con il fenomeno serbo non lo rende di certo una bestia nera per qualsivoglia contendente, è la norma, ma di sicuro la forza di Djokovic nel coprire il campo anticipando e nell’appoggiarsi con interesse non si sposa con il gioco in continua spinta del canadese, senza considerare che il 16 volte campione Slam è notoriamente a suo agio con i mancini, non soffrendo minimamente le curve dello slice e del dritto incrociato – 87 vittorie su 97 incontri con southpaws che non si chiamino Nadal parlano da sé. 

I progressi, soprattutto mentali, di ‘El Shapo’ (soprattutto da quando ha Youzhny nel suo angolo) potevano però dare adito a una partita più equilibrata delle precedenti, visti i brillanti successi dell’ultima settimana con due Top 10 quali Tsitsipas e Zverev – al netto di quanto testo possa fare il tedesco in questo inizio di decade, ça va sans dire – anche se l’obbligo di dover battere per forza uno dei migliori di sempre non lo metteva di certo nella forma mentis più spensierata. E una partita equilibrata è ciò che abbiamo avuto.

Djokovic ha voluto subito affermare la propria presenza, e ha tirato un ace di seconda a 191 all’ora nel primo game, ma Shapovalov ha a sua volta servito alla grande in apertura, ed è rimasto a contatto, seppur con qualche errore di troppo, dettato dalla necessità di mantenere una pressione costante sull’avversario e dal gran numero di colpi in corsa che Djokovic gli stava facendo colpire. Il serbo, dal canto suo, è stato forse un po’ meno cinico del solito in risposta, fallendone un paio su seconde non irresistibili, e ha rischiato di offrire una palla break nel settimo game, quando Shapo non ha chiuso una volée alta di dritto a campo semi-aperto. 

Al cambio di campo, Djokovic si è lamentato con Vajda del proprio equilibrio in risposta (Shapovalov ha vinto i primi 11 punti giocati sulla prima, con 6 ace), e il suo coach/padre putativo gli ha fatto notare che si stava muovendo troppo, dicendogli di tranquillizzarsi – curioso che il colloquio si sia svolto in inglese, peraltro. I timori si sono rivelati fondati, però, perché nel successivo turno di battuta Nole si è fatto rimontare da 40-0 con due doppi falli, offrendo una palla break al termine di un punto-manifesto dei miglioramenti di Shapo, che ha pazientato e giocato un gran recupero in back prima di aprire gli angoli, inducendo il serbo all’errore. Una gran seconda al corpo ha però risolto i problemi, e un’ulteriore chance è stata cancellata da una combinazione servizio&dritto. Djokovic ha però commesso un ulteriore doppio fallo (12 non forzati a fronte di soli 3 vincenti nel set, e solo il 47% di prime in campo), e stavolta Shapovalov è passato con il drop shot dell’iniziato, inedito e splendido, che ha lasciato il N. 2 del mondo a metri dalla pallina.

Per la prima volta avanti in 5 confronti diretti, Shapovalov non ha tremato, è salito a doppio set point su un rovescio largo di poco di Nole, e ha chiuso reagendo bene a una risposta aggressiva del serbo, prendendosi il 6-4 in 49 minuti.

Denis Shapovalov – ATP Cup 2020 (via Twitter, @ATPCup)

All’inizio del secondo set la musica non è cambiata, anzi. Djokovic ha continuato a non tirare vincenti, rimanendo passivo, e ha offerto una palla break nel terzo gioco, ancora in seguito a un doppio fallo e ad uno scambio d’attrito vinto dal canadese, divenuto un muro dal lato del rovescio, e un muro capace di back urticanti. Furente, Nole ha spinto, ma Shapovalov ha remato senza posa, frustrandolo al punto di sbagliare una volée e di offrire un’altra palla break. La partita è allora salita di colpi: Djokovic ha allora dato il meglio, salvandosi con un pallonetto euclideo, ma ha poi sbagliato una palla corta, risolta con uno scambio in pressione che ha portato Shapo a metter lungo un rovescio in corsa, ed è infine riemerso dopo oltre 8 minuti di turno di servizio. Qui la palla break salvata:

Sprecata la grande occasione, Shapovalov ha perso totalmente la bussola, e ha regalato il break per il 3-1, mandando in corridoio una volée a campo aperto, sbagliandone poi un’altra più complicata, e mettendo un fiocco sul disastro con un doppio fallo. Come se non bastasse, il clima da Davis è esploso, e il canadese, rubizzo, si è preso un warning per dei commenti verso i rumorosi fan serbi non esattamente tratti dal Cortegiano di Castiglione. Nonostante i richiami di Carlos Bernardes, la Ken Rosewall Arena si è definitivamente tramutata nel Marakanà di Belgrado, e Shapovalov non ha avuto il pelo sullo stomaco per non distrarsi, sbagliando l’impossibile per il secondo break sul 5-1, che ha anche significato la fine del set dopo un’ora e 28 minuti con un altro ace di seconda di Nole.

Persi cinque game di fila, Denis ha saggiamente chiamato un medical time-out, riguadagnando un po’ di calma, con cui ha aperto il set decisivo tenendo la battuta, per poi ricominciare a scambiare con intensità, ponendo le basi per un finale-show. Djokovic ha però mantenuto il livello del secondo set, servendo molte più prime per l’1-1. La prima occasione del set è arrivata nel sesto gioco: Shapovalov è salito 0-30, e ha poi raggiunto Nole ai vantaggi con un grande allungo a rete. È stata allora la volta di Djokovic di prendersi un warning (dovuto a un urlaccio verso uno spettatore reo di averlo disturbato) e di battibeccare con Bernardes – esultanza a dir poco polemica per il serbo dopo il dritto vincente del 3-3

Shapo non è parso particolarmente intimorito, però, e ha servito un paio di ace per tenere a zero e portarsi 4-3. Anzi, nel game successivo Denis è andato ancora sul 30-30, dopo aver fatto un buco nel cemento di Sydney:

Ancora una volta, però, il tennis si è confermato lo sport del diavolo: nel nono game, un ace del canadese si è trasformato in un doppio fallo post-Hawkeye, prima che sul 30-30 Shapovalov ruzzolasse nell’approccio a rete, dando a Djokovic la palla break decisiva, su cui il serbo ha innalzato il muro, forzando l’errore di Shapovalov che l’ha mandato a servire per il match. Game over? Think again. Un doppio fallo ha dato lo 0-30 al Canada, prima che un malore fra il pubblico fermasse le operazioni per qualche secondo, aumentando la suspense. Ripreso il focus, Djokovic ha pareggiato con due servizi al centro, ma si è trovato sotto 30-40 dopo un gran cross di rovescio seguito a rete da Denis, e ha poi tenuto in vita l’avversario steccando un dritto in corridoio. Qualcuno ha detto sport del diavolo?

Il filo si è teso sempre di più, con i due allo stremo, soprattutto Shapovalov. Un doppio fallo e un dritto lungo hanno dato una nuova palla break a Nole, ma un salvataggio in demi-volée da fondo ha sorpreso il serbo, che ha sotterrato un dritto in rete. Shapo ha allora tirato l’ace per il 6-5, assicurandosi il tie-break che si è materializzato poco dopo, quando Djokovic ha tenuto agevolmente. Il game decisivo, però, non si è sostanzialmente giocato: il canadese ha iniziato male, mettendo lungo un dritto, e ha poi commesso un doppio fallo (ancora disturbato dal pubblico, per la verità), ed è stato trafitto da un passante di dritto per il 5-0 senza tema di smentita. Djokovic ha a sua volta regalato con la battuta, restituendo un mini-break, ma ha vinto lo scambio seguente guadagnandosi 5 palle match. Shapo ha servito bene sui primi due, salvandone anche uno in risposta con un bel rovescio in cross, ma si è dovuto arrendere quando il suo back difensivo è finito lungo.

Poteva finire in qualunque modo, voglio fargli un grande applauso per come ha giocato” ha detto Nole, senza fiato. “Mi sono sentito completamente a casa a giocare qui, ancora più che a Brisbane. Grazie a tutti i serbi che sono venuti oggi!”. Ha poi aggiunto: “Per certi versi, l’atmosfera è ancora più intensa rispetto alla Davis, perché tutta la squadra è nell’angolo, e tutti hanno la possibilità di contribuire”.

Via Twitter, @ATPCup

LAJOVIC PER L’1-0 – Accoppiamento di difficile previsione fra i deuteragonisti delle rispettive nazionali, Felix Auger-Aliassime e Dusan Lajovic, scesi in campo poco dopo la mezzanotte italiana, con il serbo che ha vinto con il punteggio di 6-4 6-2 in un’ora e 39 minuti.

Come detto, la direzione dell’incontro non era scontata, un po’ perché era il primo scontro fra i due, un po’ per la condizione precaria di entrambi nell’ultimo periodo. Tutti ricordiamo l’esplosione di FAA, passato dal N. 107 delle classifiche alla Top 30 in meno di tre mesi la scorsa primavera, grazie alla finale di Rio (persa con un altro serbo, Laslo Djere) e alla semifinale di Miami, seguiti da altri solidi risultati sulla terra e sull’erba, prima che i fisiologici dolori del giovane Werther (declinati in caterve di doppi falli) lo spegnessero progressivamente, coadiuvati da un infortunio alla caviglia a fine anno – il canadese ha vinto solo 6 delle ultime 17 uscite come ovvia conseguenza, e a Brisbane ha battuto solamente il greco Pervolarakis. 

Simile il discorso per Lajovic, che ha nascosto una stagione pessima con due exploit sulla sua terra, la finale di Montecarlo (tanto cara agli appassionati italici) e la vittoria di Umago: eccettuati questi, il suo record finale è stato di 12 vittorie e 26 sconfitte, 9 e 16 sul cemento, anche se nel girone il suo rendimento è stato decisamente più rassicurante, con due vittorie su tre, come poi mostrato dal rendimento odierno. In ogni caso, se da un lato il ranking e la superficie favorivano il canadese (molto più rapido di braccio, aggressivo con il servizio, e verticale con il dritto), d’altro canto la pressione di dover fare risultato cadeva maggiormente sulle sue spalle, e a livello di aspettative e vaticini, e per l’ovvio sbilanciamento pro-Serbia del tie successivo. 

E la pressione ha rischiato di grippare immediatamente il Québécois, con un doppio fallo e una volée lunga che hanno aperto la porta ad un’immediata palla break per Lajovic, annullata però con una gran prima. Molto bene in ogni caso il serbo con la risposta bloccata e con il dritto in corsa (sineddoche tennistica di una buona gamba), a concedere pochi punti diretti nonostante il gran numero di prime in campo dell’avversario (solo 6 ace a fronte del 69% di prime nel set, spesso molto rapide), in un braccio di ferro iniziale dettato da colpi coperti ad alto ritmo e poche variazioni. 

La chance successiva è stata per Team Canada nel quarto gioco, quando FAA ha sistematicamente attaccato il rovescio a una mano ampio e macchinoso di Lajovic procurandosi un break point, ma non è poi riuscito a controllare il servizio al centro dell’avversario. Il giocatore balcanico si è allora preso la scena, salendo a triplo break point con un rovescio lungolinea che ha sorpreso Aliassime, trovando poi la risposta profonda da fuori del campo per il 3-2 e servizio. Quest’ultimo è in una fase della carriera in cui ogni rimonta somiglia alla fatica di Sisifo, e con due gratuiti consecutivi al servizio ha concesso due palle break al profumo di resa, e nonostante sia riuscito a salvarsi con la prima, nel game successivo ha ancora una volta vanificato delle belle risposte profonde con un dritto in rete che avrebbe dato il pareggio ai suoi. Lajovic ha però sprecato un primo set point con un dritto lungo, ma ha giocato due punti intelligenti colpendo nello spazio, chiudendo in 49 minuti.

All’inizio del secondo parziale, Lajovic ha subito trascinato il rivale ai vantaggi, mostrando ancora una grande condizione, e ha atteso una chance, che è puntualmente arrivata nel quinto game, quando il canadese ha messo in rete tre dritti per lo 0-40. Aliassime ha però servito bene, chiudendo il campo in avanti, e ne ha salvata una quarta nello stesso modo, ancorché con l’aiuto di un membro del pubblico che ha distratto Lajovic. Il serbo non ha mollato la giugulare del più lungo gioco del match, però, trovando un gran dritto in corsa:

Questo gioellino ha esaltato il pubblico a maggioranza serbe, e prefigurato il break decisivo, giunto in seguito a due ulteriori dritti sbagliati dal canadese. Smarrito il colpo, Aliassime ha continuato a sbagliare (20 errori con il fondamentale, 32 in totale contro i soli 14 del rivale), e ha mollato la presa, perdendo nuovamente la battuta. Lajovic non ha tremato, e ha chiuso a zero dando il primo punto al suo Paese. Per il pathos ci sarebbe stato tempo.

Dusan Lajovic – ATP Cup 2020 (via Twitter, @ATPCup)

Tommaso Villa

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